Il bilancio del progetto PUCA, da poco concluso presso l’ospedale Sant’Antonio Abate di Cantù è stato da poco presentato.
Azienda ospedaliera e coordinatori del corso di laurea in infermieristica dell’Università dell’Insubria hanno arruolato 56 studenti del primo, secondo e terzo anno da dedicare all’Unità Operativa di Medicina.
Hanno presenziato all’esposizione dei dati Patrizia Figini, direttore medico del presidio, Eugenio Limido, primario del reparto, Anna Michetti, direttore del Daps, Mariantonia Frigerio , coordinatrice infermieristica, Donatella Pontiggia , coordinatrice del Corso di Laurea in Infermieristica di Como, Dario Cremonesi , presidente dell’OPI di Como, e di una delegazione di tutor e studenti.
Secondo gli ideatori, il fatto di dover svolgere ogni genere di attività sul paziente rappresenterebbe il cuore della preparazione degli studenti dei corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie, fondamentale per lo sviluppo delle competenze professionali, del ragionamento e pensiero critico.
Il progetto
“Il PUCA – ha spiegato Donatella Pontiggia – si basa su un modello organizzativo di “team nursing o piccole équipe”, che si articola sulla presenza di un infermiere qualificato ed esperto che guida gli studenti del Corso universitario. Il team leader elabora piani di assistenza, coordina il gruppo e lavora con il team sulla persona assistita. E’ stata l’occasione per rendere concreto il binomio formazione-organizzazione”.
Il modello, sperimentato nell’estate del 2017 per un trimestre, è stato funzionale al PUCA. Nell’area azzurra della Medicina di Cantù sono state costituire due équipe che si sono prese cura di 12 persone . Ogni team era composto da studenti del primo, secondo e terzo anno a cui sono stati assegnati 6 pazienti suddivisi in 3 camere di degenza.
Quest’anno i gruppi sono stati seguiti dai tutor Alessandra Dugo, Rigamonti Laura, Sara Vezzoni, Valentina Introzzi e Belsito Romina, figure di riferimento per gli studenti e di interfaccia con l’équipe del reparto che hanno sostenuto lo studente del 3° anno nella direzione del team svolgendo anche un fondamentale compito di osservazione, supervisione critica e di indirizzo per la sicurezza delle cure e di garanzia per gli studenti.
Secondo gli ideatori “il progetto ha come fine sviluppare le competenze per rispondere ai bisogni di assistenza infermieristica, sperimentare l’attuazione del piano di assistenza infermieristica, l’applicazione delle conoscenze apprese e gli strumenti di lavoro necessari alla continuità assistenziale, acquisire identità professionale attraverso il confronto costante con l’équipe multidisciplinare, apprendere le strategie di comunicazione efficaci all’interno di un gruppo di lavoro, confrontarsi quotidianamente con la responsabilità, trasparenza, coinvolgimento e partecipazione attraverso l’etica e il valore del lavoro.”
“Il ritorno è stato positivo sia per gli studenti sia per i pazienti – ha specificato Michetti -. Al Sant’Anna lo stiamo attuando in Geriatria e lo ripeteremo l’anno prossimo a Cantù”.
Il reparto
“Fondamentale – ha sottolineato Patrizia Figini – è stata la condivisione del Progetto con tutta l’equipe – medici ed infermieri- dell’U.O. di Medicina. I dati raccolti attraverso i questionari somministrati in relazione alla sperimentazione del 2017 ai degenti dell’area azzurra, al personale infermieristico e agli studenti hanno fatto emergere la qualità dell’assistenza, la motivazione alla professione e l’ambiente favorente all’apprendimento per lo studente infermiere”.
Unrisultato positivo che ha portato il gruppo di lavoro a trasformare l’esperienza dello scorso anno in un tirocinio effettivo per gli importanti risultati didattici, ovvero un’elevata e graduale acquisizione di responsabilità professionale da parte degli studenti in formazione,e organizzativi. “Per quest’ultimo aspetto – ha concluso Figini – il progetto ha rappresentato un’importante e concreta strategia per rafforzare la motivazione di tutti i professionisti sanitari e realizzare la capacità di lavorare insieme per un’assistenza di qualità”.
L’ospedale di Cantù ha dunque le caratteristiche di un teaching hospital. “E’ un progetto generativo – ha aggiunto Cremonesi –, che aumenta la conoscenza, non solo quella teorica, e l’integrazione con i tutor e il personale. Contribuisce inoltre a decodificare i bisogni di salute del paziente. Lo ritengo un caso di buona sanità”.
Anche il personale di reparto si è dichiarato estremamente soddisfatto dall’esperienza. Il dottor Limido ha dichiarato come tale progetto abbia rappresentato uno stimolo per i medici a insegnare ai ragazzi e a condividere con loro i percorsi caso per caso.
Per gli studenti invece, il progetto avrebbe offerto il contesto per acquisire autonomia, migliorare la capacità di relazione e di lavorare in gruppo.
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