Tra proclami e paradossi: la sanità italiana importa ciò che non riesce più a trattenere.
“Più fondi alla sanità”, annuncia il ministro Orazio Schillaci. Un déjà-vu che ormai suona come una canzone estiva: la si ascolta ogni anno, cambia solo il ritornello. Stavolta, però, con una novità: recluteremo infermieri dall’estero. Perché, a quanto pare, non ci sono più abbastanza professionisti in Italia. O forse sì, ma sono altrove: all’estero, nei reparti privati, nei concorsi infiniti. O semplicemente sono stanchi di aspettare.
Fuga di cervelli (e ritorno contromano)
Il paradosso è servito: mentre gli infermieri italiani partono per Regno Unito, Germania, Svizzera o Arabia Saudita in cerca di dignità professionale, il governo italiano apre i porti… Ma per farli entrare, non per farli restare. Un po’ come se un ristorante di cucina italiana, rimasto senza cuochi, decidesse di assumere chef francesi per cucinare pasta scotta e poi si vantasse pure di valorizzare il Made in Italy.
Il problema non è l’arrivo degli infermieri stranieri (che spesso sono bravissimi e meritano rispetto), ma il motivo per cui i nostri se ne vanno. E quel motivo non è il passaporto, ma la prospettiva: stipendi bassi, turni massacranti, contratti precari, concorsi-labirinto e carichi di lavoro da maratoneta.
“Più fondi”, ma dove?
I fondi, si dice, aumenteranno. Peccato che, anche con il nuovo stanziamento, la spesa sanitaria italiana resti al 6,5% del Pil, ben lontana dalla media europea. Insomma, più che una cura, è una tachipirina per una sanità con febbre cronica.
E quando quei pochi fondi arrivano, spesso finiscono dove il paziente non sente: nella burocrazia, nei piani triennali, nei muri da tinteggiare. Mentre nei reparti si continua a lavorare con personale ridotto, strumenti datati e professionisti logorati.
“Gli italiani non vogliono più fare gli infermieri”
Forse è vero. Ma non perché non amano la professione, bensì perché la professione non ama più loro. C’è una differenza abissale tra chiedere vocazione e pretendere sacrificio. La prima è una scelta di cuore, la seconda è un ricatto mascherato da eroismo.
Si dice che manchino 60mila infermieri. Ma se paghi una laurea triennale come un part-time da commesso, se chiedi di lavorare anche nei giorni festivi e poi chiami tutto questo “missione”, allora non è carenza di personale: è carenza di rispetto.
Sanità globale sì, ma non a senso unico
Accogliere infermieri dall’estero può essere una risorsa, certo. Ma dev’essere una scelta strategica, non un tappabuchi politico. Perché, mentre importiamo professionisti per riempire i turni, esportiamo talenti formati in Italia con soldi pubblici, che andranno a curare pazienti a Berlino o Londra. Una fuga di competenze che costa milioni, ma che si ignora per abitudine. Come una ferita che non fa più male solo perché non la si guarda.
Il teatrino dell’emergenza permanente
Ogni governo promette di “riformare la sanità”. Nel frattempo, però, l’infermiere resta l’unico vero punto fermo di un sistema instabile. È la spina dorsale della cura, ma trattata come un muscolo da spremere. E quando la politica si ricorda di lui, è solo per applaudirlo alle 18 dai balconi o per citarlo nei discorsi sulla “vocazione del prendersi cura”.
Ecco allora la grande idea: assumere dall’estero. Sembra quasi un reality show: Infermieri senza frontiere – Missione Italia. Solo che qui non c’è il premio finale, ma la cronica incapacità di valorizzare chi la sanità la regge da dentro, da sempre.
La vera riforma? Fidarsi dei propri infermieri
Non servono solo fondi, ma visione. Serve credere nella competenza, investire in formazione, creare spazi di crescita, dare voce a chi cura davvero. L’Italia non ha bisogno di importare infermieri: deve reimparare a tenerli. Perché ogni volta che un infermiere fa la valigia, non è solo una persona che parte: è un pezzo di sanità che se ne va.
Guido Gabriele Antonio – Infermiere
Articoli correlati
- Schillaci: “Stipendi più alti per gli infermieri. Reclutamento all’estero resta in piedi come soluzione tampone”
- Mancano infermieri in Italia? Schillaci: “Li importiamo dall’India”
- Schillaci: “Vogliamo portare in Italia 10mila infermieri indiani”
- Unisciti a noi su Telegram https://t.me/NurseTimes_Channel
- Scopri come guadagnare pubblicando la tua tesi di laurea su NurseTimes
- Il progetto NEXT si rinnova e diventa NEXT 2.0: pubblichiamo i questionari e le vostre tesi
- Carica la tua tesi di laurea: tesi.nursetimes.org
- Carica il tuo questionario: https://tesi.nursetimes.org/questionari
Lascia un commento