Un giovane straniero è stato accoltellato a Prato davanti ad un bar. Un infermiere domiciliato nelle vicinanze è intervenuto subito, bloccando la grave emorragia e di fatto salvandolo da morte certa.
In un periodo dove le presunte gesta di una presunta infermiera killer tengono banco tra le notizie di cronaca e dove i media insudiciano la nostra reputazione disinformando i cittadini a proposito della nostra figura professionale, accadono senza alcun clamore altre vicende… vicende decisamente diverse.
Riportate però solo su quotidiani minori e che evidentemente interessano molto di meno. Perché? Forse per il solito concetto del rumore dell’albero che cade molto più forte di quello della foresta che cresce… o forse perché spesso lanciare una bomba disinformante, anziché parlare di fatti, di realtà, di esempi positivi e delle nostre eccellenze italiane (che seppur decimate, continuano ad esserci), genera molta più audience.
Si conosce poco ad esempio la notizia dell’infermiera di Sanremo che pochi giorni fa ha salvato un signore colto da infarto (VEDI)… si conosce poco quella dell’infermiere di Terni che, fuori dall’orario di lavoro, ha salvato una vita nel parcheggio dell’ospedale dove presta servizio (VEDI). E sarà verosimilmente poco conosciuta anche quest’altra storia, che vi sto per raccontare.
Siamo davanti al Bar Sam, a Prato, nel quartiere del Soccorso (nome più che mai azzeccato). Il caldo sole di quest’esplosione promaverile sembra essere più clemente, vista la tarda ora pomeridiana. C’è un uomo di colore al telefono appoggiato ad un muretto ed un altro che gli va incontro in bicicletta. Ad un certo punto un gran trambusto, urla in una lingua incomprensibile, una lama scintillante che fende l’aria ed uno dei due ragazzi è a terra, in una pozza di sangue.
Franco (lo chiameremo così) è nella sua cucina, si sta facendo un bel caffè dopo il riposino pomeridiano. Ne aveva un gran bisogno dopo la mattinata piuttosto complicata passata in ospedale, dove lavora come infermiere. Sua moglie, infermiera anche lei, sta effettuando il turno pomeridiano e così, con l’idea di approfittare di quel rigenerante e quasi innaturale silenzio, decide di rilassarsi leggendo un bel libro acquistato qualche giorno prima. Sta iniziando a sorseggiare la sua bevanda calda davanti alla prefazione del romanzo quando lo raggiungono le urla incomprensibili. La finestra del suo salone da proprio sul piazzale antistante il bar, così si affaccia e individua l’uomo a terra. Sbuffa e si passa la mano sulla barba come a scansare dal viso ciò che rimane del suo sonno… ma non fa in tempo a prendere una decisione sul da farsi che l’infermiere che è in lui ha già percorso le scale a tutta birra ed è in strada con un paio di guanti in lattice in mano. Gli ci vuole poco a capire la situazione: il sangue che fuoriesce da quella gamba è tanto, troppo, e la ferita zampilla che è una meraviglia: è un’arteria, quella. Ed è grossa. Bisogna intervenire subito, altrimenti quel ragazzo, qualunque sia la sua età, la sua nazionalità, il suo credo ed il suo stile di vita, morirà dissanguato. Così fa chiamare immediatamente l’ambulanza da una delle persone presenti, pietrificate ed inebetite alla vista di tanto sangue, infila i suoi guanti in lattice, improvvisa un laccio-torniquet e lo posiziona ben stretto a monte della ferita. L’emorragia rallenta… il ragazzo è salvo.
Il ferito, dell’apparente età di trent’anni, è poi stato soccorso dal 118 ed è stato trasportato in codice rosso all’ospedale Santo Stefano, dove i medici si sono riservati la prognosi. Sul posto è poi arrivata anche la polizia per le indagini del caso, che ha recuperato poco distante il coltellaccio utilizzato per l’aggressione, una sorta di grossa mannaia.
L’aggressore è stato visto scappare a piedi con la maglietta sporca di sangue ed è tuttora ricercato. Ne avrà per poco. Tutto ciò sarà stato uno “strascico” dello scontro tra nordafricani avvenuto pochi giorni prima in piazza Mercatale? C’entra lo spaccio della droga? Bah… Franco non ama le chiacchiere e non si sofferma più di tanto ad ascoltare i vari commenti delle persone accorse per guardare.
Una volta che il “suo” assistito è andato via sull’unità mobile di soccorso si sfila i guanti, li getta in un cassonetto poco vicino e si dirige verso casa per finire il suo caffè. Che si è freddato, ma… che è meglio di niente. Inizia a leggere il suo libro, senza pensare che ha appena salvato una vita. Senza pensare che nessuno gli dirà mai “grazie”. Perché? Per lui è normale: è un infermiere.
Lascia un commento