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Coronavirus: i bambini e l’uso della mascherina

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Coronavirus: i bambini e l'uso della mascherina
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Rilanciamo i chiarimenti forniti in merito dal Magazine della Fondazione Umberto Veronesi.

Alla luce della pandemia di Covid-19, la riapertura delle scuole pone i bambini di fronte a una nuova sfida: l’utilizzo delle mascherine per diverse ore al giorno. Stando alle indicazioni fornite dal Comitato tecnico-scientifico della Protezione Civile, a partire dai sei anni i piccoli dovranno indossarle ogni qual volta non sarà possibile stare alla distanza di almeno un metro. Difficile stimare per quanto tempo al giorno, considerando che molto dipenderà dalle dimensioni delle singole aule, dal numero di studenti ospitati e dalla possibilità di impiegare i banchi singoli.

Le indicazioni per evitare l’aumento dei contagi sono di fatto le stesse in vigore già da mesi: il distanziamento sociale (almeno un metro tra gli studenti, due tra coloro che siederanno al primo banco e la cattedra), l’igiene delle mani e l’utilizzo delle mascherine. Queste ultime andranno indossate per proteggere il naso e la bocca ogni qual volta “il distanziamento potrebbe non essere garantito”. Motivo per cui, immaginando che soprattutto all’inizio potrebbero esserci situazioni di difficoltà nel far rispettare la distanza minima di un metro, un docente potrebbe richiedere l’impiego della mascherina anche da seduti.

Quanto detto finora riguarderà i bambini della scuola primaria (6-11 anni), mentre coloro con più di 12 anni dovranno seguire le stesse indicazioni che riguardano la vita in comunità degli adulti. Al di là dell’età, questa vale come indicazione generale, la mascherina potrà essere rimossa “in condizione di staticità” e in attività didattiche che “non favoriscano l’espulsione di particelle di saliva”. Mentre, al contrario, sarà obbligatorio indossarla in entrata e in uscita dalla scuola, così come negli spazi comuni: per avvicinarsi alla cattedra o in bagno.

Nessun obbligo di mascherina è invece previsto per i bambini che frequentano il nido e la scuola materna (al contrario di quanto invece previsto per i loro insegnanti). Questo perché, come spiegato da Susanna Esposito, direttore della clinica pediatrica dell’azienda ospedaliero universitaria di Parma, in un articolo pubblicato sull’European Journal of Pediatrics, «le loro vie aeree sono ancora molto piccole e, non potendo liberarsene da soli, con le mascherine rischierebbero di avere difficoltà a respirare». In questo caso, oltre che sul distanziamento sociale e sull’igiene delle mani, «la prevenzione del contagio sarà basata sul mancato contatto degli oggetti con la bocca», aggiunge l’esperta, che presiede l’Associazione mondiale per le malattie infettive e i disordini immunologici (WAidid). 

A non essere costretti all’utilizzo delle mascherine in classe saranno anche «i bambini affetti da una disabilità non compatibile con un uso prolungato mascherina», spiega Alberto Villani, che presiede la Società Italiana di Pediatria ed è membro del Comitato. A fare chiarezza su questo punto sono state anche Organizzazione Mondiale della Sanità e Unicef. Sui loro documenti è scritto che, in questi casi, l’utilizzo delle mascherine deve essere valutato caso per caso dai genitori, da un tutore, da un educatore o da un pediatra. In ogni caso, ai bambini con gravi disabilità cognitive non dovrebbe essere richiesto l’uso della mascherina. Bisognerà decidere singolarmente, invece, nel momento in cui dovesse esserci un bambino con una grave malattia respiratoria, autoimmune o oncologica. In alcune di queste situazioni, dietro indicazione specialistica, potrebbe essere opportuno ricorrere a una mascherina FFP2 o FFP3.

Tutto quanto detto finora varrà in condizioni di bassa circolazione virale. Ciò vuol dire che le disposizioni sono variabili: nel tempo e tra un luogo e l’altro. Laddove i contagi dovessero tornare a salire, potrebbe essere introdotto l’obbligo di indossare la mascherina anche in classe. E veniamo al punto: quale scegliere? Nelle raccomandazioni del Comitato tecnico scientifico si parla delle mascherine chirurgiche. Alla base di questa indicazione c’è l’uguaglianza tra i presidi e la garanzia di protezione omogenea offerta. L’indicazione potrà però venire meno nel momento in cui una scuola dovesse rimanerne sprovvista. In quel caso, è quanto specificato nelle indicazioni degli esperti, si può fare ricorso alle mascherine di comunità, personalizzabili e fatte di stoffa. A patto però che «ogni giorno le famiglie le lavino e le disinfettino». Una misura, quest’ultima, importante anche sul piano ambientale, perché eviterà il consumo di una-due mascherine al giorno da parte di ogni studente.

Il ritorno alla normalità che porterà anche i bambini a trascorrere molte ore al giorno con la mascherina sta alimentando i dubbi di alcuni genitori relativamente a un possibile impatto negativo di questa misura. Per questo la Società Italiana di Pediatria ha scelto di rispondere ad alcuni dei quesiti più frequenti: fornendo rassicurazioni ad ampio raggio. «L’uso prolungato della mascherina nei bambini non porta all’alcalosi – aggiunge Villani, che dirige l’Unità operativa di Pediatria e malattie infettive all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma –. La quantità della propria anidride carbonica respirata da un bambino sano che indossa la mascherina chirurgica è infatti pressoché impercettibile. Nè c’è un rischio legato allo scarso apporto di ossigeno, che in realtà non si registra pur indossando la mascherina per diverse ore al giorno».

La mascherina chirurgica può indebolire il sistema immunitario dei bambini? Nemmeno a dirsi, e comunque trattasi di una misura atta a «evitare la trasmissione del coronavirus tra soggetti asintomatici». Allo stesso modo «non ci sono evidenze scientifiche che documentino che un corretto utilizzo della mascherina possa comportare un’alterazione della flora batterica intestinale dei più piccoli».

Redazione Nurse Times

Fonte: Fondazione Umberto Veronesi

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