Il sindacato denuncia la drammatica situazione del più grande ospedale campano: “Non si può più lavorare in sicurezza”.
Incubo Pronto soccorso all’ospedale Cardarelli di Napoli, dove sono in arrivo dimissioni in massa dei medici. I 25 dirigenti medici in forza al più grande Pronto soccorso della Campania sono pronti a protocollare alla direzione sanitaria dell’ospedale una lettera di predimissioni per denunciare la mancanza di agibilità, sotto il profilo della sicurezza e della capacità clinica, dell’assistenza in prima linea.
La notizia è stata nnunciata da Pino Visone, delegato della Cgil Medici, durante una conferenza stampa indetta dal sindacato. Una prima linea, quella del Cardarelli che al pari di altri pronto soccorso della città è in gravissime difficoltà. Ieri mattina, al turno delle 8, l’area del triage era piena zeppa di pazienti in barella in attesa di visita o di ricovero, superando le 170 unità, come ormai avviene da giorni, in particolare nei fine settimana.
Terminata l’emergenza coronavirus e al perdurare della occupazione di interi padiglioni ancora dedicati alle cure dei pazienti affetti da multipatologie, ma positivi anche al Covid-19, l’ospedale è letteralmente in ginocchio, con forze ridotte all’osso, tanto che i medici non sono più in grado di assistere i pazienti. “In queste condizioni – ha detto Visone – non siamo più in grado di curare adeguatamente i pazienti, e dunque di svolgere dignitosamente il nostro lavoro e dare un’assistenza adeguata ai malati”.
“Nonostante i tanti segni premonitori di una tempesta perfetta e il grido di allarme lanciato da anni dalla Fp Cgil – è stato ricordato nella conferenza stampa della Cgil Medici -, il paventato collasso della emergenza sanitaria in Campania sta avvenendo con la negazione del diritto alla cura in emergenza. Ieri sera (lunedì 3 maggio, ndr) al Ps dell’ospedale Cardarelli si sono registrati 172 pazienti in area critica di emergenza comprendente: Pronto soccorso, Triage e Osservazione breve intensiva. Situazione che rappresenta il risultato di cause esterne e di cause organizzative interne all’Azienda. Situazione che dovrebbe interrogare le coscienze di tutti”.
E ancora: “Quanto sta accadendo al Cardarelli non garantisce la sicurezza dei lavoratori e degli stessi pazienti, ma soprattutto lede la dignità dei cittadini in un momento di fragilità e la dignità degli operatori sanitari. Tutti dovremmo chiederci cos’è un diritto inalienabile, se chi lo dovrebbe garantire non risponde della sua negazione. La presenza di 172 pazienti in Ps, pari a un numero di posti di un ospedale di media grandezza, con un numero ridotto di personale rispetto al reale fabbisogno e al carico di lavoro, determina una incapacità oggettiva di garantire sicurezza con gravi difficoltà assistenziali”.
In effetti, dedicare cinque minuti a ogni paziente richiederebbe 14 ore di turno. “Sono molto preoccupato – ha detto il consigliere regionale di Europa Verde, Francesco Emilio Borrelli -. Mentre alcuni ospedali sono in sofferenza, i Policlinici ancora non aprono i loro pronto soccorso con intollerabili giochi di prestigio burocratici. Ci sono barelle ovunque. Tanti cittadini mi stanno inviando foto e segnalazioni. Siamo preoccupati per una situazione che si sta aggravando di ora in ora”.
Stando alla ricostruzione diei sindacati, questa situazione rappresenta la cartina di tornasole della crisi della programmazione regionale e aziendale e dell’emergenza sanitaria, che si è acuita nel corso di questi due anni di pandemia. Una situazione che in effetti accomuna diversi Ps dell’area metropolitana di Napoli, da Castellammare a Pozzuoli, da Nola a Frattamaggiore, dall’Ospedale del Mare al Pellegrini e al San Paolo.
“Chiediamo provvedimenti eccezionali – ha proseguito la Cgil -, che siano all’altezza della gravissima situazione determinatasi, a partire dal concreto coinvolgimento dei due Policlinici universitari, con utilizzo dei tanti posti letto disponibili”. Richiamata nella conferenza stampa della Cgil, una delle frasi più pronunciate da Gino Strada: “I diritti, o sono universali, oppure non lo sono, diventando privilegi”. Sull’emergenza sanitaria “si gioca una partita che attiene a diritti inalienabili, che non solo fanno salute, ma attengono anche alla tenuta del tessuto sociale”, ha aggiunto Lino Pietropaolo, segretario regionale di Cisl Medici.
Anche la Cisl è in prima linea. Vincenzo Baldassarre, segretario provinciale del sindacato con Lorenzo Medici e Luigi D’Emilio, alla guida della Funzione pubblica, chiedono l’intervento del prefetto di Napoli, Claudio Palomba, e del sindaco Gaetano Manfredi per affrontare “la drammatica situazione esistente nella sanità cittadina, alle prese con una crisi senza precedenti, che sta producendo gravi conseguenze per i pazienti che hanno bisogno di cure”.
I leader della federazione lanciano un vero e proprio sos. “Siamo alle prese con grandi problemi di ordine pubblico e di sicurezza degli operatori sanitari – hanno sottolineato Medici e D’Emilio -, che diventano bersaglio dei familiari degli ammalati, i quali non possono accedere alle terapie di cui hanno bisogno. Continuiamo a registrare continue chiusure di nosocomi, mentre il Cardarelli scoppia. Sappiamo bene che ai sindaci non è affidata la gestione sociosanitaria, ma conosciamo anche la sensibilità di Manfredi nell’avere al centro delle priorità di governo metropolitano la salute delle persone”.
La Cisl segnala che all’ospedale San Giovanni Bosco ci sono oltre 50 posti letto chiusi per mancata ristrutturazione dei reparti di Ematologia, Chirurgia vascolare e Cardiologia. Al Vecchio Pellegrini le camere operatorie non funzionano per le infiltrazioni d’acqua. Gli ospedali San Gennaro e Incurabili aspettano da tempo di essere riqualificati. E ancora il Loreto Mare, che è diventato il “grande emarginato dell’Asl Napoli 1, pronto a sopperire alle esigenze dei cittadini, ma totalmente privo di programmazione”. Presentato dalla direzione come Dea di II livello, “al punto da poter fare concorrenza al Cardarelli, a tutt’oggi è privo di una Cardiochirurgia e di una Gastroenterologia, e si assiste a continue fughe di primari”. Loreto che, tuttavia, è deputato a cambiare pelle e a diventare ospedale di comunità nel riordino finanziato dal Pnrr.
Insomma, una vera e propria crisi del sistema sanitario e della rete di emergenza/urgenza. “Ci si nasconde dietro l’emergenza Covid per non affrontare i veri problemi dell’assistenza sanitaria in città – hanno aggiunto i due segretari generali -, e si impegnano milioni di euro per lavori che non agiscono direttamente sull’aumento della qualità e dell’efficienza dell’assistenza. Tutto il resto sono proclami e promesse al vento. Ricordiamo, tra gli altri, quella del 2018 quando fu annunciato un nuovo ospedale a Fuorigrotta al posto del San Paolo. Ora, quattro anni dopo, sono stati deliberati 5 milioni di euro per l’adeguamento normativo del vecchio presidio. Come ricordiamo la spesa di oltre 1 milione per l’acquisto di ambulanze per il 118, che non possono essere usate perché manca il personale”.
Da qui l’appello finale a prefetto e sindaco di Napoli: “Siamo al collasso totale. Viviamo da anni di slogan. Alle massime autorità di governo del territorio metropolitano chiedo di intervenire subito, se non vogliamo sprofondare ancora di più. A Napoli siamo già all’ultimo posto per aspettativa di vita. Cos’altro deve accadere per correre ai ripari”».
Intanto, dopo che a metà dello corso aprile il governatore Vincenzo De Luca aveva sottolineato il diniego dei medici di andre nei pronto soccorso e l’esigenza di “inventarsi qualcosa”, arriva la novità della mozione approvata il 3 maggio in Consiglio regionale, a firma della capogruppo del M5, Stelle Valeria Ciarambino, che prevede che i vincitori di concorso per tutte le branche di area medica equipollenti alla medicina d’urgenza, dopo un periodo di formazione sul campo, siano assegnati per i primi due anni ai pronto soccorso. Un provvedimento rivoluzionario, che ha una duplice finalità: “Da un lato garantiamo continuità assistenziale in reparti che fanno i conti, ogni giorno di più, con un numero di medici sempre più esiguo e con una continua emorragia di personale, dall’altro contribuiamo a perfezionare la formazione del nostro personale sanitario”.
“La nostra proposta – ha sottolineato Ciarambino – è stata elaborata a epilogo di una campagna di ascolto di medici e associazioni di categoria, ma soprattutto alla luce di una situazione divenuta ormai insostenibile. Nei pronto soccorso della Campania le condizioni di lavoro sono proibitive, in alcuni casi disumane. Basti pensare al solo ospedale Cardarelli, il più grande e importante della regione e del Mezzogiorno, dove nel fine settimana scorso si è registrata un’affluenza di pazienti oltre ogni limite di sicurezza: ben 172 persone, che hanno occupato ogni barella e ogni spazio disponibile. Dedicare almeno cinque minuti a paziente equivarrebbe a impiegare non meno di 14 ore. Il tutto in un ospedale nel quale due anni fa l’organico del Pronto soccorso era costituito da 45 medici, mentre ora sono meno della metà”.
E infine: “E’ in gioco il diritto alla sopravvivenza. Il nostro auspicio è tramutare al più presto questa mozione in un provvedimento che rafforzerà il sistema di emergenza-urgenza della Campania. Ma il nostro impegno non finisce qui. Dobbiamo attivarci, unitamente al Governo nazionale perché si renda nuovamente attrattivo il lavoro nei pronto soccorso, aumentando i posti nelle specializzazioni dell’emergenza, e soprattutto riconoscendo gli adeguati incentivi a chi sceglie di rimanere in trincea”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Mattino
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