Infermieri e percezione del proprio ordine di rappresentanza professionale: alcune considerazioni
I nostri servizi sanitari regionali sono estremamente diversi, si sa, ma il caffè pre-turno degli infermieri è un rito depositato negli anni nella nostra comunità professionale, da nord a sud in qualunque setting assistenziale!
È un incontro fondamentale dove colleghi di turno si confrontano, fanno team building e pianificano l’assistenza della giornata. Purtroppo il più delle volte quei fini ragionamenti clinico/assistenziali di cui si discute durante il caffè non sono tracciabili nello strumento della pianificazione assistenziale, ma questo è un altro discorso!
Quante volte sarà capitato che mentre si analizza un problema della nostra professione, da qualunque prospettiva, ad un certo punto ci si abbandona al fatidico lamento: “Eh ma nostri ordini non fanno niente! Dove spendono i nostri soldi?”
Con questa questa esclamazione, che tuona spesso anche nella comunità professionale in modalità online, tendiamo a considerare il nostro organo di rappresentanza delegante, come entità esterne da noi, risiedente in un èlite, al riparo da processi democratici. Molto spesso chi afferma di sentire lontana la presenza del proprio ordine è proprio colui che consapevolmente azzarda:
“Io non ho votato!” oppure “Quei giorni avevo altro da fare”.
Infatti i dati bassissimi sull’ultima affluenza alle urne per i rinnovi dei consigli provinciali e la consultazione pubblica del nuovo (vecchio) codice deontologico praticamente disertata, sono i segnali di come base professionale e rappresentanti ordinistici agiscano su due rette parallele, senza incontrarsi mai. Questo è un peccato perchè i presidenti e i consigli direttivi dei nostri Ordini Provinciali sono attivi tutti i giorni per continuare, passo dopo passo, un percorso di valorizzazione cominciato 30 anni fa e mai arrestatosi. In questo momento i lavori dei consigli direttivi si stanno concentrando sull’adeguamento dei propri assetti organizzativi alla Legge 3/2018 c.d. Legge Lorenzin.
In sostanza si sta praticando il definitivo ed effettivo passaggio da collegio ad Ordine. Questo comporta la assidua partecipazione a convegni, congressi, consigli regionali e nazionali spesso in città lontane da parte dei nostri rappresentanti che lasciano famiglie e lavoro per dedicarsi alla comunità professionale tutta, il tutto nel silenzio della base professionale. Ecco come vengono spesi i soldi!
Gli infermieri a tutti i livelli hanno un disperato bisogno di riconoscimento per questo dobbiamo cominciare a valorizzarci tra di noi e a riconoscere il contributo di ogni esponente della professione per il bene comune. Abbiamo bisogno di diffondere orgoglio di appartenenza alla professione e la conferma vi è nella risposta a quel lamento che generalmente è: “Gli ordini siamo noi”.
Proprio così ma non ve n’è la benchè minima percezione! Oggi più che mai si sente l’esigenza di creare un movimento capace di saldare un legame tra la base professionale il suo organo di rappresentanza che impegni entrambi a fare un passo verso l’altro.
Alcuni OPI provinciali hanno già fatto il primo passo in questo senso con iniziative lodevoli ma che devono essere sostenute all’unisono altrimenti assisteremo all’evoluzione dell’infermiere a “macchia di leopardo”.
Dobbiamo portare nell’infermieristica la lezione che registriamo a livello politico generale: gli anni in cui i cittadini sono stati esclusi dalla partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale dello Stato, hanno generato distacco e sfiducia nei propri eletti. L’unico cambiamento possibile si genera soltanto avvicinando i cittadini alla politica. Evidentemente non avremo un cambiamento se siamo noi i primi ad auto-escluderci, se ce ne freghiamo e deleghiamo a terzi colpe mai nostre; ma quando si critica e si punta il dito verso l’altro ci sono altre tre dita rivolte verso di noi.
E se i primi avversari al cambiamento fossimo proprio noi disillusi, disuniti, abituati a subire, a delegare, incapaci di interessarci alla politica della nostra professione? Proprio così, se riuscissimo ad abbattere questo muro di menefreghismo e pessimismo, e se riuscissimo ad unire il nostro risentimento per trasformarlo in un progetto politico di cambiamento, sarebbe la svolta!
Stiamo sondando la possibilità di far uscire quei lamenti dalle cucine e dai commenti sui social e trasformarli in azione!
Questo articolo si conclude con le proposte di chi condivide questo pensiero e chi sente la necessità di passare ad un livello superiore per le nostre rivendicazioni. Saranno prese in carico le proposte rispondenti alle seguenti domande:
“Cosa chiederesti al tuo ordine per rappresentarti al meglio?”
“Cosa faresti per contribuire con l’ ordine alla valorizzazione della professione che rappresenti?”
Raffaele Varvara
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