Lockdown e distanziamento non aiutano chi soffre di disfluenza. Lo dicono i dati diffusi dalla cooperativa sociale Psicodizione Onlus.
La balbuzie, o disfluenza, è uno dei disturbi del linguaggio più diffusi, e in questi ultimi mesi, caratterizzati dall’epidemia di coronavirus, i tanti bambini e ragazzi che ne soffrono sono stati messi ancora più a dura prova. Stando ai dati diffusi dalla cooperativa sociale Psicodizione Onlus durante l’ultima Giornata internazionale della balbuzie, è cresciuto il numero di bimbi che hanno iniziato a balbettare o che hanno visto peggiorare il disturbo. Il lockdown prima e il distanziamento poi hanno infatti interrotto le relazioni sociali e la routine, riducendo gli spazi vitali di bambini e ragazzi che, se balbuzienti, si sono trovati di fronte difficoltà ancora maggiori.
Spiega la psicologa ed ex balbuziente Chiara Comastri, di Psicodizione: «Nella didattica a distanza non ci si può appoggiare alla mimica, si è totalmente esposti agli altri con il solo linguaggio per farsi capire. In più ci si può vedere in video come in uno specchio, e così ci si accorge di smorfie e piccole forzature a cui magari non si era mai fatto caso e che mettono ancora più a disagio. Per questo tanti seguono le lezioni con la telecamera spenta. Con l’isolamento tra le mura di casa, poi, si perdono le abilità relazionali essenziali per il balbuziente, che lo salvano con gli altri».
Il ruolo della mimica – La comunicazione solo verbale elimina la possibilità di interagire coi gesti e questo acuisce le difficoltà di chi balbetta. La mascherina, poi, è un altro ostacolo, perché diminuisce la vista delle espressioni facciali e rende più faticoso esprimersi: lo «scusa, puoi ripetere?», che chiediamo tutti a chi parla dietro il rettangolo di stoffa, è un macigno per un balbuziente, che deve ricominciare daccapo a parlare quando magari era finalmente riuscito a finire una frase senza intoppi.
Come aiutare allora chi balbetta? «Facendolo sentire accolto e ascoltandolo come se stesse parlando in modo fluido, senza anticipare le parole o dirgli di star calmo – spiega Comastri –. Soprattutto è indispensabile capire che la balbuzie si può risolvere: non ci si deve convivere, accettando di non esprimere tutte le proprie potenzialità. Questo disturbo può compromettere le capacità di relazione e impedire di sviluppare appieno tratti di personalità. Tanti, per esempio, non sono timidi, ma si comportano come tali per nascondersi agli altri e non fare brutte figure».
Farsi aiutare – Della balbuzie si parla poco perché crea imbarazzo. Invece è essenziale non vergognarsi perché è possibile uscirne. Si può imparare a controllare e guidare i suoni, a liberare il pensiero dalla percezione degli inceppi e dall’idea pressante di non riuscire a esprimere quello che è così chiaro in testa.
«Bisogna lavorare sul suono e sulle emozioni, per esempio imparando a gustarsi le parole e la relazione con l’altro, ma soprattutto a gestire l’ansia e a trasformarla a proprio vantaggio – conclude Comastri –. Chi non balbetta, parla bene anche quando è agitato. Può riuscirci pure un balbuziente, se identifica e modifica gli schemi comportamentali e cognitivi che creano disagio e danno origine al blocco della parola».
Redazione Nurse Times
Fonte: Corriere della Sera
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