Rilanciamo l’intervista realizzata da Sanità Informazione al presidente dell’associazione.
Luca Degani (foto), presidente di Uneba Lombardia, un’organizzazione di categoria del settore sociosanitario, assistenziale e educativo con oltre 900 enti associati in tutta Italia, è intervenuto ai microfoni di Sanità Informazione, affrontando il tema degli infermieri che abbandonano le Rsa a favore delle aziende ospedaliere (Asst). Una scelta che solleva la questione della sanità territoriale da riprogrammare.
«Questa è una situazione tipica della mancanza di programmazione sui territori delle professioni d’aiuto – ha detto –. Noi siamo in una regione, la Lombardia, che ha una sanità e un sociosanitario molto distinti. Il sistema lombardo ha una forte componente di ospedali pubblici e poi una, parzialmente minoritaria, ma significativa, di ospitalità privata profit. C’è poi il mondo sociosanitario che si prende cura di anziani e disabili ed è formato, in gran parte da enti senza scopo di lucro e di congregazioni religiose. Le dinamiche formative delle figure infermieristiche hanno mantenuto un numero chiuso molto significativo negli ultimi anni e vedono, in questo momento, una acquisizione attraverso concorso pubblico da parte delle aziende ospedaliere».
Una strada resa percorribile da una norma dello Stato e recepita dalle Regioni, come lo stesso presidente di Uneba Lombardia ricorda: «Questo percorso ha di fatto spostato le figure infermieristiche verso il pubblico, togliendole al mondo dei servizi territoriali e generando un paradosso durante la pandemia».
Se il Covid ha dapprima evidenziato delle lacune nel sistema sanitario, secondo Degani proprio la situazione pandemica ha dato indicazioni per il futuro: «Il Recovery Fund ha dato indicazioni per passare da una sanità ospedaliera a una territoriale, con figure idonee. Da questo punto di vista però oggi sta accadendo l’esatto contrario. Perché, se è vero che un infermiere è libero di andare là dove è pagato di più e dove può ottenere una migliore situazione lavorativa, è altrettanto vero che oggi è necessario che un sistema risponda con una programmazione tale da poter aumentare il numero di infermieri formati o di istituire operatori socio-sanitari specializzati, figure para-infermieristiche e para-sanitarie che possano aiutare le fragilità e le cronicità come hanno cercato di fare Liguria e Veneto. Se viene meno questa programmazione, si rischia di andare a creare un ulteriore aggravamento di quei servizi territoriali di frontiera e di prossimità che si occupano dei casi più a rischio».
Infine Degani rivolge un invito alle istituzioni affinché si adoperino per creare percorsi formativi ideali a soddisfare la sanità territoriale: «Il Governo deve, con le Regioni, dare indicazioni al mondo universitario di poter formare un maggior numero di infermieri, ma solo dopo aver letto i bisogni di territorio e le differenze che ci sono nei sistemi sanitari territoriali. Poi occorre studiare e comprendere se per i servizi territoriali sono necessarie figure specifiche di tipo infermieristico o se dobbiamo alzare le professionalità di alcuni operatori come i sociosanitari che, con una maggiore formazione, potrebbero essere figure estremamente utili per una maggior tutela sanitaria della fragilità di anziani e disabili, ma anche essere di supporto ai medici di medicina generale per i nuovi modelli di presa in carico della cronicità».
Redazione Nurse Times
Fonte: Sanità Informazione
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