Quasi un anno fa era fuggita dalla casa di riposo di Faenza (Ravenna) che la ospitava per andare a rivedere i luoghi della riviera romagnola dove era stata in vacanza da bambina. Una storia commovente, quella di Beatrice Gullotta, detta Bice, allora 81enne. Tanto commovente da far scattare una gara di solidarietà che le aveva permesso di vivere autonomamente in un appartamento.
“Voglio vivere e morire dove mi pare”, diceva la donna, protagonista di un’avventura che la condusse a Bellaria-Igea Marina (Rimini). E così è stato, visto che venerdì scorso è morta per un infarto a Roma, dove si era trasferita.
“Conservo con affetto il ricordo dell’ultima volta in cui l’ho vista, quando, dopo avermi abbracciato, mi ha detto commossa: ‘Sono felice, tu sei mio figlio. Ti voglio bene'”. Così Giuliano Lelli Mami, l’avvocato che ha seguito Bice nel corso di questi mesi.
“Dopo l’allontanamento – continua il legale -, si è acceso un interesse mediatico e abbiamo lanciato un appello per vedere se c’era la disponibilità di affittare un appartamentino. Si è fatta avanti la Comunità di Sant’Egidio di Roma, che ha offerto alla signora Bice prima un un periodo di prova, poi era stato sottoscritto un comodato. Quando aveva visto la casa era entusiasta, soprattutto se la paragonava al posto dov’era prima. Lì non si trovava bene”.
In passato Bice aveva lavorato come direttrice delle Poste ed era stata sindacalista, prima di finire nella Rsa. Ad aprile 2023, però, decise che non poteva più vivere nella struttura alla quale l’avevano affidata i parenti, con cui aveva rotto i rapporti. Non sopportava più quella vita e una mattina se n’era andata, approfittando di un attimo di distrazione degli operatori e portando con sé l’agendina con indirizzi e numeri salvavita, oltre a un bastone per aiutarsi a camminare.
Bice era arrivata a Bellaria, all’Hotel Flora, dove era stata da piccola, e poi alla parrocchia di don Marco Foschi, che l’aveva accolta e rifocillata, ascoltando il suo sfogo sulla casa di riposo e su tutto quello che non le piaceva: “Solo minestrine, mele cotte e gente che grida di notte, invocando la madre”.
La storia era stata rilanciata da diversi media ed era partito un appello per trovara a Bice una nuova sistemazione. In parallelo, l’avvocato ha portato avanti una procedura davanti al Tribunale civile di Ravenna per sostituire il precedente amministratore di sostegno.
“Un’eredità della signora Bice era quella di portare avanti il cosiddetto progetto del Telefono Argento, cioè un servizio di aiuto e compagnia agli anziani”, continua l’avvocato. Non pensava solo a lei: voleva aiutare altri pensionati in difficoltà.
La figlia di Bice, Ornella Panciera, ha però voluto precisare in una nota: “Ha vissuto la sua vita in solitudine per un suo legittimo desiderio. Al momento era seguita scrupolosamente dal suo nuovo amministratore di sostegno e dalla comunità che l’aveva accolta a Roma. Negli ultimi tempi era domiciliata alla clinica Villa Mendicini, una Rsa di Roma dove è spirata per un attacco di cuore”.
Inoltre Ornella ha tenuto a precisare che “non era in alcun modo prevista la richiesta di revoca dell’amministratore di sostegno, né mai era stata avviata”, aggiungendo che quanto detto dal legale “non rispecchia la realtà” e che da quando è uscita la prima notizia sul caso “mia madre è stata sfruttata a beneficio di tutt’altro”.
Redazione Nurse Times
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