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Accesso alle cure, Salutequità: “Come garantire maggiore equità col Nuovo sistema di garanzia dei Lea”

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Accesso alle cure, Salutequità: "Come garantire maggiore equità col Nuovo sistema di garanzia dei Lea"
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Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa di Salutequità.

Nonostante il finanziamento del Servizio sanitario nazionale sia passato da circa 114 miliardi di euro del 2019 agli oltre 124 miliardi del 2022, per arrivare ai 134 miliardi del 2024, il livello di rinuncia alle cure dei cittadini che ne avrebbero avuto necessità nel 2022 (Istat, ultimo dato pubblico disponibile) è peggiorato rispetto a quello del 2019 (pre-pandemia): dal 6,3% si è passati al 7%, con un incremento di 0,7 punti percentuali.

Rilevanti anche le differenze regionali nel 2022. Si passa dal 12,3% di rinuncia alle cure della Sardegna al 9,6% del Piemonte, per scendere fino al 4,7% della Campania (vedi tabella per tutti i dati regionali).

A preoccupare, inoltre, è il fatto che questo importante indicatore dell’assistenza sanitaria, come molti altri, ad oggi non vengono utilizzati dal ministero della Salute per verificare le performance delle Regioni nella capacità di garantire concretamente i livelli essenziali di assistenza (Lea) ai cittadini.

Stiamo parlando del Nuovo sistema di garanzia dei Lea (NSG), un sistema di monitoraggio e valutazione dell’operato delle Regioni, utilizzato dal ministero della Salute per assegnare ogni anno il “punteggio Lea”, funzionale anche all’erogazione di una parte del Fondo sanitario nazionale.

Approvato nel 2019, il NSG dei Lea è entrato in vigore nel 2020, ma i suoi indicatori oggi sono troppo pochi e deboli, e questo lo rende già vecchio e superato dalla realtà dei fatti: su 88 indicatori, solo 22 (un quarto quindi) concorrono all’assegnazione del punteggio alle Regioni (indicatori “core”).

Per questo Salutequità ha realizzato sull’argomento il suo secondo report “Valutare bene per garantire equità. Raccomandazioni per l’equità nel Nuovo Sistema di garanzia (NSG) dei Livelli Essenziali di Assistenza” (VISIBILE A QUESTO LINK), messo a punto insieme a 15 soggetti tra associazioni pazienti, società scientifiche, manager di strutture sanitarie, professionisti sanitari (AIOP, AISC, AISM, AMD, AMICI, APIAFCO, APMARR, CARD, Diabete Italia, Federsanità Anci, FIMMG, FNOPI, SIFO, SIT, UNIAMO), grazie al contributo non condizionato del Gruppo Servier in Italia, e presentato a Roma nel corso di un seminario nazionale di confronto alla presenza di molteplici stakeholder, esperti e decisori con l’obiettivo di rendere il diritto alla salute sempre più effettivo ed esigibile in tutte le Regioni.

“Il NSG – afferma Tonino Aceti (foto), presidente di Salutequità – dovrebbe essere uno strumento flessibile capace di adattarsi costantemente alle priorità di salute dei cittadini e a quelle di politica sanitaria del SSN, che sono in continua evoluzione, a partire dalle innovazioni previste dal PNRR, dal DM 77/2022 e dal Decreto Tariffe dei nuovi Lea. Questo vuol dire poter contare su un sistema dinamico di aggiornamento degli indicatori, oggi poco sfidanti (non solo per oggetto, ma anche per modalità di calcolo) e inadeguati a misurare la realtà vissuta dai cittadini, oltreché relativi ad un SSN del periodo pre-pandemico”.

Prosegue Aceti: “L’obiettivo del lavoro è dunque quello di proporre raccomandazioni condivise per perfezionare e ammodernare il Nuovo sistema di garanzia dei Lea in un’ottica di maggiore equità di accesso all’assistenza sanitaria. Senza maggiori e migliori controlli sull’assistenza erogata dalle Regioni, a fronte dei miliardi di euro stanziati per il SSN, non si va da nessuna parte. Senza contare che le ipotesi di assegnare più autonomia alle Regioni, non prevedendo contestualmente un rafforzamento del ruolo di controllo dello Stato a garanzia dell’unitarietà del SSN, rischiano di acuire ulteriormente le rilevanti disuguaglianze che esistono”.

Cosa manca

Solo per fare alcuni esempi che il report declina nel dettaglio: la necessità di misurare meglio i programmi di screening organizzato, ad esempio considerando anche le lesioni individuate, così come le coperture raggiunte per gli anziani non solo nella vaccinazione antinfluenzale, ma in tutte quelle previste dal nuovo Piano nazionale (pneumococcica e contro Herpes Zooster).

Ancora per le liste di attesa ci sono solo due indicatori, uno “core” e uno “no core”, e nessuno dei due verifica e garantisce il completo rispetto delle norme del Piano nazionale di governo delle liste di attesa e nulla c’è sul recupero delle prestazioni mancate durante la pandemia. Il livello di rinuncia alle cure per la misurazione dell’equità sociale è ancora considerato “no core”, mentre dovrebbe invece diventare “core” per la sua capacità di restituire un’informazione robusta sul ruolo delle regioni nell’eliminare o ridurre al minimo le disparità di salute, oltre che garantire un accesso, senza alcuna discriminazione, alle prestazioni sanitarie.

Mancano poi tra gli indicatori “core” quelli sulla prevenzione e gestione del rischio clinico e dei vari livelli di sicurezza degli ospedali, sul monitoraggio delle infezioni correlate all’assistenza, sull’umanizzazione delle cure negli ospedali e, tema caldissimo in questo momento, sui tempi di attesa al pronto soccorso (dove non è “sotto controllo” neppure l’applicazione delle linee di indirizzo sul triage) e per il ricovero ospedaliero.

Nulla tra gli indicatori “core” sull’aderenza alle terapie, sull’attuazione del Piano nazionale cronicità, anche con indicatori dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali e con la verifica della qualità, accessibilità ed equità dell’assistenza per le persone con malattie rare.

C’è poi da introdurre e mettere in primo piano la verifica dell’assistenza territoriale (medici e pediatri di famiglia, infermieri di famiglia e comunità, continuità assistenziale, rispetto del Decreto 77/2022 di riordino dell’assistenza territoriale per quanto riguarda anche l’ulteriore personale infermieristico, medico e delle altre professioni sanitarie) e per l’assistenza domiciliare integrata, tra le altre verifiche, la composizione delle equipe, le ore di assistenza ai pazienti.

Così come bisognerebbe prevedere tra gli indicatori “core” quelli sul rispetto degli standard e dei fabbisogni di personale in tutte le strutture disegnate dal PNRR (e indicate nei decreti applicativi) e per la rete delle cure palliative, anche con i relativi finanziamenti. Poi la stratificazione della popolazione (la demografia cambia gli orizzonti di cura) e tutto il capitolo della telemedicina, della teleassistenza e del fascicolo sanitario elettronico.

Le raccomandazioni di Salutequità

E’ necessario quindi, secondo Salutequità: prevedere un sistema di aggiornamento agile, flessibile e dinamico degli indicatori di monitoraggio attualmente previsti dal Decreto; integrare la composizione del Comitato Lea con la partecipazione di componenti laici (oggi “il controllore è anche il controllato”); garantire maggiore tempestività e dinamicità di pubblicazione dei punteggi LEA, rivedendo le attuali tempistiche “a consuntivo” (31 dicembre dell’anno successivo e non come ora che i dati sono ancora riferiti al 2019); implementare la previsione dell’intervento di potenziamento dei Lea da parte delle Regioni, come previsto dal Patto per la Salute 2019-2021; definire in modo sfidante le soglie di ciascun indicatore e verificare tutti gli ulteriori adempimenti Lea in modo sostanziale; ammodernare, rafforzare e integrare il sottoinsieme “core” del NSG con nuovi indicatori.

Redazione Nurse Times

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