“Nessuno mi ha mai avvisato di nulla!”, si difende Thomas Müller, medico austriaco in servizio all’ospedale San Maurizio.
La vicenda è delicata. Thomas Müller (foto), classe 1964, austriaco, dal primo marzo 2018 è primario su chiamata diretta del Laboratorio centrale dell’ospedale San Maurizio di Bolzano e, in seguito a una richiesta di verifica di conoscenza dell’italiano avanzata dal ministero della Salute all’Ordine dei medici, ha dimostrato di possedere una conoscenza della lingua solo “passiva”. L’Ordine ne ha già votato l’espulsione, anche se manca ancora il decreto.
Il medico rischia a questo punto di essere cancellato dall’albo – e di essere costretto a fare ricorso al CCEPS, la Commissione centrale della Federazione nazionale degli Ordini – anche se un parere dell’Avvocatura della Provincia, su incarico dell’assessore Thomas Widmann, sostiene la tesi secondo cui, essendo il tedesco equiparato all’italiano in provincia di Bolzano, non esiste alcun problema.
Incredulo il primario: «Nessuno mi ha mai avvisato di nulla!». Duro il direttore dell’Asl, Florian Zerzer: «Così si rischia di fomentare la discussione etnica. Questa faccenda non giova a nessuno! E poi come facciamo con tutti i medici che arrivano da fuori provincia e che non sono perfettamente bilingui?».
Ricostruiamo i fatti. Il 29 aprile i carabinieri del Nas mandati dal ministero effettuano accertamenti presso la sede dell’Ordine in merito alle modalità di iscrizione dei professionisti che non parlano italiano. Si tratta degli strascichi riferiti all’incontro di fine marzo tra Zerzer e la delegazione ministeriale. Il direttore, a Roma, aveva infatti chiesto aiuto per l’assunzione di infermieri che non parlano italiano. Alle perplessità della delegazione, Zerzer aveva ribattuto: «Si può fare perché in Alto Adige sono iscritti all’Ordine medici, anche professionisti, che non parlano italiano».
Dal Ministero era quindi partita una richiesta di chiarimenti: “Sono pervenute a questo ministero segnalazioni concernenti presunte iscrizioni, effettuate da parte di codesto Ordine di medici che non conoscerebbero l’italiano. Considerato che tale situazione, se confermata, potrebbe arrecare un grave danno al cittadino nell’erogazione delle prestazioni sanitarie, si chiede di fornire con urgenza notizie in merito”.
Era quindi intervenuta la presidente dell’Ordine, Monica Oberrauch: «II ministero ha chiesto informazioni sullo stato dell’arte, ma non ci ha certo accusato di inadempienze. Non siamo affatto totalmente inadempienti nella verifica delle conoscenze linguistiche dei medici provenienti dall’estero».
Il 29 aprile, la visita dei Nas e il riscontro delle presunte anomalie riferite al 2017, nelle quali è finito Thomas Müller. II primario racconta, in uno scritto, come sono andate le cose. Ne riportiamo i punti salienti. “Nel 2017 il ministero ha riconosciuto i miei titoli, conseguiti in Austria, e mi ha autorizzato a esercitare in Italia, previa iscrizione all’Ordine territorialmente competente, che era incaricato di provvedere ad accertare le mie conoscenze linguistiche e quindi informare il dicastero dell’avvenuta iscrizione. L’Ordine della Provincia di Bolzano mi ha quindi chiesto di presentare tutta una serie di documenti relativi ai cittadini non italiani e, verso la fine del 2017, mi ha iscritto all’albo. Mi preme puntualizzare che non ho mai detto all’Ordine, nel 2017, di parlare italiano. Al contrario, prima di prendere servizio in ospedale, ho continuato a sottolineare espressamente che non parlo italiano e che, anzi, devo acquisirne in tempi congrui le cognizioni basilari”.
E ancora: “Va anche detto che – prima di iniziare a lavorare al San Maurizio – non sono stato invitato dall’Ordine a nessuna verifica in merito alle mie conoscenze linguistiche. Fatico a parlare italiano, è vero, ma assolvo tutti i miei impegni professionali. Il mio compito consiste nel dirigere il laboratorio e posso dimostrare che nell’anno trascorso ho raggiunto tutti gli obiettivi prefissati e che sono in grado di relazionarmi in maniera efficiente con i miei collaboratori. Nessun problema anche nei contatti con tutte le altre unità organizzative dell’Asl. La realtà dell’Alto Adige, sia dentro che fuori dall’Asl, è infatti bilingue. Consentitemi allora di asserire che la combinazione delle mie cognizioni di tedesco e italiano conferma il mio possesso delle conoscenze linguistiche necessarie – come previste dall’art. 7 del D.lgs. 206/2007 e s.m. – ai fini dello svolgimento del lavoro quotidiano nell’esercizio della mia professione”.
Concludendo: “Premesso che non ho di fatto alcun contatto con i pazienti – non essendo, in quanto medico di laboratorio, direttamente coinvolto nel processo terapeutico -, nel mio particolare caso la verifica delle conoscenze della lingua italiana da parte dell’Ordine non sembra costituire una necessità assoluta. So naturalmente che il mio italiano va migliorato, ma ci sto lavorando. Per questa ragione il mio obiettivo primario è stato, sin qui, l’accrescimento della comprensione (passiva) della lingua italiana nel contesto della Medicina di laboratorio. Fino ad ora pensavo di avere tutto il tempo di approfondire per gradi la mia conoscenza per poterlo poi, dopo un certo periodo, parlare attivamente. Questo è il programma che vorrei seguire in futuro”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Alto Adige
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