La voce dell’oncologo: “Non vedo la necessità che si acceda a uno piuttosto che a un altro”.
Non ci sono differenze sostanziali, in termini di efficacia, che possano far propendere per un vaccino anti-Covid piuttosto che per un altro, sia per la popolazione generale che per chi affronta o ha affrontato un tumore. A sostenerlo è Giordano Beretta, vicepresidente Foce (Federazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi) e presidente Aiom (Associazione italiana di oncologia medica).
Se l’indicazione di Foce di vaccinare con priorità assoluta, oltre agli operatori sanitari, alcuni pazienti oncologici in particolare più fragili, come quelli in trattamento attivo immunosoppressivo, che sono circa 150mila, dovesse trovare riscontro effettivo a breve nel piano vaccinale, “e questi pazienti dovessero entrare in prima fascia, essendo disponibili al momento i vaccini Pfizer e Moderna, faranno quelli”, rileva Beretta.
“La probabilità di efficacia – aggiunge – è la stessa ed è molto alta per tutti i vaccini. Alcuni hanno problematiche logistiche e organizzative. Devono essere tenuti a temperatura molto bassa, come ad esempio quello Pfizer, ma anche Moderna, e questo può creare problematiche dal punto di vista della vaccinazione di massa, che potrà essere molto più facile con vaccini come quello Astraneneca, per il quale non c’è questo limite. Non ci sono dati di maggior vantaggio dell’uno rispetto all’altro. Certo, essendo stati approvati con una certa velocità, non possiamo avere la certezza di equiattività tra tutti, ma i dati disponibili dicono che non c’è differenza in termini di efficacia. Non vedo quindi la necessità che si acceda a uno piuttosto che a un altro”.
Redazione Nurse Times
Lascia un commento