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Coronavirus, dicono no al vaccino: infermiere sospese, ma con lo stipendio

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Asl Brindisi, 5 dipendenti sospesi: hanno rifiutato il vaccino anti-Covid
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Quattro operatrici no vax della Rsa di San Martino dall’Argine (Mantova) non saranno licenziate e continueranno a percepire il loro compenso senza lavorare.

Come tutti gli operatori sanitari, avrebbero il dovere di vaccinarsi contro il coronavirus. A maggior ragione loro, infermiere in una casa di riposo che ospita persone fragili, forse le più fragili. Già, “avrebbero”: il condizionale è d’obbligo perché rende l’idea dei meandri normativi in materia. Vaccino sì, ma divieto di licenziamento se si rifiutano, “per non discriminarle rispetto agli altri lavoratori”, recita il decreto dello scorso aprile.

Così Girolamo Pasin, presidente della Rsa di San Martino dall’Argine (Mantova), ha dovuto chinare la testa davanti alla legge: quattro infermiere no vax non possono lavorare, ma restano dipendenti della struttura. Il loro rifiuto di sottoporsi al vaccino resta, con le motivazioni più varie, e quindi sono state sospese dal servizio, ma percepiranno ugualmente lo stipendio.

“Non abbiamo scelta”, spiega Pasin, reduce dall’incontro con le quattro infermiere e il medico competente. Un incontro che ha avuto momenti di forte tensione. Lo scopo era quello di “farle ragionare” e iscriverle al portale della Regione per prenotare il vaccino. Niente da fare. “Per accettare la convocazione del medico competente – prosegue il presidente della Rsa – hanno preteso di poter entrare in gruppo, tutte insieme, e non singolarmente. Poi è arrivata l’altra pretesa del funzionario del loro sindacato (Usb) di essere anche lui presente. Il ‘padrone’, ossia il presidente che svolge funzione a titolo gratuito, l’ha concesso alle dipendenti e negato al rappresentante sindacale”.

E ancora: “Le dipendenti hanno ribadito che non si sono vaccinate perché non hanno ricevuto sufficienti informazioni sui rischi correlati: un diritto riconosciuto e dovuto a ogni cittadino. Ma ribadisco che non è la Rsa a doverle vaccinare. Vista la qualifica di cui dispongono, possono documentarsi come e dove vogliono, sentendo professionisti di loro scelta e gradimento. Durante l’incontro si sono limitate a ripetere che si vaccineranno quando l’Ats le contatterà”.

È evidente, secondo Pasin, la pretestuosità delle motivazioni: “Sì, perché hanno negato il consenso a gennaio. A tutt’oggi chi ci rimette economicamente è la Rsa, e chi ci guadagna sono le dipendenti non vaccinate, che percepiscono lo stipendio, scaricando i loro turni di lavoro sulle colleghe”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Gazzetta di Mantova

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