E’ quanto emerge da un studio francese condotto su 24 pazienti.
Dopo essere stato più volte indicato come trattamento efficace per combattere le infezioni da Covid-19, utilizzato sia in Cina (con 20 studi su 100 persone in corso) che in Corea, arriva l’annuncio del primo studio europeo sull’efficacia dell’idrossiclorochina. Il farmaco utilizzato da anni contro la malaria sembra accendere una speranza per la cura immediata dei pazienti affetti da coronavirus, anche nei casi più gravi.
Secondo il professor Didier Raoult, direttore dell’Istituto ospedaliero universitario Méditerranée Infection di Marsiglia, che ieri ha presentato i risultati del primi studio, concluso su 24 pazienti sottoposti a trattamento e già inviato per la pubblicazione sulla rivista scientifica International Journal of Antimicrobial Agents, a fronte di una carica virale media del Covid-19 della durata di 20 giorni (“tanto che quasi tutti i pazienti che muoiono per il virus lo hanno ancora attivo nel proprio corpo”), il 75% dei pazienti trattati con il Plaquenil, uno dei farmaci a base di idrossiclorochina, “dopo sei giorni di trattamento aveva una carica virale negativa”, ovvero non aveva più il virus attivo all’interno del proprio corpo.
Non solo. L’idrossiclorochina, abbinata all’antibiotico azitromicina, utilizzato normalmente contro la polmonite batterica, ha portato alla guarigione dei pazienti in una settimana. Il panel dei soggetti trattati all’istituto di Marsiglia è stato confrontato con un gruppo di controllo di altrettanti soggetti colpiti da Covid-19 e ricoverati negli ospedali di Avignone e Nizza, che non sono stati sottoposti al trattamento, e dopo lo stesso periodo “il 90% di loro è ancora portatore del virus”.
Raoult ha anche ammesso che l’idrossiclorochina presenta problemi di interazione farmacologica con diversi trattamenti utilizzati nelle terapie intensive che preoccupano i medici nel suo utilizzo, ma sui quali ha spiegato che “certamente ci sono effetti collaterali, anche gravi, se non si rispetta il dosaggio, ma si tratta di un farmaco che conosciamo bene e sappiamo come utilizzarlo”.
In particolare, secondo il documento che il team di Raoult aveva inviato all’International Journal of Antimicrobial Agents, il 26 febbraio scorso, all’apertura della sperimentazione “esiste una forte razionalità nell’uso della clorochina per il trattamento delle infezioni con microrganismi intracellulari” e “per quanto riguarda i virus, per ragioni probabilmente in parte identiche, che coinvolgono l’alcalinizzazione da parte della clorochina, numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia di questa molecola, anche contro i coronavirus, tra cui il coronavirus associato alla sindrome respiratoria acuta grave (SARS), e hanno messo in evidenza che la clorochina potrebbe ridurre la durata della degenza ospedaliera e migliorare l’evoluzione della polmonite Covid-19, portando a raccomandare la somministrazione di 500 mg di clorochina due volte al giorno in pazienti con forme lievi, moderate e gravi di Covid -19 polmonite. Inoltre “a tale dosaggio potrebbe essere raggiunta una concentrazione terapeutica di clorochina”.
E ancora: “Con la nostra esperienza, su 2mila dosaggi di idrossiclorochina negli ultimi cinque anni in pazienti con trattamento a lungo termine, sappiamo che con un dosaggio di 600 mg/die raggiungiamo una concentrazione di 1 μg /ml. Il dosaggio ottimale per Sars-CoV-2 è un problema che dovrà essere valutato nei prossimi giorni”. Gregory Rigano, della School of Medicine dell’Università di Stanford, che ha partecipato al lavoro, ha poi spiegato che i pazienti dello studio hanno ricevuto 600 mg di idrossicolorochina al giorno per sei giorni.
Redazione Nurse Times
Fonte: la Repubblica
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