La ricerca ha coinvolto 39 lavoratori andati incontro alla cosiddetta breakthrough infection.
Uno studio pubblicato sul New England journal of medicine (Nejm) ipotizza che gli anticorpi neutralizzanti presenti nel sangue possono predire il rischio di venir contagiati dal Sars-Cov-2 dopo esser stati vaccinati e possono essere un marcatore predittivo affidabile per valutare la necessità di una terza dose per proteggere dalle varianti emergenti. La ricerca si basa sui dati di 11.453 operatori sanitari in Israele.
Tra gli operatori sanitari sono stati identificato 39 lavoratori infettati, nonostante fossero completamente vaccinati con doppia dose di Pfizer-BioNTech, andando incontro alla cosiddetta breakthrough infection. Tutti avevano sintomi lievi o nessuno. Per 22 dei 39 lavoratori gli autori sono stati in grado di ottenere misurazioni anticorpali effettuate il giorno in cui sono state rilevate le infezioni o nella settimana precedente.
I ricercatori hanno anche esaminato i dati di 104 lavoratori completamente vaccinati che non sono stati infettati pur essendo stati a contatto con il virus. Il confronto ha mostrato che i livelli di anticorpi neutralizzanti erano più bassi tra coloro che sono stati infettati, fornendo la prima prova diretta di questo effetto. I risultati rafforzano i dati precedenti raccolti durante gli studi clinici sul vaccino Oxford-AstraZeneca, relativi a un legame tra livelli più elevati di anticorpi neutralizzanti e una minore probabilità di infezione.
Lo studio, come indicano i ricercatoti, ha comunque alcuni limiti. Un numero di casi relativamente piccolo rappresentato da persone giovani e sane. Le infezioni sono state caratterizzate da sintomi lievi, che non hanno richiesto il ricovero in ospedale. Per questo “non è stato possibile determinare il correlato della protezione da infezioni o infezioni gravi in popolazioni vulnerabili di persone anziane con malattie coesistenti”. Potrebbero essere stati persi per strada “casi asintomatici nonostante l’intenso sforzo di testare tutti gli operatori sanitari esposti”.
Lo studio “è un passo importante nell’ulteriore convalida dell’uso del titolo di anticorpi neutralizzanti diretti contro il virus come un elemento correlato della protezione” o marker, afferma Miles Davenport, immunologo dell’Università del New South Wales a Sydney, in Australia. Ma, concludono i ricercatori, “l’analisi non fornisce un livello specifico di anticorpi associato alla protezione, e su questo è necessario ora indagare”.
Redazione Nurse Times
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