Alle madri è stato richiesto di essere presenti durante il quotidiano prelievo del sangue, eseguito estraendo alcune gocce dal tallone.
Secondo uno studio condotto da un gruppo di studiosi dell’Università della Valle d’Aosta (composto da Manuela Filippa e Mariagrazia Monaci, in collaborazione col professor Didier Grandjean, dell’Università di Ginevra e dell’Azienda Usl Valle d’Aosta), la voce materna riduce i segnali del dolore nei bambini prematuri quando devono sottoporsi a procedure dolorose.
Gli studiosi hanno osservato gli effetti di un precoce contatto con la voce materna su 20 bambini prematuri all’ospdedale Beauregard di Aosta. Alle loro madri è stato richiesto di essere presenti durante il quotidiano prelievo del sangue, che viene eseguito estraendo alcune gocce dal tallone. Il momento dell’esame è stato videoregistrato e le espressioni facciali del bambino sono state codificate da osservatori “ciechi” alla condizione in cui era stato effettuato.
Sono stati anche misurati alcuni indicatori fisiologici del bambino, quali il battito cardiaco, l’ossigenazione e, tramite un prelievo di saliva prima e dopo l’esame del sangue, i livelli di ossitocina, l’ormone coinvolto nel legame di attaccamento e legato alla modulazione del dolore. La raccolta dati in ospedale è stata possibile grazie all’importante collaborazione di Carmen Spagnuolo e di tutto lo staff infermieristico, di Paolo Serravalle e Roberta Daniele. I risultati derivanti dalla loro analisi evidenziano una netta diminuzione delle espressioni facciali di sofferenza e un aumento dei livelli di ossitocina nel sangue dei bambini, quando le madri parlano loro durante il prelievo.
“Si trova un effetto maggiore quando la madre parla al suo bambino e non quando canta, e ciò può essere spiegato col fatto che parlando la madre adatta maggiormente l’intonazione della voce a quello che percepisce nel suo bambino mentre quando canta è limitata in misura maggiore dalla struttura della melodia”, affermano i ricercatori in una nota.
L’idea è di ampliare la ricerca, prendendo in considerazione anche la voce dei padri. Intanto i primi risultati dello studio valdostano ed elvetico sono già stati riportati in un articolo pubblicato il 27 agosto sulla rivista Scientific Reports, che si è già guadagnato l’attenzione di numerosi media internazionali oltre a un passaggio su BBC news.
“Una risonanza incoraggiante – commenta Mariagrazia Monaci –, che sottolinea il valore della collaborazione fra gli enti di ricerca presenti sul nostro territorio e ci sprona a continuare ad indagare sull’importanza della presenza dei genitori nel delicato contesto delle cure intensive. Oltre a esercitare un ruolo protettivo, il loro coinvolgimento nell’aiutare i loro bambini può aiutare a rinforzare il legame di attaccamento essenziale per lo sviluppo infantile, che è dato per scontato con i bambini nati a termine, ma può essere compromesso dalla condizione di separazione in cui i bambini prematuri affrontano i primi giorni di vita”.
Redazione Nurse Times
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