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Calabria, nessuno sbocco per gli infermieri pediatrici. Lettera aperta di alcuni neolaureati

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Calabria, nessuno sbocco per gli infermieri pediatrici. Lettera aperta di alcuni neolaureati
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Riprendiamo le amare considerazioni affidate da un gruppo di colleghi specializzati alla testata OggiSud.it.

Di recente diverse aziende sanitarie della nostra regione hanno emanato bandi di concorso attesi da tanto tempo: saranno contente le figure professionali interessate, e di sicuro quelle che si sono abilitate nella nostra regione e vedono finalmente accendersi la speranza di potervi rimanere, svolgendo il lavoro per cui si sono formate. Tuttavia, tra queste, ne manca una troppo spesso ignorata, a volte anche su tutto il territorio nazionale: quella dell’infermiere pediatrico. Ma vorremmo concentrarci su quanto accade nel nostro territorio.

L’università Magna Graecia di Catanzaro ha riaperto il corso di laurea in Infermieristica pediatrica nell’anno accademico 2013/2014 e, fino a oggi, si sono susseguite senza soluzione di continuità numerose abilitazioni di professionisti dell’assistenza pediatrica, senza tuttavia che nessun bando di assunzione sia mai stato emanato per questa figura professionale dal lontano anno 2004.

Sorgerebbe spontanea la domanda sul motivo che spinge gli organi preposti nel continuare a “sfornare” professionisti che poi non hanno nessuno sbocco lavorativo proprio nella regione che cura tale formazione (attualmente in pochissimi atenei d’Italia viene attivato questo corso!). Ma, tralasciando questo quesito, vorremmo ora fare qualche precisazione proprio riguardo al nostro percorso professionale, che evidentemente non è mai tenuto abbastanza in considerazione quando si tratta di riconoscerne i meriti e l’utilità.

Seguiamo un corso di laurea della durata di tre anni, da cui ci aspettiamo una dimensione occupazionale ben precisa. Scegliamo di rivolgere la nostra intera carriera al mondo pediatrico e a tutto ciò che ruota intorno ad esso, anche se in realtà, nei tre anni di formazione universitaria previsti, svolgiamo moltissime lezioni in tronco comune con gli infermieri, il che significa in parole povere molti “esami” su discipline che prevedono il medesimo programma di studio, cui si aggiungono doverosamente anche moltissimi corsi esclusivi incentrati in ambito pediatrico.

Della nostra formazione, soprattutto, fanno parte circa tremila ore di tirocinio che svolgiamo all’interno dei ben cinque reparti pediatrici presenti nell’azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio di Catanzaro. Si tratta di reparti che hanno dimostrato nel tempo la propria eccellenza e in cui abbiamo l’onore di formarci in modo molto mirato, proprio perché li frequentiamo in modo esclusivo. Malgrado ciò, assistiamo a un paradosso che ci pare inaccettabile: in questi reparti il numero di infermieri pediatrici è di gran lunga inferiore rispetto al numero di infermieri. Ciò premesso, non abbiamo la minima intenzione di sminuire la professione infermieristica, con cui molto abbiamo in comune, ma ci sentiamo in obbligo di sottolineare che è la “nostra” formazione quella volta ad approfondire l’aspetto dell’assistenza pediatrica, tanto nella teoria quanto nella pratica.

Tutto ciò, però, non trova riscontro nei concorsi pubblici, per noi davvero troppo pochi. Per questo motivo molti di noi neolaureati hanno già deciso di emigrare in luoghi in cui le nostre competenze sono apprezzate e ricercate, ad esempio in Inghilterra e Germania. Dopo aver conseguito un titolo di studio, noi constatiamo con amarezza l’assenza di prospettive lavorative: siamo totalmente ignorati perché veniamo reputati rimpiazzabili. Il paradosso di questa situazione è che proprio ciò che ci viene attribuito come una mancanza dovrebbe essere considerato il nostro valore aggiunto.

Non crediamo che ci possano essere fraintendimenti con quanto scritto, ma sottolineiamo di nuovo che questa lettera non ha l’intenzione di screditare colleghi, ma solo di ribadire l’idea secondo cui ognuno di noi dovrebbe avere riconosciuta la possibilità di operare nel proprio ambito professionale. Per noi è insensato che la Regione che ospita la nostra formazione, che spende e continua a spendere risorse per creare dei professionisti specializzati in un ambito così particolare come l’assistenza al bambino, non ci riconosca come presenza fondamentale per un ulteriore miglioramento della qualità dell’assistenza.

Fonte: OggiSud.it

 

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