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Cassazione, infermiera assolta: non è responsabile di un danno subito dal paziente durante il turno di notte

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"1st PICC in ONCOLOGY CONGRESS" a Capo Vaticano (VV), evento e.c.m. 1
Aula di tribunale, immagine di repertorio.
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Non può essere sempre dimostrato che una infermiera in turno di notte, non allertando il medico di guardia, possa risultare responsabile di un danno cagionato al paziente. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 39497 del 29 agosto 2017

Correva l’anno 2011. Un medico e un’infermiera, dipendenti di una casa di cura convenzionata piemontese, erano stati condannati a due mesi di reclusione.

Il giudice aveva deciso che era stata loro la colpa se un paziente, a seguito di un intervento chirurgico, si era aggravato fino allo shock emorragico.

Lui, il medico, aveva operato l’utente di addomino-plastica. Mentre lei, l’infermiera del turno di notte, responsabile dell’assistenza post-operatoria, aveva sì rilevato lo stato di agitazione del paziente, le sue continue lamentele per il dolore e una pressione arteriosa in netto calo, ma… aveva reputato opportuno non avvisare il medico.

Nelle motivazioni della sentenza fu riportato chiaramente che entrambi avevano permesso l’aggravamento della complicanza, fino allo shock, a causa della loro condotta colpevolmente omissiva.

La professionista sanitaria, però, non ha accettato di buon grado la decisione del giudice e, da sola, ha fatto ricorso in Cassazione. E la Corte, con la sentenza 39497 del 29 agosto 2017, le ha dato pienamente ragione ribaltando tutto.

L’infermiera del turno di notte non può affatto essere considerata responsabile: non ci sono prove che la clinica, alle 4 di notte, fosse in grado di eseguire gli esami di laboratorio (disposti per la mattina seguente) necessari a diagnosticare la complicanza emorragica. Ma, soprattutto, non può essere provato che in caso di “condotta diligente” dell’infermiera, ovvero allertando subitamente il medico di guardia, l’evento si sarebbe potuto in qualche modo evitare.

È mancato, perciò, , il “necessario giudizio controfattuale”, importantissimo per  valutare la reale rilevanza della condotta del sanitario e, quindi, l’effetto delle cure omesse (Cass., Sez. IV Penale, 30 maggio 2013, n. 23339). Così si legge nella sentenza: la “dimostrazione del giudizio controfattuale è necessaria per accertate la configurabilità della ineludibile relazione causale tra la condotta omissiva addebitata all’indagato e l’evento; e, pertanto, deve essere dimostrato al fine di accertare la sussistenza della responsabilità”.

Quando tale giudizio controfattuale è assente o non dimostrabile in modo appropriato, si verifica “il ragionevole dubbio riguardo alla reale efficacia condizionante della condotta omissiva in relazione al determinarsi dell’evento”.

Una sentenza, questa, che farà scuramente discutere. E che, soprattutto, fungerà da importantissimo precedente.

Alessio Biondino

Fonte: Quotidiano Sanità

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