In pratica, gli operatori sono gli stessi che c’erano prima che esplodesse l’emergenza Covid.
L’Irpinia non ha ancora risolto il problema della carenza di personale sanitario, conclamato ormai da anni. Se il rapporto infermiere-paziente dovrebbe essere di 1 a 6, in provincia di Avellino è di 1 a 17, con conseguenti carichi di lavoro esorbitanti e pochissimo turnover. Un problema tanto più grave in questo momento, a un anno dall’esplosione della pandemia di coronavirus, con la campagna vaccinale che richiederebbe un adeguato numero di operatori per trovare il giusto slancio.
Sono circa 200 gli infermieri in meno rispetto a quanti ne servirebbero all’ospedale Moscati di Avellino, e almeno alti 150 nelle strutture dell’Asl. Anche perché molti di quelli assunti nel 2020 (130 solo nel presidio del capoluogo) lavoravano già con partita Iva o con le cooperative. Senza dimenticare che decine di operatori sono andati in pensione, anche con “quota 100”. Quindi gli infermieri irpini in prima linea (3mila quelli iscritti all’Opi, main realtà tantissimi lavorano fuori) sono gli stessi che c’erano prima che esplodesse l’emergenza Covid.
L’avviso pubblico per reclutarne tra quelli in pensione a titolo volontario, cioè senza retribuzione, non ha sortito effetti. A sentire i sindacati, restano in piedi un concorso per oltre 100 infermieri avviato a ridosso delle ultime elezioni regionali, che Fp Cgil ha ribattezzato “il concorso elettorale”, e un altro per 54 posti. Nel frattempo, come denunciano i rappresentanti degli operatori, le strutture pubbliche si svuotano e il numero insufficiente di infermieri è uno dei principali ostacoli all’apertura di nuovi centri vaccinali.
«Esisteva un grave stato di sottodimensionamento del personale già nell’ordinario – dice Romina Iannuzzi, segretario provinciale del sindacato Nursind –. Ma in questa condizione, in cui gli infermieri servono anche sulla campagna vaccinale, la situazione è precipitata. Senza infermieri, è impensabile che si possa accelerare, anche se verrà impiegata la Protezione civile».
In termini di mancato reclutamento, Iannuzzi pone anche la questione degli infermieri di famiglia: «L’Asl dovrebbe assumere 66 infermieri di famiglia a tempo indeterminato. Perché ancora non lo ha fatto? Si tratta di una misura appositamente prevista dal Dpcm di marzo per rafforzare le cosiddette Unità speciali di continuità assistenziale. Per realizzare una campagna vaccinale seria serviranno almeno un centinaio di infermieri».
Redazione Nurse Times
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