I dati ufficiali tra criticità oggettive e scorrettezze comunicative
Il Centro Studi Nebo ha messo a confronto i dati ufficiali sul numero di tamponi, casi di contagio, decessi e guarigioni pubblicati su Worldometer (portale dedicato alla diffusione di statistiche mondiali e che nello specifico caso del Coronavirus resoconta quotidianamente gli aggiornamenti di oltre 200 Paesi), con particolare attenzione, oltre che al nostro Paese, a Regno Unito, Spagna, Germania e Francia.
Come già emerso da numerosi contributi diffusi, affiancare questi dati presenta rilevanti criticità su praticamente tutte le variabili; ad esempio, solo per ricordarne alcune:
– il numero dei tamponi effettuati, e pertanto il dato sulle diagnosi di contagio e di guarigione, è strettamente legato ai differenti protocolli seguiti da ciascuna delle nazioni,
– il numero di morti è legato alla modalità con la quale vengono selezionati i decessi contabilizzati (Covid accertata, Covid sospetta, Covid come causa principale di morte, eccetera),
– il processo di raccolta dei dati condiziona il flusso informativo di ciascun Paese, influendo sulla scelta del tipo di informazioni da diffondere e sui tempi di pubblicazione di quanto rilevato,
il tutto calato in un contesto di emergenza, fattore che indubbiamente può condizionare la qualità dei dati rilevati.
Italia e scorrettezza comunicativa
Alle difficoltà di comparazione dei dati l’Italia ha dato un suo specifico contributo, creando fino a qualche giorno fa dissonanze tra i numeri quotidianamente dichiarati dalla fonte ufficiale (Dipartimento della Protezione Civile) e quelli pubblicati da analisti italiani e stranieri.
Per molte settimane la nostra Protezione Civile ha definito “nuovi casi” il saldo fra le nuove diagnosi e il numero di coloro che per morte o guarigione smettono di consumare risorse sanitarie.
Il risultato è stato che per settimane si è lasciato intendere che la portata del problema Covid in Italia fosse decisamente più limitata della realtà. Tanto che, se si fosse perseverato in questo artificio matematico, oggi la Protezione Civile si troverebbe a fornire numeri negativi. Se il 21 marzo il numero di nuovi contagiati, 6.557 (il massimo mai raggiunto), decurtato di morti (793) e guariti (943), veniva “limato” a 4.821 (6.557-793-943), il 23 aprile, ad esempio, la medesima operazione avrebbe portato a dire che il numero di nuovi casi era – 851 (2.646 nuovi casi, 3.033 guariti, 464 morti), manifestando tutti i limiti di questa discutibile strategia comunicativa.
Da qualche giorno, finalmente, il dato dichiarato dei nuovi casi è quello correttamente desumibile dalle statistiche della stessa Protezione Civile, senza decurtazioni e pertanto coerente, nei limiti di quanto sopra ricordato, con gli standard internazionali.
Il ricorso ai tamponi
Un confronto meramente numerico fra i Paesi considerati mostra per il numero di tamponi effettuati una rilevante variabilità sia rapportato agli abitanti che in relazione ai casi di contagio rilevati. Evidenzia, però, come intuibile, che all’aumentare dei tamponi l’incidenza dei positivi individuati diminuisce:
– per Francia e Regno Unito si rileva un minor ricorso ai tamponi. Rispettivamente quantificato in 69 e 96 per 100mila abitanti, con un corrispondente tasso di esiti positivi pari a poco meno di uno su tre tamponi in Francia e di uno su quattro tamponi nel Regno Unito;
– in Spagna il ricorso ai tamponi è di quasi 200 per 100mila abitanti, di cui uno su cinque positivo, e raggiunge i 250 tamponi ogni 100mila residenti in Germania, dove l’esito positivo è rilevato in un caso ogni 14 tamponi;
– con 283 tamponi per 100mila abitanti l’Italia fa registrare il valore più elevato fra i Paesi menzionati, con un esito positivo ogni nove prove.
I dati ufficiali: malati, guariti, morti
Le differenze legate alle modalità di rilevazione e di classificazione dei dati possono incidere sensibilmente sugli indicatori e che pertanto è consigliabile rimandare la verifica di tutte le ipotesi a valle dell’epidemia e a fronte di una validazione dei dati.
L’andamento dei casi di contagio rilevati
Osservando il periodo dal 20 marzo al 25 aprile in corrispondenza di quattro date a intervalli regolari, è possibile notare andamenti anche sensibilmente differenti fra i cinque Paesi sia in ordine ai valori assoluti che agli indicatori proposti.
Va ricordato, in merito al numero di casi e dei relativi decessi, che le popolazioni dei Paesi considerati sono disomogenee.
L’andamento dei casi in proporzione agli abitanti rivela realtà differenti da quelle percepite in base ai soli dati assoluti, mostrando la curva di crescita della Spagna maggiormente distanziata rispetto a quella dell’Italia. Questa si mantiene più bassa già dai primi di aprile.
L’andamento dei decessi nella popolazione e fra i contagiati
Più espressivi i grafici riferiti ai decessi: In termini assoluti, sono attualmente su valori non troppo lontani Regno Unito (poco più di 20mila), Francia e Spagna (poco meno di 23mila), Italia (oltre 26mila), mentre resta nettamente più basso il dato della Germania (5.800).
La mortalità in rapporto agli abitanti mostra come ai valori attuali i cinque Paesi sono arrivati seguendo andamenti differenti. Una crescita quasi lineare in Italia (44 decessi per 100.000 abitanti), superata dalla Spagna (49 morti ogni 100.000 residenti) per via di un andamento più veloce fino a un paio di settimane fa e oggi rallentato, che corre parallelo a quello della Francia. Quest’ultima su più bassi livelli di mortalità (oggi 34 morti ogni 100.000 residenti) e quasi raggiunta dal Regno Unito (31 decessi per 100.000 abitanti) che mostra tuttavia dai primi di aprile una crescita più veloce di tutti gli altri Paesi. La Germania, come intuibile, è caratterizzata da una mortalità estremamente più contenuta (7 decessi ogni 100.000 residenti).
Appaiono del tutto differenti dalle precedenti le curve disegnate in base al numero di morti in rapporto ai casi di contagio.
– la letalità di Italia e Spagna segue un andamento simile, con i valori italiani costantemente più alti (attorno ai 3 punti percentuali) di quelli spagnoli; per entrambe si nota una rapida crescita nella prima metà del periodo osservato. Mentre per l’Italia l’indicatore mantiene un leggero aumento, in Spagna tende altrettanto lentamente a diminuire,
– nel Regno Unito e in Francia la letalità risulta inferiore a quella spagnola all’inizio del periodo considerato per poi crescere rapidamente fino a raggiungere quella italiana e superarla,
– del tutto a sé stante la curva della Germania, su valori costantemente in crescita ma che non superano ad oggi il 4%.
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