L’intervento, della durato di sette ore, è stato eseguito nell’ottobre scorso all’ospedale Papa Giovanni XXIII.
Era il 2 ottobre dell’anno scorso quando Antonio Cricco, chirurgo vascolare dell’ospedale Morelli di Sondalo, telefonò allaCardiochirurgia del Papa Giovanni XXIII di Bergamo: «Samuele, ho un ragazzo di 40 anni indissecazione aortica con esordio in paraplegia. Lo devi prendere perché è l’unico modo in cui si può salvare». Così disse a Samuele Bichi, cardiochirurgo con 11 anni di esperienza e suo «amico fraterno», che tre anni fa ha portato a Bergamo una metodica per la ricostruzione dell’aorta toracica discendente, praticata solo in pochi centri italiani e, «a nostra conoscenza – spiega Maurizio Merlo, responsabile della Chirurgia cardiopatie acquisite –, mai applicata prima durante un intervento in emergenza».
Il paziente si chiama Mauro Forcari, all’epoca aveva 41 anni e giunse al Papa Giovanni con l’elisoccorso, sedato e intubato, dopo essersi sentito male al risveglio in casa, a Tirano: non riusciva a muovere le gambe. I medici dell’Asst Valtellina e Alto Lario gli avevano diagnosticato («brillantemente», sottolineano i colleghi bergamaschi), una dissecazione aortica, malattia vascolare che può manifestarsi come dilatazione in forma cronica, ma anche in maniera acuta, con una rottura dell’aorta. Se non curata, la mortalità è del 90%, dal 15 al 20% in sala operatoria, ma il caso di Mauro, «un paziente giovane per questa patologia», era particolarmente grave. Secondo Bichi, «la situazione era complicata dall’emergenza della paraplegia: il sangue non arrivava né alle gambe né agli organi vitali nella parte bassa dell’addome».
Insomma, rischiava di morire,e l’intervento standard in emergenza, che prevede «la sola sostituzione del tratto iniziale dell’aorta, non era sufficiente a salvarlo». L’unica strada, mai battuta in urgenza, era una correzione radicale dell’aorta. Il cardiochirurgo ne parlò con Merlo, il suo responsabile, oltre che con l’equipe e gli anestesisti della Terapia intensiva cardiochirurgia, diretta da Luca Lorini. Insieme decisero di procedere. Alle 13:40 Bichi entrò in sala operatoria, affiancato dai colleghi Francesco Fino e Francesco Innocente, dall’anestesista Giancarla Poli, dalla strumentista Silvia Barachetti, dall’infermiera Valeria Lombardi, dall’oss Silvia Sibella, e dai perfusionisti Andrea Ariano e Silvia Viscardi. In sette ore, al paziente fu sostituita la valvola aortica, con reimpianto delle coronarie e ricostruzione dell’aorta ascendente, della radice aortica e dell’aorta discendente per mezzo della protesi ibrida. Alle 21:40 andò in Terapia intensiva, dove rimase più di due settimane, per poi passare in Cardiochirurgia, e poi in Riabilitazione, a Sondalo.
Adesso Mauro è tornato a camminare: l’ischemia (afflusso insufficiente di sangue) al midollo spinalenon l’ha paralizzato. Di questo, sottolinea Bichi, «abbiamo potuto esser certi solo quando ha ricominciato a muovere le gambe». E non era scontato, come spiega il dottor Merlo: «Noi abbiamo fatto le cose bene, ma vorrei fosse chiaro che siamo stati anche molto fortunati. E siamo contenti: vedere una persona tornare non solo alla vita, ma a una vita buona, in un caso del genere non è frequente».
Redazione Nurse Times
Fonte: www.ilgiorno.it
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