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Coronavirus, poca preparazione e presidi mancanti: “Panico tra medici e infermieri. In PS nessuno sapeva cosa fare”

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Coronavirus, poca preparazione e presidi mancanti:“Panico tra medici e infermieri. In PS nessuno sapeva cosa fare” 1
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Giungono alla nostra redazione ulteriori particolari sulle modalità di gestione del paziente contagiato da Coronavirus presso il Pronto Soccorso di Codogno.

È stato lo stesso personale sanitario in servizio a denunciare la poca preparazione in tema di gestione di una simile bioemergenze.

Quando gli esiti degli esami effettuati sul paziente sono arrivati, confermando la presenza del contagio, si è generato il panico nel nosocomio.

Sono stati centinaia i messaggi tra i professionisti della salute sulla chat di whatsapp interna a partire dalle ore 20.30 di ieri, dopo la conferma dei risultati dall’ospedale Sacco di Milano.

Fino ad allora, il personale non aveva adottato alcuna precauzione particolare per proteggersi dal contagio, nonostante esistesse il sospetto. 

Appena arrivata la notizia della prima positività dal Sacco non sapevamo cosa fare e come gestire un’emergenza così importante – spiega il medico dell’Asst di Lodi -. Io e altri colleghi presenti con me non abbiamo ricevuto indicazioni chiare dai nostri coordinatori per capire come agire e quale protocollo aziendale mettere in campo.

Ovviamente è scattato il panico perché nelle ore che il 38enne è rimasto ricoverato da noi sono tanti tra personale medico e infermieri che sono entrati per curarlo a stretto contatto con il paziente. Qui quasi tutti abbiamo famiglia e qualcuno anche figli piccoli».

La situazione è poi degenerata dopo avere avuto la conferma arrivata poco prima dell’una di giovedì notte. Alcune ore dopo, intorno alle 3, sono scattate le telefonate da parte di alcuni responsabili dell’Asst di Lodi. Ogni professionista è stato chiamato singolarmente per ricostruire i contatti avuti con pazienti e famigliari, su richiesta diretta della Regione Lombardia e del Ministero della Salute.

«Ho saputo che sono arrivate delle telefonate dall’azienda per sapere che tipo di contatto c’è stato con il 38enne ricoverato – conclude il medico lodigiano -. Alcuni colleghi dovranno sottoporsi al test. Probabilmente lo farò anch’io, ma chiedendo di sottopormi ai controlli spontaneamente»

Dott. Simone Gussoni

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