Bentrovati. C’è un articolo del Codice Deontologico che recita lapidariamente così: “L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze ed i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale”.
Questo articolo e, mi riferisco per l’appunto all’”incriminato” articolo 49, è l’articolo in questi giorni sul banco degli imputati.
Seppur scritto con le migliori intenzioni, consente a numerose Organizzazioni Sanitarie di attuare politiche di “demansionamento costante” del personale infermieristico, soprattutto in questi tempi di crisi e tagli finanziari.
Questi, insieme ad altri fattori correlati, contribuiscono a creare non solo fenomeni di burn-out ma consentono di erogare un’assistenza infermieristica di bassa qualità.
“Con la scusa che il personale non c’è ed utilizzando come un’arma impropria norme deontologiche scritte per le emergenze e la tutela degli assistiti, si utilizzano professionisti per funzioni inferiori a quelle previste dal loro livello contrattuale, rendendo questa pratica non una soluzione per l’emergenza, ma un’abitudine” così sottolinea la Presidente Barbara Mangiacavalli in uno dei suoi articoli apparso sul sito dell’Ipasvi dal titolo “Stabilità 2016: poche assunzioni per infermieri e medici. Ora attenti ai contratti”.
“I 430 mila infermieri, di cui 280mila dipendenti del SSN – rincara la dose la Presidente – non resteranno a guardare lo smantellamento di un SSN universale ed uguale per tutti che ormai si sta riducendo ad essere selettivo e solo per pochi, miope sulla necessità di valorizzare le competenze dei suoi professionisti”.
Ora, Signori miei, con la “pretesa” di apparire pedante mi ostino a sottolineare che il problema “articolo 49” ha radici culturali molto profonde e che non servirà certo a depennare quattro righe per conquistare un’identità “costruita” nel tempo con fatica, sacrifici e sudore.
Quello che mi assilla piuttosto, ve lo giuro, è come mai le altre professioni sanitarie e mediche, nella fattispecie, non dispongono di un articolo deontologico così rilevante come il nostro e soprattutto come mai non sono tenuti anch’essi a sopperire alle “calamità” del SSN di cui anche loro fanno parte?
Compensare le carenze ed i disservizi, barcamenarsi perché il “barcone” della Sanità vada avanti, nonostante mille difficoltà, è stato sempre il “nostro” fiore all’occhiello.
I professionisti delle fatidiche “pezze a colore”, i professionisti che hanno sempre, tra numerose carenze, cercato e dovuto ingegnarsi ed inventarsi qualcosa per venirne fuori.
Vi lascio ma, prima di farlo, vorrei donarvi il pensiero di un Anonimo:
Un gruppo di persone che condivide un obiettivo comune può raggiungere l’impossibile
ma questa ahimè, è un’altra storia …
Scupola Giovanni Maria
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