Se ne è parlato in un convegno all’Istituto superiore di sanità. Allarmanti le stime di crescita in Italia e nel mondo.
Uno studio sui casi di Alzheimer e di demenza vascolare (che rappresentano circa il 70% del totale delle demenze), eseguito per la prima volta attraverso calcoli epidemiologici, ha evidenziato che la prevenzione dei fattori di rischio renderebbe evitabile il 30% dei casi.
I risultati sono stati illustrati nel corso del XII Convegno “Il contributo dei centri per i disturbi cognitivi e le demenze nella gestione integrata dei pazienti”, tenutosi all’Istituto superiore di sanità. Due giorni ricchi di contributi e progetti, durante i quali è stata presentata la mappa online di tutti i servizi territoriali (dai centri per i disturbi cognitivi e le demenze ai centri diurni, alle strutture residenziali), aggiornata al 15 novembre 2018 e consultabile sul nuovo sito dell’Osservatorio demenze.
Si è parlato anche dell’avvio di Immidem, il primo progetto dedicato alla prevalenza della demenza nella popolazione di immigrati e nelle minoranze etniche in Italia. Coordinato dall’Iss e finanziato dal ministero della Salute, tale progetto ha l’obiettivo di identificare biomarker o set di biomarker in grado di prevedere la conversione della diagnosi da deficit cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment – MCI) in malattia di Alzheimer.
In Italia, utilizzando i dati del sistema di sorveglianza PASSI, è stato possibile stimare la prevalenza di ciascuno dei sette fattori anche a livello della singola regione. Il rapporto dell’Oms riporta stime di crescita allarmanti della demenza: 35,6 milioni di casi nel 2010, che raddoppieranno nel 2030 e triplicheranno nel 2050, con 7,7 milioni di nuovi casi all’anno (uno ogni quattro secondi). L’impatto economico sui sistemi sanitari sarà di circa 604 miliardi di dollari l’anno, con incremento progressivo. In Italia, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione (di cui circa 600mila con demenza di Alzheimer). Sono circa tre milioni le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari.
Spiega Walter Ricciardi, presidente dell’Iss: “In un contesto globale in cui le demenze sono in aumento, risulta prioritario agire a livello di prevenzione e promozione della salute. Già il Global Action Plan sulla demenza dell’Oms per gli anni 2017-2025 identifica sette aree di azioni, tra le quali la prevenzione, la diagnosi, la ricerca e la gestione integrata. A livello dei singoli Paesi, il Piano nazionale delle demenze (PND) rappresenta lo strumento di politica socio-sanitaria più efficace per governare in modo complessivo questo preoccupante fenomeno. In Italia il PND è stato approvato in conferenza unificata nell’ottobre del 2014. La sua implementazione vede anche la partecipazione dell’Iss alla joint action europea ‘Act on Dementia’ (2015-2018), mediante il coordinamento in due attività: la diagnosi tempestiva e la gestione integrata della demenza, best practice che dovranno poi essere implementate nella pratica clinica corrente”.
Aggiunge Nicola Vanacore, ricercatore del Centro nazionale prevenzione e promozione della salute dell’Iss, nonché responsabile scientifico dell’Osservatorio demenze: “I principali fattori di rischio per l’insorgenza della demenza sono l’età (nei Paesi industrializzati la prevalenza è circa del 8% negli ultra65enni, e sale a oltre il 20% dopo gli 80 anni) e il genere (le donne sono un gruppo a maggior rischio per l’insorgenza della demenza di Alzheimer, la forma più frequente di tutte le demenze). Esistono, poi, altri sette fattori di rischio legati allo stile di vita, e pertanto potenzialmente modificabili: diabete, ipertensione, obesità, inattività fisica, depressione, fumo di sigaretta e basso livello di istruzione”.
Redazione Nurse Times
Fonte: www.askanews.it
Lascia un commento