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Anche Beux replica ad Anelli: “La sanità non è del medico”

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Anche Beux replica ad Anelli: “La sanità non è del medico”
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Il presidente della Federazione nazionale degli Ordini TSRM-PSTRP ha scritto al leader FNOMCeO dopo le polemiche innescate dalla delibera della Regione Veneto sulle competenze avanzate in sanità. In precedenza lo aveva fatto anche la Federazione Nazionale degli Infermieri (Vedi articolo)

“La presa di posizione della FNOMCeO nei confronti della delibera della Regione Veneto dello scorso 29 ottobre appare più rappresentativa del passato che vogliamo lasciarci alle spalle che del futuro che in questo ultimo anno e mezzo abbiamo deciso di provare a costruire insieme”. Inizia così la lettera che Alessandro Beux, presidente della Federazione nazionale degli Ordini TSRM-PSTRP, ha indirizzato a Filippo Anelli, presidente della FNOMCeO, che il merito alla delibera della Regione Veneto aveva lamentato la mancata consultazione dei rappresentanti dei medici per “l’individuazione degli ambiti che richiedono l’espansione e/o l’estensione delle competenze proprie dei profili professionali”.

“Le rappresentanze istituzionali, sindacali e associative dei medici devono abbandonare il paradigma per il quale la sanità è il/del medico – prosegue Beux -: occorre che di fronte all’ineludibile richiesta di cambiamento, compresa la piena valorizzazione delle professioni sanitarie, le rappresentanze dei medici smettano di stare sulla difensiva, assumendo posizioni ostative o che ai più paiono tali. Quello che non convince è la supremazia che le rappresentanze mediche rivendicano anche su quel che riguarda le altre professioni. Non si comprende, a esempio, perché la nostra valorizzazione – in questo caso da parte di una Regione, ai sensi di quanto previsto dal CCNL e nel rispetto della normativa vigente – dovrebbe realizzarsi solo col contributo preliminare dei rappresentanti della professione medica”.

“Bisogna intendersi su alcuni concetti – aggiunge il presidente della Federazione -. Avendo come riferimento l’art. 32 della Costituzione, propongo di partire da quello di efficienza: fare scelte efficienti non significa fare scelte sulla sola base della convenienza economica, accettando di mettere a rischio la sicurezza e l’efficacia delle cure. Al contrario, nel concetto di efficienza c’è l’implicita garanzia a monte sia della sicurezza che dell’efficacia: si sceglie di fare quel che, a parità di sicurezza ed efficacia, richiede una minor quantità di risorse. Creare le condizioni formative ed organizzative affinché un infermiere, un’ostetrica, un tecnico di radiologia, una dietista, un logopedista, un’assistente sanitaria, etc… possano esprimere tutto il loro potenziale non è un irresponsabile atto di appropriazione indebita di ciò che è medico, bensì una scelta accorta e lungimirante in grado di garantire risposte sicure, efficaci ed efficienti, capace di contribuire concretamente alla sostenibilità del nostro sistema sanitario”.

“La formazione universitaria delle professioni sanitarie deve essere rivista – continua -: il triennio è ormai inadeguato rispetto a ciò che di teorico e pratico un neo-laureato deve conoscere. Servono un quarto e un quinto anno professionalizzanti, e non solo più a indirizzo gestionale. Inoltre, a favore dell’inter-professionalità a cui tutti facciamo riferimento sarebbe bene che la parte iniziale dei percorsi formativi fosse comune a tutte le professioni sanitarie, medici compresi, affinché sui fondamentali si parta e si cresca insieme, per ritrovarsi con maggior facilità dopo la fine dei percorsi formativi nel frattempo diversificatisi, quando e laddove saremo chiamati a cooperare per riconoscere e gestire i bisogni socio-sanitari degli individui a cui rivolgiamo la nostra opera. Il ministero della Salute deve farsi carico di quella funzione di indirizzo e coordinamento che gli è propria in tema di professioni sanitarie: deve recuperare quanto prima il tempo perduto negli ultimi 8 anni, assumendosi la responsabilità politica che questo tipo di scelta richiede”.

E ancora: “La società è già cambiata e con essa i suoi bisogni socio-sanitari. Sono cambiate anche la preparazione delle professioni sanitarie, la tecnologia a nostra disposizione, la conoscenza scientifica e le modalità di accedervi. Anni fa ci sarebbe dovuto essere un impulso centrale, come formalmente richiesto e sollecitato dalle Regioni, affinché il processo di valorizzazione delle professioni sanitarie si compisse nei termini necessari. Tale impulso non c’è stato, in parte per la resistenza fatta dalle rappresentanze mediche, in parte per la mancata determinazione ministeriale. Quel che non si è compreso -o si è compreso e si è irresponsabilmente accettato senza agire di conseguenza- è che in assenza di risposte centrali il bisogno locale permane e qualcuno deve farsene inevitabilmente carico, generalmente chi tra gli aventi titolo è più prossimo alla domanda ed è chiamato a rispondere in modo diretto. Le iniziative delle Regioni sono la comprensibile e condivisibile risposta periferica dovuta all’assenza di risposte innovative da parte delle Istituzioni centrali. L’iniziativa della Regione Veneto è ben impostata – basta leggere il contributo del relatore per rendersi conto del pensiero e del rigore metodologico che stanno alla base di quel che si sono ripromessi di fare – e, a ben guardare, non fa altro che ricondurre in modo molto responsabile quel che si è già diffuso nella pratica clinica all’interno di un contesto formativo e di certificazione trasparente e misurabile”.

Concludendo: “Sulla base di quanto abbiamo sinora condiviso, cogliendo la sensibilità e la disponibilità dell’attuale Ministro, diamo insieme quell’impulso centrale di cui c’è tanto bisogno laddove la sanità cessa di essere un concetto e una parola e si trasforma in valutazioni, decisioni e operatività. Abbandoniamo i dogmi, i pregiudizi, i timori e gli interessi di parte e, di volta in volta, avendo come faro e giudice l’art. 32 della Costituzione, individuiamo le modalità di risposta più efficienti, definendo oggetto, premesse, obiettivi, intervento, comparatore/i, tempi e modi per misurare i risultati. Le Regioni, le aziende, l’industria e le nostre professioni sono pronte, come lo sono le nostre associazioni scientifiche, le nostre istituzioni e le nostre OO.SS. Son certo che lo siano anche i medici e che possano esserlo anche le loro rappresentanze”.

Redazione Nurse Times

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