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Antimicrobico-resistenza: una pandemia silente

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Antibiotico-resistenza: una pandemia silente
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In Europa 670mila infezioni e 33mila decessi l’anno, di cui quasi un terzo in Italia.

Negli ultimi anni il fenomeno dell’antimicrobico-resistenza (AMR, AntiMicrobial Resistance) è aumentato notevolmente, rendendo necessaria una valutazione dell’impatto per la salute pubblica. In Europa, secondo quanto riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), si verificano ogni anno più di 670mila infezioni da germi antibiotico-resistenti, che causano circa 33mila decessi (di cui quasi un terzo in Italia, primo Paese a livello europeo) e sono responsabili di un significativo assorbimento di risorse (sanitarie e non), che ammontano a circa 1,5 miliardi di euro l’anno.

Sono alcuni dati anticipati alla vigilia del meeting scientifico “Antimicrobico-resistenza e One Health, Sfide attuali e prospettive future”, organizzato da VIHTALI (Value in Health Technology and Academy for Leadership and Innovation), uno spin-off dell’Università Cattolica, in programma quest’oggi a Roma, presso Starhotels Metropole.

L’evento è coordinato dalla dottoressa Giovanna Elisa Calabrò, ricercatore universitario di Igiene generale e applicata del Dipartimento di Scienze della vita e sanità pubblica dell’Università Cattolica, campus di Roma, nonché direttore operativo di VIHTALI, e dal professor Walter Ricciardi, ordinario di Igiene generale e applicata del Dipartimento di Scienze della vita e sanità pubblica dell’Università Cattolica, campus di Roma, nonché presidente del nuovo Osservatorio nazionale sull’antimicrobico-resistenza (ONsAR).

“La buona notizia – sottolinea Ricciardi – è che tre decessi su quattro di quelli correlati alle antibiotico-resistenze potrebbero essere prevenuti, la cattiva è che se non agiamo subito entro il 2050 la resistenza agli antibiotici potrebbe diventare più letale del cancro e prima causa di morte nel nostro Paese. Oggi andare in ospedale è pericoloso come il mountain climbing perché è alto il rischio di infezione correlata all’assistenza, con l’elevata possibilità di non poterla curare perché resistente ai farmaci disponibili. Nel 2050 l’AMR rappresenterà la principale causa di decesso a livello globale, mentre già oggi l’OMS lo considera tra le dieci principali minacce alla salute globale”.

E poi, in aggiunta al burden sanitario, l’AMR, a livello globale, è responsabile di oltre 192 milioni di anni di vita vissuti con disabilità – DALYs (Disability-Adjusted-Life-Years) – e di un impatto economico pari a 100 miliardi di dollari.

Lo sviluppo e l’impiego degli antibiotici, a partire dalla seconda metà del XX secolo, ha rivoluzionato l’approccio al trattamento e alla prevenzione delle malattie infettive e delle infezioni, permettendo un’evoluzione dirompente della medicina moderna. Tuttavia la resistenza agli antibiotici rischia di vanificare queste importanti conquiste.

Il problema della resistenza agli antibiotici è complesso e si correla a diverse cause, quali: l’aumentato uso di questi farmaci, nonché l’uso inappropriato, sia in medicina umana che veterinaria; l’uso degli antibiotici in zootecnia e in agricoltura; la diffusione delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) causate da microrganismi antibiotico-resistenti e una maggiore diffusione dei ceppi resistenti dovuto a un aumento degli spostamenti internazionali.

L’antibiotico-resistenza, dunque, rappresenta oggi uno dei principali problemi di sanità pubblica a livello mondiale, con un impatto importante sia dal punto di vista clinico – con un aumento della morbilità, della mortalità, dei giorni di degenza, la possibilità di sviluppo di complicanze e la possibilità di epidemie –, ma anche dal punto di vista economico a causa dell’aumento dei costi per l’impiego di farmaci e di procedure più onerose, per l’allungamento delle degenze ospedaliere e per la comparsa di invalidità.

È necessario un approccio One Health, ovvero uno sforzo congiunto di più discipline professionali (medicina umana e veterinaria, settore agroalimentare, ambiente, ricerca e comunicazione, economia e altre) che operano, a livello locale, nazionale e globale, con uno scopo comune che si può riassumere in tre obiettivi prioritari:

  1. prevenire e ridurre le infezioni, soprattutto quelle correlate all’assistenza sanitaria;
  2. promuovere e garantire un uso prudente degli antimicrobici;
  3. ridurre al minimo l’incidenza e la diffusione dell’antibiotico-resistenza e i rischi per la salute umana e animale a essa correlati.

L’antibiotico-resistenza è un fenomeno che necessita oramai di un cambiamento culturale a cui tutti sono chiamati, medici e pazienti, per riconoscere il valore fondamentale di queste importanti risorse terapeutiche, che hanno determinato un impatto importante in termini di qualità e durata della vita media.

“È cruciale ora più che mai investire nella produzione di nuovi antibiotici anche attraverso politiche che supportino il valore, l’accesso e l’innovazione dei nuovi antibiotici contro le resistenze batteriche – dichiara Ricciardi, ricordando le strategie chiave per il successo su questo fronte –. È necessario modificare la metodologia di valutazione dei nuovi antibiotici contro i ceppi batterici resistenti, adattando le attuali metodologie per la determinazione del valore degli antibiotici alle caratteristiche di questi farmaci, considerando il loro ruolo salvavita, tenendo presente che questo richiederà una prospettiva più ampia e l’analisi di scenari ed evidenze oltre a quelle necessarie per le attuali richieste di registrazione”.

Bisogna inoltre conferire lo status di farmaco “innovativo” ai nuovi antibiotici contro i ceppi batterici resistenti sulla base dei seguenti criteri: utilizzare indicatori specifici capaci di misurare efficacemente il grado di innovatività dei nuovi antibiotici, adattando, se necessario, gli attuali elementi di valutazione a supporto della richiesta di innovatività (bisogno terapeutico sulla base degli indicatori pubblicati annualmente dall’ECDC sui patogeni resistenti agli antibiotici, valore terapeutico aggiunto su patogeni resistenti agli antibiotici disponibili e robustezza delle prove scientifiche modulando la metodologia GRADE a seconda delle specificità dei nuovi antibiotici tenendo conto anche della capacità di contrastare efficacemente con meccanismi innovativi i principali meccanismi di resistenza batterica).

“È necessario, infine, identificare delle modalità di rimborso che garantiscano agli sviluppatori un ritorno economico tale da aumentare e mantenere nel tempo gli investimenti in ricerca e sviluppo in quest’area”, conclude Ricciardi.

Redazione Nurse Times

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