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Coronavirus, in Cina i conti tornano: più guariti che morti.

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Coronavirus, in Cina i conti tornano: più guariti che morti.
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Pare che l’epidemia stia rallentando la propria corsa, ma l’esperto mette in guardia: “Non è detto che si sia fermata”.

Le autorità cinesi hanno il culto dei numeri e un’ossessione per le statistiche. Così, un altro giorno tragico per Wuhan, la città assediata dal virus polmonare, si può trasformare in un momento di riscossa delle forze del bene contro il “demone coronavirus”. La Commissione nazionale sanitaria di Pechino, che stila ogni giorno a mezzanotte il bollettino delle perdite, ha cominciato da qualche giorno a puntare l’attenzione sui pazienti guariti. I morti, ieri, erano saliti a 304 e a oltre 14mila i contagi. Ma i malati che hanno superato la crisi e sono stati dimessi hanno superato i deceduti: 324.

La stampa di Pechino pubblica foto di risanati che escono in gruppo dagli ospedali, con mazzi di fiori rossi, mascherine blu o rosa, a seconda del sesso, e auguri di non ricaduta. Purtroppo pare che la guarigione non metta al riparo da una nuova aggressione. La propaganda di questa guerra sanitaria macina cifre imponenti sullo sforzo della Cina. Annuncia la Xinhua che “alle 20 di domenica un totale di 8.310 medici e infermieri da 29 province, regioni autonome e municipalità, e 68 squadre della sanità militare sono arrivati nello Hubei per partecipare alla battaglia contro il virus”. E ieri i tamburi di guerra rilanciavano sui tg e sui siti web dei giornali di Pechino il più impressionante successo logistico di questa campagna.

Un ospedale da mille posti letto in camerette sigillate per non far diffondere il virus (foto) è stato completato a tempo di record da un battaglione di operai e consegnato a un reggimento di 1.400 medici militari. Avevano promesso dieci giorni, e tanti sono stati, per 25mila metri quadrati di stanze, corsie e laboratori. È già entrato in attività per accogliere i malati. La struttura è stata chiamata Huoshenshan, che si può tradurre come “Montagna del Dio Fuoco”. Fra tre giorni sarà inaugurato un gemello, con 1.500 posti letto e un altro nome suggestivo: Leishenshan (“Montagna del Dio Tuono”). Servono con urgenza, perché l’epidemia non si arresta. Anzi, si allarga e domenica ha ucciso il primo cinese all’estero, 44 anni, arrivato nelle Filippine da Wuhan.

I contagi, in 16 Paesi fuori dalla Cina, sono vicini ai 200. Oltre lo scopo sanitario, i due ospedali tirati su dal niente in questi giorni a Wuhan devono dimostrare alla popolazione del ground zero del virus che il Partito-Stato sta combattendo con tutte le sua forze quello che Xi Jinping ha chiamato il «demone virus». E contro il demone sono stati schierati Dio Fuoco e Dio Tuono. La Cina , insomma, non vuol essere considerata il grande malato del mondo, tanto meno sul fronte finanziario, in questo 2020 che, secondo i pianificatori, doveva celebrare lo sradicamento della povertà.

La Banca del popolo cinese ha annunciato per oggi, alla riapertura della Borsa di Shanghai, un’iniezione da 1,2 trilioni di yuan (156 miliardi di euro) per sostenere la liquidità dopo settimane di paralisi: segnale forte per gli economisti che temono un crollo del Pil. Il premier Li Keqiang, che coordina le operazioni, ha chiesto all’industria sanitaria di sfornare «sempre più armi», al momento mascherine, guanti e tute protettive per il personale medico, e kit per le analisi sempre più rapide sui sospetti di contagio. Milioni di mascherine anche per la popolazione, invitata a indossarla in pubblico: «I produttori di attrezzature mediche sono come le fabbriche militari che approntano l’arsenale contro il nemico, in questo caso l’epidemia: ogni minuto in fabbrica è importante; ogni prodotto in più porta uno scudo di sicurezza a un medico o a un cittadino».

La parola all’esperto – L’epidemia sta rallentando la corsa? Risponde Emanuele Nicastri, che dirige il Centro di malattie infettive ad alta intensità di cura dello “Spallanzani” di Roma, dove sono ricoverati anche due coniugi cinesi contagiati dal nuovo agente infettivo. «No, l’abbassamento della curva non significa che si sia fermata. Già domani i siti aggiornati potrebbero segnalare una nuova impennata. Le epidemie fanno così».

Il nuovo coronavirus sembra non colpire i bambini.
«Difficile affermarlo con certezza nella fase iniziale delle epidemie. Noi sappiamo che nelle prime fasi non colpiva i bambini, ma adesso si sono verificati i primi casi. Dobbiamo aspettare per comprendere il comportamento del virus e se predilige certi individui».

Nulla di definitivo?
«Le informazioni ufficiali sono ferme alla descrizione dei primi quarantuno casi confermati in Cina, pubblicate recentemente sulla rivista Lancet. Riguardavano prevalentemente le persone infettate nel mercato di pesce e animali vivi di Wuhan, la città dove è stato segnalato il primo focolaio all’inizio di gennaio. In quel gruppo di pazienti non c’erano bambini, e così si spiega l’ipotesi che non fossero attaccabili. Proprio giovedì scorso si è avuta notizia del primo bimbo contagiato in Germania».

Fra gli adulti ci sono persone più esposte al rischio?
«Il virus diventa più temibile per gli individui che hanno altre patologie, soprattutto respiratorie e cardiache, e di età avanzata. Sono gli stessi fattori di rischio di prendere l’influenza. Ecco perché la vaccinazione antinfluenzale viene raccomandata e offerta gratuitamente oltre i 65 anni e ai malati cronici. Sono i pazienti che hanno maggiori probabilità, una volta contagiati, di andare incontro a problemi seri che possono portare alla morte. È proprio nel periodo influenzale, infatti, che aumenta la mortalità».

Chi è in buone condizioni di salute e ha un’età non equiparabile alla vecchiaia rischia ugualmente?
«Chi sta bene ha pochi fattori di rischio, esattamente come per l’influenza. Se si ammala, sviluppa sintomi lievi e non dovrebbe andare incontro a complicanze. Questo in linea generale».

Chi guarisce dall’infezione da coronavirus può ammalarsi una seconda volta?
«Non abbiamo dati sufficienti per dare una risposta su quella che noi chiamiamo immunità persistente, cioè l’assenza di episodi di malattia successivi al primo. Normalmente, dopo una malattia respiratoria virale, si sviluppa l’immunità. Si diventa, per dirla con altre parole, vaccinati. È però una deduzione, e comunque anche per alcune malattie infettive, come la Dengue e il tifo, esistono eccezioni».

Le persone asintomatiche possono contagiare?
«Esiste questa possibilità, come in tutte le malattie infettive. Chi non ha sintomi non tossisce e non starnutisce, e quindi è difficile che possa produrre goccioline che favoriscono il contagio. Ricordiamo, inoltre, che alcuni di quelli che riteniamo asintomatici possono in realtà avere forme molto lievi della malattia, come stanchezza e poca febbre. La confusione nasce da qui. La donna cinese ricoverata da noi col marito, quando è arrivata, si sentiva stanca e aveva la congiuntivite. Se il marito non si fosse ammalato, non avrebbe capito di esserlo anche lei».

Le mascherine sono utili?
«La mascherina serve ai malati, non alle persone sane. Le vedo indossare anche a Roma, per strada. È un comportamento sciocco. In generale sarebbe bene portarle quando si è raffreddati e si starnutisce, proprio per evitare di spargere microrganismi nell’ambiente. È una forma di rispetto verso il prossimo. Bisognerebbe prendere in considerazione solo mascherine che coprono naso e bocca, di tipo chirurgico. Altri modelli sono inutili».

Redazione Nurse Times

Fonte: Corriere della Sera

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