Secondo un recente studio, se prolungata nel tempo, riduce isolamento sociale e solitudine.
La presenza di un cane, indipendentemente dalla taglia e dalla razza, stimola a interagire le persone con la malattia di Alzheimer (la causa più comune di demenza nell’uomo: 500mila nuovi casi in Italia nel 2020), riducendo il loro isolamento sociale e la solitudine. Lo dice uno studio realizzato da un gruppo di lavoro multidisciplinare coadiuvato da Fausto Quintavalla, docente del Dipartimento di Scienze medico-veterinarie dell’Università di Parma, e pubblicato sulla rivista internazionale Animals.
La ricerca, compiuta dal gruppo composto dai docenti Giuseppina Basini, Alberto Sabbioni (Dipartimento di Scienze medico-veterinarie) e Paolo Caffarra (Dipartimento di Medicina e chirurgia), dalla psicologa Diana Spinelli e dai medici Simona Cao e Fiammetta M. Rossi, veterinari esperti in medicina comportamentale e approccio cognitivo zooantropologico, ha coinvolto 30 pazienti con malattia di Alzheimer e tre cani coterapeuti.
Nel corso dello studio si è notato che le persone che hanno avuto la possibilità di giovarsi della presenza del cane hanno ottenuto un miglioramento complessivo del proprio stato di benessere percepito, anche sul piano cognitivo e mnemonico. Ne consegue che gli interventi assistiti dagli animali contribuiscono al miglioramento del benessere sociale e globale. Due mesi dopo la fine delle sessioni con gli animali, tuttavia, i benefici dell’intervento tendono a diminuire progressivamente, suggerendo quindi la necessità di interventi prolungati nel tempo e correlati alla presenza dell’animale in modo costante nella routine dei pazienti.
Redazione Nurse Times
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