Il direttore della clinica di Malattie infettive del San Martino di Genova ha iniziato a curare nove malati: “Stanno tutti bene”.
Come Francesco Vaia, direttore dell’ospedale Spallanzani di Roma, anche professor Matteo Bassetti (foto), direttore della clinica di Malattie infettive del San Martino di Genova, crede fermamente nell’efficacia degli anticorpi monoclonali contro il coronavirus. Tanto da aver già iniziato a curare alcuni malati con questa terapia. Nove persone, per l’esattezza.
I dati della sperimentazione, eseguita su un campione di 583 pazienti e verificati da un ente indipendente, sono eloquenti: guariscono tre pazienti su quattro. Bassetti ha fatto sapere che i pazienti trattati con i monoclonali dalla sua equipe in meno di una settimana «stanno tutte bene, e per il momento sono tutte a casa». E ha aggiunto: «La sensazione nella pratica clinica è che i monoclonali funzionino davvero bene. Qui la situazione ospedaliera è tranquilla, come sempre durante questa terza ondata in Liguria, che oggi si potrebbe definire un’ondina». Bassetti ha informato anche sulla tipologia dei pazienti già trattati al San Martino: «Sono soprattutto persone tra i 70 e gli 80 anni, e con altre patologie. I monoclonali sono una sorta di paracadute rispetto al ricovero».
A ricevere la prima parte delle 150mila dosi comprate dal commissario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo sono stati gli ospedali di Lombardia, Veneto, Marche, Campania, Lazio e, appunto, Liguria. Ma la cura con i monoclonali ha ormai preso il via in tutt’Italia. Ieri il Policlinico Sant’Orsola di Bologna ha preso in carico il primo paziente, trattato col Bamlanivimab.
Anche l’ospedale di Jesi, in provincia di Ancona, ha trattato il primo paziente, un 44 enne risultato positivo al virus il 21 marzo e affetto da una forma di immunodeficienza. L’ospedale, evidenzia una nota dell’Azienda sanitaria locale, è stato il primo nelle Marche “a formulare un progetto in merito a tale trattamento, per il quale le evidenze scientifiche in letteratura depongono per una particolare efficacia”. La cura è iniziata anche all’ospedale di Pescara, in Abruzzo, su un 82enne.
L’Aifa ha stabilito che può accedere all’iniezione chi è affetto da gravi patologie, in questo caso anche chi ha tra i 12 e i 17 anni, chi ne ha più di 55 e soffre di malattie cardiovascolari o respiratorie croniche e gli over 65 che abbiano almeno un fattore di rischio. Arturo Cavaliere, presidente della Società italiana di farmacia ospedaliera, ha affermato che «l’obiettivo comune a tutto il Paese sarà quello di curare con i monoclonali per ridurre le ospedalizzazioni».
Negli Stati Uniti la Food and Drug Administration (Fda), ha bloccato l’uso dei monoclonali prodotti da Eli Lilly, ma solo se non associati ad altre terapie. I detrattori della “cura Trump” esultano, ma il professor Guido Silvestri, docente alla Emory University di Atlanta, ha fatto subito chiarezza: «La decisione è stata assunta perché in alcuni Stati americani circolano le varianti sudafricana e brasiliana, che sono resistenti a quest’anticorpo, se usato da solo. La distribuzione del farmaco Eli Lilly, quanto del Regeneron, va avanti esattamente come prima».
Redazione Nurse Times
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