Nel panorama dell’assistenza sanitaria la contenzione rappresenta uno degli argomenti più complessi e dibattuti. Questa pratica, se da un lato può essere percepita come necessaria per garantire la sicurezza del paziente, dall’altro solleva interrogativi profondi sul rispetto della dignità umana, principio fondante della cura.
Le spondine del letto: tra sicurezza e contenzione
Un esempio emblematico di questa complessità è rappresentato dalle spondine dei letti ospedalieri. Apparentemente un dispositivo di sicurezza, possono configurarsi come strumento di contenzione fisica quando utilizzate senza una valutazione clinica accurata o senza il consenso informato del paziente. Questo solleva una domanda cruciale: come distinguere tra protezione e limitazione?
Secondo le normative italiane (Linee di indirizzo nazionali sulla contenzione, ministero della Salute, 2019) e le linee guida internazionali (World Health Organization, Guidelines on Physical Restraints, 2018), le spondine rientrano nella definizione di contenzione qualora limitino la libertà di movimento del paziente contro la sua volontà. Di conseguenza il loro impiego deve essere sempre giustificato da motivazioni cliniche precise, e mai sostituire la presenza umana e l’attenzione alla persona.
Quando ricorrere alla contenzione?
La contenzione è una misura eccezionale, da adottare esclusivamente in situazioni di necessità. Il Codice deontologico dell’infermiere e le migliori pratiche cliniche evidenziano che essa è giustificata solo quando: sono stati tentati tutti gli interventi alternativi, come l’osservazione diretta o l’impiego di dispositivi meno invasivi, senza ottenere risultati efficaci; si riscontra un rischio concreto e immediato per il paziente, come la possibilità di cadute gravi o di autolesionismo; la decisione deriva da una valutazione multidisciplinare che coinvolge paziente, famigliari ed equipe sanitaria.
L’importanza di un approccio etico
L’utilizzo della contenzione pone inevitabilmente il professionista sanitario di fronte a una sfida etica: bilanciare la necessità di proteggere il paziente con il dovere di tutelarne la libertà e la dignità. Il Codice deontologico invita l’infermiere a rispettare sempre i valori fondamentali della persona, promuovendo un’assistenza che sia prima di tutto basata sulla relazione umana e sulla prevenzione.
In un contesto ideale la contenzione non dovrebbe essere necessaria. La sicurezza del paziente dovrebbe poter essere garantita attraverso strategie alternative che includano un’assistenza personalizzata e un’organizzazione adeguata delle risorse. Tuttavia nella realtà quotidiana, caratterizzata da carenze di personale e risorse limitate, gli operatori sanitari si trovano spesso a dover prendere decisioni difficili che richiedono non solo competenze tecniche, ma anche una profonda consapevolezza etica.
Una riflessione condivisa
Ogni gesto compiuto in ambito sanitario porta con sé una responsabilità che va oltre la tecnica. Ricorrere alla contenzione è una scelta che riflette il modo in cui interpretiamo la cura e il nostro impegno verso il rispetto della persona.
È essenziale, dunque, fermarsi a riflettere: “Sto facendo tutto il possibile per garantire la sicurezza e il benessere di questo paziente? Sto rispettando la sua dignità?”. Come professionisti della salute, il nostro compito non è solo quello di preservare la vita, ma di renderla degna di essere vissuta, sempre nel pieno rispetto della persona e dei suoi diritti.
Conclusione
Il tema della contenzione richiede un approccio equilibrato, informato e deontologicamente corretto. Attraverso un dialogo aperto e una formazione continua possiamo lavorare insieme per migliorare la qualità dell’assistenza, garantendo che ogni scelta sia guidata dai principi di sicurezza, rispetto e dignità umana.
Matteo Lucio Maiolo e Manuela Palombi
Fonti
Ministero della Salute, “Linee di indirizzo nazionali sulla contenzione”, 2019.
World Health Organization, “Guidelines on Physical Restraints”, 2018.
Fnopi, “Codice deontologico degli infermieri”, 2019.
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