Quasi 50.000 contagi ieri, oltre 200 morti oggi, al picco da marzo per quanto appesantiti dal recupero di parte dei ritardi statistici del weekend: è di nuovo allarme Covid nel Regno Unito, dove la curva dei ricoveri resta per ora entro il livello di guardia, ma il liberi tutti di questi mesi torna a far discutere.
Tanto più in vista di un inverno che – complici il rallentamento d’una campagna vaccinale inizialmente da record e certi intoppi strutturali extra pandemia del servizio sanitario nazionale (Nhs) – minaccia di rivelarsi di nuovo “impegnativo”, come ammettono eufemisticamente fonti dello stesso governo Tory.
Mentre, per non farsi mancare nulla, aleggia pure l’ombra di un’ennesima sotto-variante del coronavirus.
L’impatto dell’infezione resta al momento “sotto controllo” grazie ai vaccini, malgrado l’impennata recente di nuovi casi, ha detto oggi Johnson al consiglio dei ministri. Non senza riconoscere però che occorre ridare slancio “ai programmi vaccinali”: sia verso quel 20% di popolazione che non si è ancora immunizzata pur potendolo fare; sia con l’accelerazione della terza dose promessa ai vulnerabili e a tutti gli over 50.
Johnson ha sottolineato del resto come la curva dei ricoveri per Covid negli ospedali britannici resti “sostanzialmente piatta”.
Mentre un portavoce di Downing Street ha ribadito che il governo tiene “sotto stretta osservazione” i dati sul rimbalzo dei contagi (in aumento in particolare fra gli studenti delle scuole); ma ha precisato che qualsiasi “piano B”, con ipotetico ripristino di alcune restrizioni nella stagione fredda, non sarà preso in esame a meno che la pressione sugli ospedali dell’Nhs torni a impennarsi ai “livelli insostenibili” delle precedenti ondate della pandemia.
Rassicurazioni che sembrano accontentare il grosso dell’opinione pubblica, in un Paese da sempre recalcitrante di fronte a qualsivoglia cautela – mascherine in primis – e apparentemente tutt’altro che desideroso di veder rimesso in discussione la revoca sostanziale di ogni restrizione alla libertà individuale azzardata dal governo Johnson fin dal 19 luglio. Mentre l’ultima statistica settimanale sui decessi in Inghilterra e Galles segnala se non altro una frenata del 15% a metà ottobre, al minimo da inizio settembre.
Elemento che d’altronde non tranquillizza Anthony Costello, ex dirigente britannico dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), molto polemico nei confronti di BoJo e dei suoi consulenti scientifici, stando ai cui calcoli il Regno Unito è ormai al primo posto al mondo per rapporto fra contagi quotidiani e popolazione. Anche se nel contempo resta uno dei Paesi con il tasso minore di morti in proporzione ai casi censiti, come testimonia la differenza con la Russia: seconda in Europa per infezioni, ma con una quota di i vaccinati che non supera tuttora un terzo della popolazione contro l’80% britannico, e dove si registra una media di morti quasi 10 volte superiore all’isola (oggi oltre 1000, tetto assoluto), con l’amministrazione di Vladimir Putin costretta a tornare ad annunciare forme di lockdown. A Mosca, per esempio, gli over 60 non vaccinati e i fragili dovranno rimanere obbligatoriamente a casa.
Sullo sfondo emerge intanto una nuova mutazione della variante Delta, denominata ‘AY.4.2’ e indicata dagli specialisti britannici come potenzialmente più trasmissibile di un ulteriore 10%, sebbene apparentemente non destinata al momento a prevalere sul ceppo d’origine. Mentre il trend di un nuovo incremento di contagi legato all’avvicinarsi della stagione invernale inizia a far capolino pure in altri Paesi europei – protetti sulla carta da qualche cautela in più rispetto al Regno Unito – come la Francia. Dove proprio oggi il governo ha ammesso che l’epidemia ha ripreso a “guadagnare terreno”. Ancor più seria la situazione nell’est, dove molti Paesi sono alle prese con un numero di nuovi contagi ai massimi da mesi e, in alcuni casi, anche record di decessi. Con la Lettonia costretta a tornare in lockdown e sotto coprifuoco fino al 15 novembre.
Redazione Nurse Times
Fonte: Ansa
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