Proponiamo un contributo della collega Martina Crocilla in merito a un evento ECM andato che si è tenuto a Catania il 15 marzo scorso.
Negli ultimi venticinque anni, la nostra professione è andata incontro a diversi cambiamenti in materia legislativa: il passaggio da professione sanitaria ausiliaria a professione sanitaria ha visto diventare gli infermieri, da semplici esecutori, a professionisti dotati di giudizio critico, facenti capo a responsabilità inerenti all’assistenza infermieristica. Ma oggi, nel 2019, è davvero così? Il collega Gaetano Ciscardi ha voluto organizzare un evento ECM, con lo scopo di sviscerare ancora una volta l’argomento.
Il 15 marzo, presso l’A.O. Cannizzaro di Catania, si è tenuto un evento ECM dal titolo Il demansionamento infermieristico: dal mansionario alle competenze avanzate… o viceversa?. Ho avuto il piacere di partecipare, in qualità di uditrice, a questo corso tenuto da relatori tutti rigorosamente under 30, i quali si alternavano nel corso dell’esposizione degli argomenti, analizzando, sviscerando, argomentando le loro tesi efficacemente: dopo un excursus storico/legislativo, partendo dalla Nightingale per poi concludere con la legge 42/99, i colleghi hanno trattato il vero cuore del corso: il demansionamento, il burn-out correlato, le sentenze a nostro favore ed infine cosa, noi tutti, siamo chiamati a fare.
Ho voluto sintetizzare in un articolo, fruibile a tutti, quanto detto durante questa giornata di formazione. Ringrazio inoltre i colleghi per il loro lavoro e la loro esposizione impeccabile, precisa, puntuale: il dott. Gaetano Ciscardi, il dott. Sebastiano Pulvirenti, la dott.ssa Giordana Corva, la dott.ssa Clara Caltabiano e la dott.ssa Marzia Donzuso, tutti facenti parte della Consulta Giovani dell’OPI di Catania.
La legge 739/94, segna, in Italia, un cambiamento radicale per la figura dell’infermiere: abbiamo la nascita del profilo professionale, che non solo definisce chi è l’infermiere, ma riconosce un campo d’azione infermieristico, sancisce le responsabilità di tipo penale, civile e disciplinare, e di conseguenza introduce due nuovi concetti: l’autonomia professionale e la responsabilità professionale.
La legge 42/99 determina un cambiamento concettuale non da poco: l’infermiere, da professione sanitaria ausiliaria del medico, diventa professione sanitaria. Il mansionario viene abolito (abrogato nel 1974), lasciando dunque spazio ad una professione di natura intellettuale. L’infermiere, in quanto responsabile dell’assistenza infermieristica, adesso può valutare, pianificare ed attuare gli interventi infermieristici in autonomia.
L’abolizione del mansionario ha determinato dunque la nascita di una nuova figura d’infermiere, competente, responsabile ed autonomo. L’infermiere è competente quando riesce ad usare le sue conoscenze sul lavoro, assumendosi la responsabilità delle sue azioni, quindi diventando autonomo.
Per poter essere competenti è necessario:
- sapere: intendendo le conoscenze teoriche;
- saper fare: mettendo in pratica quanto acquisito con lo studio;
- saper essere: in particolar modo l’infermiere, o in tutti i lavori dove è prevista una relazione d’aiuto, è fondamentale saper “essere nella relazione”, identificarsi con il ruolo, saper essere con se stessi e con gli altri.
Anche la giurisprudenza ha ben stabilito le nostre responsabilità, emanando diverse leggi che non ammettono ignoranza (anche se tutt’ora, la giurisprudenza della professione è argomento scarsamente conosciuto dai colleghi ed ahimè insufficientemente trattato nei corsi di laurea):
- CASSAZIONE 2541/2015: sancisce la responsabilità ed autonomia dell’infermiere (“l’infermiere valuta le condizioni del paziente e valuta la necessità dell’intervento del medico”)
- LEGGE BALDUZZI 189/2012: sancisce la responsabilità professionale, ed in particolar modo “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”.
- LEGGE GELLI-BIANCO 24/2017: viene sancita la responsabilità penale, in particolare “il professionista sanitario che cagiona, per imperizia, la morte del paziente o lesioni, risponderà penalmente in caso di colpa grave. Ciò non è previsto che viene dimostrato che, nella pratica professionale, ha seguito le linee guida e le buone pratiche”.
L’articolo 590 SEXIES C.P., che determina la causa di non punibilità, non si applica se vi è stata negligenza per disattenzione da parte di un sanitario dell’equipe chirurgica nell’esecuzione dei compiti assegnatigli.
Da quanto sopra citato, si evince come la legge non ammetta ignoranza, e si evince anche come noi infermieri siamo tenuti a CONOSCERE il nostro ruolo, OCCUPARCI delle nostre mansioni (giuridiche), in quanto possiamo trovarci a rispondere penalmente di ciò che facciamo (o NON facciamo) durante la nostra pratica lavorativa. Per fare un esempio: se ci occupiamo sistematicamente di mansioni inferiori che esulano dal nostro profilo professionale, ed in reparto, in quel momento, un paziente muore, noi dobbiamo trovarci a rispondere davanti al giudice sul perché, in quel momento, invece che occuparci del nostro ruolo di valutazione (come sancito dalla cassazione), ci stessimo occupando di mansioni proprie di altre figure (vedi personale socio-sanitario-ausiliare). Il giudice condannerà questa condotta perché, come ho già detto, la legge non ammette ignoranza.
Date le soprastanti premesse, inizio a parlare del fulcro del corso ECM e di una realtà che ancora, purtroppo, è dura a morire: il demansionamento.
Il demansionamento è un fenomeno realmente indesiderato, oppure talvolta è voluto?
Col termine demansionamento intendiamo l’assegnazione di mansioni inferiori rispetto alla qualifica posseduta. Il danno principale è quello causato alla qualità dell’assistenza: se l’infermiere non ha tempo di compiere il suo lavoro peculiare di valutazione dei bisogni, ne consegue senza dubbio che l’assistenza erogata sarà scadente. Inoltre, il demansionamento, è condannato dall’art. 2013 c.c.
Tuttavia è opportuno identificare quelle situazioni in cui il demansionamento è tollerato ed accetato: le condizioni di eccezionalità. Se il lavoratore occasionalmente viene chiamato a svolgere un’azione non propria non si potrà parlare di demansionamento. Viceversa, quando l’azione demansionamente ha un carattere continuativo nel tempo, abbiamo la reiterazione della compensazione della mancanza, allora parleremo di demansionamento condannato per legge; le aziende dovranno rispondere legalmente sul perché l’infermiere si trova a vivere condizioni demansionanti.
Infine, altro espediente che sembra mettere gli infermieri con le spalle al muro e costretti al demansionamento, è l’ordine di servizio: per necessità aziendali, viene messo per iscritto che l’infermiere dovrà compiere atti demansionanti e che esulano dal suo profilo professionale. In questo caso, oltre ad essere un atto condannabile, l’infermiere può rifiutarsi presentando il cosiddetto atto di rimostranza.
Abbiamo detto che il demansionamento nuoce non solo nei confronti del professionista, del danno che apporta alla sua professionalità, ma nuoce anche nei confronti del paziente: l’infermiere demansionato, e consapevole di esserlo, sarà frustrato, triste, vivrà un climax di situazioni e condizioni che lo caratterizzano il quadro del burn out; l’infermiere demansionato e non consapevole di esserlo, che minimizza il problema, invece, è pericoloso nei confronti di se stesso, danneggia i colleghi che vogliono lottare per l’evoluzione ed inevitabilmente continua ad alimentare questa macchina che vede gli infermieri ancorati al fondo ormai da anni ed anni.
Il demansionamento spesso è un fenomeno sottovalutato, giustificato dagli stessi colleghi, non considerato per quel che è: un vero e proprio attentato alla professionalità dell’infermiere. Molto spesso i giovani colleghi disconoscono il demansionamento, non si forniscono loro né i mezzi né le conoscenze tali per riconoscere il demansionamento, combatterlo e contrastarlo; anzi, chi combatte in questo senso, spesso viene schernito, umiliato, allontanato.
Ancora adesso, ogni giorno, nelle corsie ospedaliere non è inusuale sentire frasi come “si è sempre fatto così”, “io non sono dottore, sono infermiere”, “il giro letti spetta a noi”, “e se non c’è l’oss?”, “a che serve la laurea?”… tutte frasi, molto tristi, che lasciano intendere come ancora siamo lontani dall’idea di professionista infermiere che dovrebbe essere comune a tutti, e che continuano ad alimentare un circolo di ignoranza difficile da spezzare. L’infermiere spesso si demansiona e non lo sa, oppure si demansiona ed è fiero di farlo: iniziare a lavorare, pensare, ragionare da professionisti implica conoscenza, la conoscenza implica studio ed aggiornamento continui. Talvolta è più semplice nascondersi dietro mansioni più elementari, base, meno intellettuali, non assumersi le responsabilità cui la scienza infermieristica, oggi, porta. In questo caso demansionarsi è una scelta, nuocendo un’intera categoria ed una professione che tenta di emergere.
Se oggi ci lamentiamo della scarsa considerazione del nostro operato, del fatto che veniamo scambiati per le più disparate figure (dal personale delle pulizie, all’addetto al vitto e via dicendo, con tutto il dovuto rispetto), dell’essere trattati con sufficienza, poco rispetto e scarsa considerazione dall’utenza… dobbiamo semplicemente ricordare che noi siamo ciò che facciamo, e le nostre azioni ci identificano. Per dare un senso di professionalità, dobbiamo comportarci da professionisti. Chi si potrebbe mai fidare del parere di una figura che appare essere più un factotum che un professionista?
I mezzi per riscattare noi stessi li abbiamo tutti: il nostro profilo professionale, le sentenze a nostro favore, addirittura il nostro stesso codice deontologico (articoli 48 e 49). L’orgoglio professionale, la conoscenza delle leggi che regolano la nostra professione, la voglia di riscattare quanto ancora oggi non ci viene riconosciuto devono essere la benzina per preservare l’Infermieristica, una scienza così bella – l’arte più bella tra tutte le arti – in Italia ancora poco conosciuta, rispettata e considerata.
Ringrazio i colleghi che hanno tenuto questo corso ECM per la loro bravura e professionalità, ed auguro loro di riuscire a portare a compimento l’obiettivo: presentare questo corso anche in altre aziende ospedaliere, siciliane e nazionali.
Martina Crocilla
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