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Bari, raro intervento multidisciplinare salva la vita a un 87enne

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Bari, raro intervento multidisciplinare salva la vita a un 87enne 1
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E’ stato eseguito all’ospedale Santa Maria. Il paziente presentava diverse comorbilità, che determinavano un alto rischio chirurgico.

E’ un intervento straordinario e rarissimo, quello eseguito da nove medici di tre diverse equipe su un paziente di 87 anni che presentava un quadro clinico molto complesso, con diverse comorbilità che determinavano un alto rischio chirurgico.

Alfredo Marchese

Eseguito all’ospedale Santa Maria di Bari, struttura polispecialistica di GVM Care & Research accreditata con il Ssn, ha visto lavorare in sinergia specialisti di Emodinamica (diretta dai dottori Alfredo Marchese, Vito Margari, Fabrizio Resta e Antonio Tito), di Cardiochirurgia (con Giuseppe Speziale, Domenico Paparella e Carmine Carbone) e di Cardioanestesia e rianimazione (con Ilir Dhojniku e Giuseppe Mastrototaro), ed è stato possibile grazie all’uso combinato di onde d’urto, del dispositivo per l’assistenza circolatoria extracorporea (ECMO) e di una sonda ecografica intracoronarica.

Il paziente, un uomo di 87 anni proveniente dalla provincia di Bari, era affetto da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e presentava una stenosi aortica moderata. Nonostante la coronarografia indicasse una grave ostruzione del tronco comune pari al 90%, alla quale si aggiungevano le ostruzioni della coronaria destra pari al 70-80% e interventricolare pari all’80%, il tutto aggravato da severe calcificazioni diffuse dei vasi.

In considerazione dell’elevato rischio cardiochirurgico dovuto alle numerose comorbilità e all’età del paziente, si è ritenuto opportuno intervenire con un approccio mininvasivo. La combinazione di tre tecniche in un unico intervento e la collaborazione delle tre equipe ha permesso di dare una chance di sopravvivenza al paziente.

“Questo tipo di lesioni molto calcificate sono gravate da alto rischio di complicanze, sia se trattate con procedura tramite palloncino sia quando si utilizza il Rotabletor, un device che spacca le calcificazioni coronariche permettendo poi al palloncino di lavorare su queste – spiega il dottor Alfredo Marchese, a capo dell’equipe di Emodinamica che ha condotto l’intervento –. Oggi, però, abbiamo a disposizione un nuovo device, Shockwave, che utilizza onde d’urto, già applicate per la frammentazione dei calcoli renali. Questo dispositivo è costituito da un palloncino che viene gonfiato a livello dell’ostruzione calcifica ed emette ultrasuoni che rompono le ostruzioni di calcio. In questo caso specifico, tuttavia, considerata l’estensione gravissima delle calcificazioni nonché la sede del tronco comune, si sarebbero dovute effettuare multiple erogazioni di ultrasuoni e ciascuna con lunghi tempi di occlusione completa del flusso coronarico sul tronco comune. Quando le erogazioni diventano multiple e soprattutto di lunga durata, però, si ha un elevato rischio di aritmie maggiori sino alla fibrillazione ventricolare. Per questo il paziente è stato sottoposto contemporaneamente ad assistenza circolatoria extracorporea con ECMO, un dispositivo che funge da supplemento al cuore scaricandolo dal lavoro e mettendolo così a riposo. Infine, è stato necessario guidare l’intera procedura ed il corretto impianto degli stent in così gravi calcificazioni con sonda ecografica intracoronarica (Ivus) per verificare che l’intervento offrisse poi i migliori risultati immediati e a distanza”.

Redazione Nurse Times

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