L’Istituto romano li ritiene non rapidi e poco affidabili. Meglio i metodi standard attualmente in uso.
Doccia fredda per chi sperava che i test salivari potessero essere presto impiegati su larga scala, ad esempio, per andare a caccia del coronavirus nelle scuole. Secondo l’Istituto Spallanzani di Roma, su tre tipologie di kit analizzati, due necessitano di apparecchiature di laboratorio (e quindi di tempi più lunghi) per essere analizzati, mentre uno “sembrerebbe risultare meno performante rispetto al test molecolare standard”.
Insomma, bisogna avere ancora pazienza, come aveva anticipato il ministro della Salute, Roberto Speranza, nel corso dell’ultimo question time alla Camera. Gli strumenti più adeguati per combattere la diffusione del Covid-19 restano quindi due: il tampone molecolare classico, che per legge è l’unico capace di fornire una diagnosi sulla positività al Sars-Cov2, e il test antigenico rapido utilizzato dallo scorso agosto negli aeroporti di tutta Italia.
Il responso dello Spallanzani arriva al termine di una serie di analisi condotte in laboratorio su diversi kit presenti sul mercato. Le aspettative sui nuovi test salivari erano molto alte, dal momento che il prelievo di saliva è più semplice e meno invasivo rispetto al tampone naso-faringeo o al prelievo di sangue (previsto dai sierologici). Il primo modello analizzato è un test salivare di tipo molecolare, capace cioè di individuare il codice genetico del virus, come avviene per il tampone. Tuttavia, sottolinea lo Spallanzani: “Questa apparecchiatura non ha una processività elevata: riesce infatti ad effettuare solo otto campioni per volta, con tempi di analisi dei campioni di circa un’ora. In genere la saliva non si presta bene all’utilizzo con le apparecchiature di laboratorio altamente automatizzate che si usano per processare elevati volumi di campioni molecolari”. In sostanza, si perderebbero tutti i vantaggi offerti proprio dalla saliva.
Gli esperti del laboratorio si sono poi concentrati su due modelli simili, questa volta di tipo salivare antigenico, cioè quelli che vanno a caccia della proteina Spike presente sul Sars-Cov2. La prima soluzione ha registrato buoni livelli di sensibilità, ma anche in questo caso serve un’analisi di laboratorio e, sottolineano dall’Istituto, “non è utilizzabile in contesti di screening rapido”. La seconda soluzione è invece a lettura visiva (la “saponetta”), non richiede strumentazione di laboratorio, può essere quindi utilizzata fuori dai laboratori e dà i risultati in pochi minuti, ma applicato alla saliva (contesto diverso da quello per cui è certificato, cioè il tampone), “ai primi test effettuati sembrerebbe risultare meno performante rispetto al test molecolare standard”.
Sul suo sito web lo Spallanzani mette però a confronto i vari metodi al momento esistenti per rilevare la presenza del virus, evidenziando che, se si vuole fare “il tracciamento dei contatti di casi positivi o lo screening rapido di numerose persone”, la soluzione più adatta resta quella dei “test antigenici rapidi su tampone naso-faringeo”, ossia i kit utilizzati al momento negli aeroporti e nei porti italiani, e in queste ore sperimentati anche in una scuola romana. Serve sempre un prelievo del secreto nasale tramite cotton fioc, ma il responso arriva in pochi minuti e direttamente sul posto. Sulla loro affidabilità lo stesso Spallanzani si è già espresso nelle scorse settimane. In caso di positività, spetta sempre al tampone molecolare la conferma finale della diagnosi.
Redazione Nurse Times
Lascia un commento