L’AIFEC (Associazione Infermieri di Famiglia e Comunità) scrive ai vertici della regione Lombardia, agli Ordini degli infermieri e alla Federazione Nazionale (FNOPI) criticando l’approvazione della delibera n° XI/5195 del 06/09/2021 sulle “….linee di progetto per l’attuazione di case e ospedali di comunità nella città di Milano”
Secondo gli infermieri di famiglia e comunità “interpretare il ruolo infermieristico quale ancillare del Medico è anacronistico e offensivo per la nostra professione”.
La nostra Redazione si era occupata nei giorni scorsi della delibera suindicata (Vedi Articolo NurseTimes.org) criticando il silenzio della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche e della presidente Barbara Mangiacavalli che in Lombardia è Direttore Socio-Sanitaria dell’ASST Nord Milano (Vedi Allegato nomina).
L’Associazione Infermieri di Famiglia e Comunità (AIFeC), nella nota, ritiene opportuno fornire alcuni chiarimenti riguardo al profilo e al ruolo stesso dell’Infermiere di Famiglia e Comunità. Dalla delibera, emerge una mancata conoscenza del ruolo a cui fa riferimento; questa mancata conoscenza e quanto ne deriva, penalizza i cittadini lombardi limitando il contributo prezioso che l’Infermiere di famiglia e di comunità può fornire al raggiungimento degli obiettivi di salute.
“L’Infermiere di Famiglia e Comunità, come indicato dalle Linee di Indirizzo del 17 Settembre 2020 elaborate dalla Conferenza Stato-Regioni, è definito come “un professionista appositamente formato, che ha un forte orientamento alla gestione proattiva della salute e opera rispondendo ai bisogni di salute della popolazione di uno specifico ambito territoriale e comunitario di riferimento, favorendo l’integrazione sanitaria e sociale dei servizi. Opera sul territorio, a seconda dei modelli organizzativi regionali, diffonde e sostiene una cultura di Prevenzione e Promozione di corretti stili di vita, si attiva per l’intercettazione precoce dei bisogni e la loro soluzione.
Garantisce una presenza continuativa e proattiva nell’area/ambito comunità di riferimento, fornisce prestazioni dirette sulle persone assistite qualora necessarie e si attiva per facilitare e monitorare percorsi di presa in carico e di continuità assistenziale in forte integrazione con le altre figure professionali del territorio, in modo da rispondere ai diversi bisogni espressi nei contesti urbani e sub-urbani. Svolge la sua attività integrandola in una più ampia rete di protezione sanitaria e sociale, in grado di attivare e supportare le risorse di pazienti e caregiver, del Volontariato, del privato sociale, e più in generale della comunità.
Agisce nell’ambito delle strategie dell’Azienda Sanitaria e dell’articolazione aziendale a cui afferisce, opera in stretta sinergia con la Medicina Generale, il Servizio Sociale e i tutti professionisti coinvolti nei setting di riferimento in una logica di riconoscimento delle specifiche autonomie ed ambiti professionali e di interrelazione ed integrazione multiprofessionale. Questi aspetti sono stati integralmente recepiti da altre Regioni. Collaborazione, integrazione, autonomia, ambiti professionali specifici, interrelazione ed integrazione sono le caratteristiche che descrivono la relazione tra l’Infermiere di Famiglia e Comunità e gli altri professionisti sanitari e sociali; interpretare il ruolo infermieristico quale ancillare del Medico è anacronistico e offensivo per la nostra professione. E sfavorisce i cittadini, in particolar modo quelli più fragili” si legge nella nota.
Ancora una volta infermieri vittime dell’egocentrismo dei medici, privi di ogni autonomia, contravvenendo ai principi previsti dalla legge che li istituiva.
Redazione Nurse Times
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