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Competenze e responsabilità infermieristiche nell’emotrasfusione a domicilio

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Coronavirus, l'appello delle Regioni "Continuate a donare il sangue"
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…a cura della dott.ssa Sgarra Nicoletta e della dott.ssa Locantore Altomare

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L’emotrasfusione è per definizione l’immissione di sangue attraverso la via endovenosa, da un donatore ad un soggetto ricevente: può essere eterologa, se donatore e ricevente sono due persone diverse, o autologa, se il donatore dà sangue a se stesso (questa modalità è detta anche ‘autotrasfusione’). La medicina trasfusionale è una scienza che ha avuto rilevanti sviluppi negli ultimi decenni, passando dalla semplice attività di raccolta, lavorazione, conservazione e distribuzione del sangue e dei suoi componenti a una branca medica specialistica di supporto a molte delle attività sanitarie. La trasfusione pertanto necessita di procedure ben definite, che derivano dalla letteratura e da direttive europee e norme italiane già presenti a partire dalla metà del scolo scorso.

Dal punto di vista legislativo, il sistema trasfusionale italiano ha come riferimenti principali:

  • direttive dell’unione europea (direttive 2002/98CE, 2005/61/CE)
  • normativa nazionale (legge 219 del 21 ottobre 2005, Decreti legislativi 191/2005, 207/2007, 208/2007 e 261/2007)
  • normative regionali e accordi stipulati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome.

La trasfusione di sangue o di sue componenti attualmente è una procedura abituale in ambito ospedaliero, regolata da accurate linee guida elaborate dalla Commissione Nazionale per il Servizio Trasfusionale (L. 107 del 4 maggio 1990). Tale procedura è stata attuata da tempo a pieno regime anche a domicilio, in questo caso si parlerà di emotrasfusione domiciliare e le linee guida sono pressoché identiche.

Sebbene i dati della letteratura concernenti le emotrasfusioni domiciliari si presentino relativamente scarsi, i risultati dimostrano che siffatta procedura può ritenersi una efficace alternativa alla ospedalizzazione con un notevole contenimento dei costi e riduzione dei disagi per pazienti oncologici, ematologici etc., che per problematiche di varia natura legate alle patologie di cui sono portatori hanno limitazioni ad accedere al centro trasfusionale e per i quali un ricovero in ospedale per il solo supporto trasfusionale sarebbe inappropriato.

Quanto esposto precedentemente può essere eseguito con la prerogativa che sia attivo sul territorio un Servizio di Assistenza Domiciliare (ADI) con personale infermieristico competente. Il gruppo di esperti, che opera in stretta collaborazione con il Coordinamento Cure Domiciliari ADI, e con i medici di medicina generale (MMG) agisce nell’ottica della continuità delle cure ospedale-territorio per assicurare una migliore qualità di vita del malato e dei suoi familiari favorendo l’umanizzazione delle cure e assicurando un  migliore utilizzo delle risorse del SSN.

Vediamo ora quali sono i pazienti a cui riservare la possibilità della emotrasfusione domiciliare:

  • soggetti anziani con grave anemia cronica (livelli di Hb compresi fra 5 e 8 g/dl) non altrimenti trattabile con farmaci specifici (tipo Vit B12, Ac. folico, eritropoietina ricombinante, ferro) e con grave deficit deambulatorio;
  • soggetti con patologie oncologiche ma con discrete prospettive di vita (> di 1 mese);
  • malati di AIDS in fase terminale;
  • anemia aplastica, mielodisplasie, sindromi mieloproliferative in pazienti con difficoltà a spostarsi dal proprio domicilio.

Prima di descrivere nel dettaglio le competenze e le responsabilità strettamente legate all’infermiere nell’ambito della emotrasfusione domiciliare, sintetizziamo in linea di massima le varie leggi che hanno trasformato questa pratica da essere una pratica di stretta pertinenza medica alla stretta collaborazione di medico e infermiere.

Il D.P.R. 24 agosto 1971, n. 1256 “Regolamento per l’esecuzione della Legge 14 luglio 1967, n. 592, riguardante la raccolta, conservazione e distribuzione del sangue umano” all’art. 91, infatti, recitava testuali parole: “la trasfusione del sangue e degli emoderivati deve essere eseguita sotto costante controllo del medico”.

In specifico, si riteneva che potevano essere effettuati dall’infermiere il semplice collegamento tra l’ago già infisso e la sacca ed altre operazioni di sostegno e che spettasse solo al medico l’introduzione dell’ago cannula nella vena. Anche la valutazione delle reazione alla trasfusione  risultava essere di competenza medica, per cui durante la trasfusione, neppure la sorveglianza del paziente poteva essere delegata all’infermiere.

Negli anni ’90 con la legge 4 maggio 1990 n. 107 all’art.3 al fine di ridurre il rischio della scambio di sacca o di paziente, si introdusse la pratica del doppio controllo, da parte sia del medico che dell’infermiere, precisando che “il prelievo di sangue intero è eseguito da un medico, sotto la sua responsabilità e in sua presenza, da un infermiere professionale”. Tuttavia, l’esecuzione dell’atto trasfusionale rimaneva del medico, competendo agli infermieri solo una parte del  regime dei controlli.

Per quanto concerne il prelievo per la richiesta di sangue per determinare il gruppo sanguigno ed eseguire le prove crociate, l’art. 27 del DM della sanità 27/12/1990 pubblicato sulla GU n. 20 del 24/1/1991 specificava che “il campione di sangue”… deve essere “firmato dal medico che ha la responsabilità del prelievo”. Non era espressamente indicato il compito del medico nell’eseguire il prelievo ma un certo grado di controllo e responsabilità. Al medico dunque competevano la prescrizione, l’effettuazione, la valutazione dell’efficacia, la sorveglianza e tutti i procedimenti assistenziali ad esso connessi. Inoltre le linee guida emanate dal Ministero della Sanità in applicazione dell’art. 12 della legge 10/07/1990 ancora definivano la trasfusione di sangue strettamente “un atto medico” .

La situazione inizia a mutare con l’introduzione del DM 739/1994 “Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere”, dove l’esecuzione di una trasfusione di sangue è applicazione di prescrizione diagnostica-terapeutica, che l’infermiere è tenuto a garantire.

In seguito con la legge 26/02/1999 n. 42 “disposizioni in materia di professioni sanitarie” che ha abolito il mansionario ed ha rivisto i criteri per l’esercizio della professione, diventano pertanto esclusive responsabilità del medico la diagnosi e la prescrizione, ovvero la richiesta di sangue ed emocomponenti non delegabile a nessun altra figura professionale. All’infermiere nell’ottica dell’acquisizione di una propria autonomia professionale nell’ambito della trasfusione di sangue spettavano i controlli, somministrazione, documentazione, verifiche, parametrazione ecc..


Quanto appena descritto è rafforzato da due considerazioni:

  • La prima è che la legge 107/90, e con essa le obsolete linee guida emanate in attuazione dell’art. 12 delle stessa legge, è stata abrogata dalla legge 219 del 2005 (nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati).
  • La seconda è che le nuove raccomandazioni ministeriali (Raccomandazione 5/03/2007, per la prevenzione da reazione trasfusionale da incompatibilità ABO), a differenza delle precedenti, prevedono che il controllo della sacca e l’identificazione del paziente devono essere effettuate “da parte di due operatori”, “L’operatoreche effettua il prelievo”, ” l’operatore che esegue la trasfusione” e indicando espressamente il medico essenzialmente per la firma del modulo di richiesta di emocomponenti, lasciando intendere che nella fase esecutiva e di controllo della trasfusione la presenza medica può essere superflua.

In conclusione, l’esecuzione della trasfusione, ivi compreso il controllo delle reazioni, è un atto sanitario che deve essere posta in stretta collaborazione sia dal MMG che dall’infermiere in relazione alle esigenze organizzative, assistenziali e cliniche.

PROCEDURA PER LA TRASFUSIONE DOMICILIARE

Per la trasfusione domiciliare spetta al MMG compilare l’impegnativa per la richiesta di determinazione del gruppo sanguigno e delle prove di compatibilità, unitamente al modulo per la richiesta degli emocomponenti da inviare al centro trasfusionale. Il prelievo ematico del ricevente viene eseguito al domicilio del paziente dall’infermiere del Servizio Territoriale o dal MMG mediante due provette da 5 ml, il campione di sangue deve contenere una congrua quantità di sangue, i dati da riportare sull’etichetta sono: nome, cognome, data di nascita del paziente e la data del prelievo  in modo da consentire l’identificazione del soggetto cui appartiene e firmato dal responsabile del prelievo.

Il prelievo, unitamente alla richiesta degli emocomponenti, completa in ogni sua parte dei dati identificativi del paziente, vengono recapitati al Centro Trasfusionale che provvede alla determinazione del Gruppo Sanguigno e alla esecuzione del test crociato di compatibilità.

La tipizzazione e prove crociate identificano il gruppo sanguigno del paziente e determinano la compatibilità del sangue dal donatore al ricevente. Esistono 4 gruppi sanguigni: A, B, AB, O. Gli antigeni sono sostanze, normalmente proteine, che inducono la formazione di anticorpi. Gli anticorpi sono immunoglobuline prodotte dai linfociti in risposta a batteri, virus o altre sostanze antigeniche. Il tipo A e B sono antigeni che vengono classificate come agglutinogeni, o come sostanze che causano agglutinazione/aggregazione globuli rossi. Le agglutinine sono specifici tipi di anticorpi la cui interazione con gli antigeni genera agglutinazione. Inoltre i gruppi sanguigni sono classificati come positivi o negativi a seconda della presenza o meno del fattore RH. Le prove crociate identificano la compatibilità: un campione di sangue del ricevente è miscelato con il sangue del donatore in laboratorio e se non genera agglutinazione significa che è compatibile.

Il ritiro delle Unità di sangue, assegnate dal Centro Trasfusionale è condizionato dalle modalità organizzative e dal grado di urgenza della trasfusione, tuttavia può essere effettuato dal medico richiedente, da una infermiere dell’ADI o da un familiare, previo accordo con il MMG, tenuto conto che l’intervallo di tempo tra la consegna delle unità di sangue e la loro trasfusione deve essere il più breve possibile, il plasma e le piastrine devono essere infusi immediatamente.

IL CONSENSO INFORMATO ALLA TRASFUSIONE

Art.12 DM 25.01.01 prevede: “La trasfusione di sangue, di emocomponenti e di emoderivati costituisce una pratica terapeutica non esente da rischi, necessita pertanto del consenso informato del ricevente”. Il consenso si rifà all’art. 13 della Costituzione italiana dove mette in evidenza l’inviolabilità della libertà personale e l’art. 32 della Costituzione che sottolinea che nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario tranne nei casi previsti dalla legge.

Inoltre gli articoli 20 e 24 del codice deontologico dell’infermiere evidenziano l’importanza della figura del professionista della salute nell’aiutare e sostenere l’assistito nelle scelte facendosi alcune volte da anello di giunzione tra il medico e l’assistito. Il consenso deve essere attuale, cioè riferito alla procedura che nell’immediato il paziente dovrà sottoporsi, specifico per tale procedura, libero in quanto il paziente non può essere obbligato in nessun modo, personale cioè sarà il paziente e nessun altro che dovrà accettare il trattamento ed esprimere la volontarietà, consapevole cioè esaustivo di informazioni e ovviamente esplicito.  Il MMG dovrà pertanto informare il paziente sul tipo di trasfusione, sulla necessità e sui rischi: possibilità di immunizzazione o di incompatibilità in caso di trasfusioni ripetute e sui potenziali rischi di tipo infettivo (Epatite, HIV, sifilide, ecc.).

ESECUZIONE DELLA TRASFUSIONE

PRIMA DELLA PROCEDURA

Occorre in primo luogo verificare che la trasfusione è stata prescritta, verificare la concordanza fra i dati identificativi del paziente ricevente e la sacca assegnata, verificare che il paziente abbia firmato il consenso informato che autorizza la procedura. L’infermiere dovrà spiegare la procedura al paziente e istruirlo su eventuali segni e sintomi delle reazioni avverse alla trasfusione.

I pazienti che si sottopongono ad una trasfusione possono sviluppare una reazione. Per tale motivo, ad alcuni pazienti il sangue viene prelevato, conservato ed eventualmente trasfuso in seguito ad interventi chirurgici programmabili. Questa pratica è nota come trasfusione autologa e non causa reazioni immunitarie.

Sono noti vari tipi di reazioni trasfusionali: febbrile non emolitica, allergica, emolitica ritardata, emolitica acuta e anafilattica.

  • Le reazioni febbrili non emolitiche sono le più frequenti e si manifestano in pazienti che hanno precedentemente ricevuto trasfusioni, come conseguenza della reazione anticorpale contro i globuli bianchi. I sintomi si possono sviluppare immediatamente dopo l’inizio della trasfusione o 5-6 ore dopo il termine. La febbre è il sintomo classico e può essere accompagnata da brividi, nausea, mal di testa, ipotensione e difficoltà respiratorie.
  • I pazienti che hanno reazioni allergiche sviluppano un rash cutaneo durante la trasfusione ed entro un’ora.
  • La reazione emolitica ritardata avviene giorni o settimane dopo la trasfusione. I livelli di emoglobina del paziente crollano a causa dell’incompatibilità con gli antigeni dei globuli rossi. Questo tipo di reazione è spesso non diagnosticato e messo in relazione con la condizione clinica che ha richiesto la trasfusione piuttosto che con la reazione trasfusionale.
  • Una reazione emolitica acuta è potenzialmente pericolosa per la salute. I sintomi derivanti dall’incompatibilità ABO solitamente si manifestano nei primi 15 minuti, ma possono comparire anche piu’ tardi durante la trasfusione. I pazienti riferiscono freddo, nausea e dolore alla schiena; possono comparire febbre, ipotensione improvvisa, vomito, ematuria, oliguria. Con il progredire della reazione compaiono dolore toracico, dispnea, anuria e shock.
  • Le reazioni anafilattiche, benché rare, sono molto pericolose. Sintomi di malfunzionamento gastrointestinale acuto e collasso cardiocircolatorio e respiratorio si evidenziano immediatamente dopo l’inizio della trasfusione.

Un’attenta valutazione del paziente è essenziale perché molte complicanze si manifestano con segni e sintomi molto simili L’assistenza infermieristica di pazienti con reazioni avverse alla trasfusione:

  • interrompere la trasfusione;
  • mantenere la linea endovenosa con soluzione fisiologica;
  • valutare attentamente le condizioni del paziente, segni e sintomi, confrontando i parametri con quelli della valutazione basale. Valutare attentamente la funzione respiratoria, notare la presenza di suoni respiratori inusuali, l’uso di muscoli accessori, il grado dell’eventuale dispnea, cambiamenti dello stato mentale, compresi ansia e confusione. Notare la presenza di brividi, sudorazione, dolore dorsale, orticaria, distensione delle vene giugulari;
  • garantire la corretta prescrizione terapeutica del medico, continuando a monitorare il paziente;
  • avvertire la banca del sangue del centro trasfusionale.

Altre reazioni conseguenti alla trasfusione sono:

  • Sovraccarico circolatorio dovuto ad un’infusione troppo rapida di un elevato volume di sangue. Questo potrebbe causare ipervolemia o aggravare un’ipervolemia preesistente (per esempio in pazienti con insufficienza cardiaca); quindi in base alla condizioni cliniche del paziente bisognerà adattare la velocità di infusione. I segni di un sovraccarico circolatorio sono dispnea, ortopnea, tachicardia, ansia improvvisa. Le vene del collo sono turgide, si odono crepitii alla base dei polmoni e la pressione arteriosa aumenta. Se la trasfusione viene continuata la dispnea si accentua e può svilupparsi un edema polmonare che si manifesta con grave dispnea e la comparsa di espettorato roseo e schiumoso. Il paziente dovrà assumere una posizione eretta, con i piedi in posizione declive, l’infusione dovrà essere interrotta e si mantiene pervia la vena con fisiologica a goccia lenta.
  • Danno polmonare acuto da trasfusione è una reazione idiosincratica potenzialmente letale che insorge con una frequenza di 1 caso su 5000. Anticorpi plasmatici (solitamente del donatore) presenti nell’emoderivato stimolano i leucociti del ricevente, che si aggregano e occludono i microvasi polmonari. Il danno polmonare si manifesta entro 4 ore dalla trasfusione con edema polmonare. I segni  e sintomi sono febbre, brividi, malattia respiratoria acuta.

Ecco perché l’infermiere dovrà attenersi alle procedure per la somministrazione di emoderivati.

L’infermiere dunque, prima di trasfondere, dovrà misurare la temperatura corporea del paziente, rilevare il polso, i parametri respiratori, la pressione arteriosa per poter conoscere le condizioni basali con le quali confrontare i segni vitali durante la trasfusione.

L’infermiere dovrà lavarsi le mani e indossare i guanti secondo le misure standard di precauzione. Usare un ago di grosso calibro per reperire l’accesso venoso. Usare deflussori idonei alla trasfusione, muniti di filtro per trattenere i coaguli di fibrina e altro materiale particolato.

MATERIALE E FARMACI DA TENERE A DOMICILIO DURANTE LA TRASFUSIONE

  • Soluzione fisiologica 0,9% 500 cc, Fiale NaCl da 10 cc, siringhe da 10 e 20 cc con dispositivi x infusioni ev., 2 provette sterili da 5 ml;
  • Adrenalina 1 mg (da 1/2 a 1 fiala diluita in 10 ml di fisiologica ev. lenta), Dopamina (diluita in 50 ml di fisiologica ev. lenta);
  • Metilprednisolone (fiale 125-500-1000 mg ev);
  • Furosemide (fiale da 20 mg);
  • Diazepam (fiale da 10 mg);
  • eparina calcica (12.500 UI);
  • antibiotico a largo spettro x via im. o ev.;
  • antistaminico (Prometazina fiale da 50 mg).

PROCEDURA ALLA TRASFUSIONE.

Al domicilio del paziente ottenere il sangue o l’emoderivato (l’ottenimento della sacca è stato già specificato come deve avvenire); controllare l’etichetta posta sulla sacca con due operatori e solitamente viene eseguito con l’infermiere e il medico che al momento della trasfusione sono a casa del paziente; verificare i referti di tipizzazione del gruppo ABO e del fattore Rh e quelli relativi alle prove crociate.

Controllare che l’unità di sangue sia priva di bolle, non abbia un colore anomalo o non sia torbida (le bolle gassose possono essere un indice di contaminazione batterica, mentre un colore insolito o la torbidità possono essere segno di emolisi).

Per i primi 15 minuti la trasfusione dovrà avvenire molto lentamente, non piu’ di 5 ml al minuto. Osservare attentamente il paziente per rilevare eventuali reazioni avverse. Se queste non si manifestano entro i primi 15 minuti, aumentare la velocità di flusso a meno che il paziente sia ad elevato rischio di sovraccarico circolatorio.

Osservare frequentemente il paziente nel corso dell’intera trasfusione, soprattutto nei primi 15-30 minuti, per rilevare segni da reazione avversa. Monitorare i segni vitali a intervalli regolari e confrontarli con quelli misurati nella rilevazione prima della trasfusione.

Assicurarsi che la trasfusione non duri piu’ di 4 ore, perché in tal caso aumenta il rischio di proliferazione batterica e prepararsi ad intervenire in caso di reazione.

DOPO LA PROCEDURA

Valutare il paziente e i segni vitali, istruire il paziente sull’insorgenza di eventuali segni e sintomi, eliminare il materiale usato secondo norma di legge e non nei rifiuti domestici.

Quindi la trasfusione a domicilio dovrà essere eseguita sotto stretta collaborazione tra medico e infermiere.

CORRESPONSABILITÀ DEL MEDICO CON IL PERSONALE INFERMIERISTICO DELL’ASSISTENZA DOMICILIARE INTEGRATA

  • Identificazione del paziente al momento della trasfusione;
  • verifica della identità tra il paziente che deve ricevere la trasfusione e il nominativo del ricevente riportato sull’unità;
  • registrazione dei dati.

RESPONSABILITÀ DEL PERSONALE INFERMIERISTICO ADI

  • Compilazione della parte anagrafica della richiesta di sangue o di gruppo sanguigno;
  • esecuzione dei prelievi di sangue e delle relative etichette;
  • invio della richiesta e dei campioni di sangue al Servizio Trasfusionale;
  • gestione delle unità di sangue dal momento della consegna sino alla trasfusione;
  • registrazione dell’ora in cui termina la trasfusione;
  • monitoraggio costante del paziente prima e durante la trasfusione;
  • invio al Servizio Trasfusionale delle segnalazioni di reazioni avverse e dei materiali necessari alle indagini conseguenti.

SITOGRAFIA

  • Ministero della Sanità. Commissione Nazionale per il Servizio Trasfusionale. Il buon uso del sangue.
  • Legislazione italiana ed europea in materia trasfusionale.
  • La gestione della trasfusione di sangue nei diversi setting, competenze infermieristiche

BIBLIOGRAFIA

  • La donazione in Italia. Situazioni e prospettive della donazione di sangue, organi, tessuti, cellule e midollo osseo.
  • Brunner Suddarth. Infermieristica medico-chirurgica

Altomare Locantore

 

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