Il virus può rappresentare un fattore di rischio per la malattia che provoca problemi gravi alla memoria breve.
Uno studio condotto da un team tutto italiano, finanziato da fondi del ministero dell’Università e della ricerca (PRIN 2015) e pubblicato sulla rivista PLos Pathogens ha evidenziato una relazione tra la malattia di Alzheimer e il virus retroattivo dell’herpes simplex di tipo 1. Conclusione analoga a quella cui era giunta una revisione della letteratura pubblicata quasi due anni fa su Frontiers in Ageing Neuroscience.
“Le recidive delle ben note vescicole (sintomo dell’herpes labiale, ndr) sono dovute al fatto che il virus si annida, in forma latente, in alcune cellule nervose situate fuori dal cervello – ha spiegato la dottoressa Anna Teresa Palamara, coordinatrice del gruppo di ricerca del Dipartimento di Sanità pubblica e malattie infettive della Sapienza –. In seguito a diverse condizioni di stress (quali ad esempio infezioni concomitanti, calo delle difese immunitarie, ecc.) il virus si riattiva, va incontro a replicazione e successiva diffusione alla regione periorale”.
La ricerca, condotta sui topi, ha inoltre dimpostrato che in alcuni soggetti il virus riattivato è in grado di raggiungere zone del cervello, provocandovi danni che si accumulano nel tempo. “L’infezione da virus di tipo 1 dell’herpes simplex nei topi, subendo ripetute riattivazioni virali per tutta la vita, come si verifica in quegli esseri umani che soffrono di infezione ricorrente, innesca un progressivo accumulo di marcatori molecolari di neurodegenerazione e declino cognitivo che ricordano la malattia di Alzheimer fenotipo”, ha precisato la dottoressa Giovanna De Chiara, dell’Istituto di Farmacologia traslazionale del Cnr di Roma, anche lei impegnata nella ricerca.
Redazione Nurse Times
Lascia un commento