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Svizzera, anziano morì in casa di riposo: assolto infermiere che decise di non provare a rianimarlo

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Quando è opportuno salvare una vita prossima alla fine? Chi decide se un malato terminale senza polso deve essere rianimato o meno? Su tali questioni si è espresso nei giorni scorsi il Tribunale del Distretto di Kulm, nel Canton Argovia (Svizzera), valutando il caso di un infermiere che quattro anni fa ha preso una decizione controversa durante un turno di notte in una casa di riposo.

Al suo secondo giro di ispezione, nelle prime ore del mattino, l’infermiere trovò un ospite di 74 anni che respirava a fatica nella sua stanza. Non riescendo a sentire il polso, chiamò la centrale di emergenza cantonale, ma non rianimò il residente. I servizi di emergenza arrivarono sul posto sette minuti dopo aver ricevuto la chiamata, potendo solo stabilire il decesso dell’uomo.

“Invece di iniziare immediatamente le misure di mantenimento in vita, e nonostante le quattro richieste del dipendente della centrale di emergenza, l’imputato ha riflettuto per diversi minuti se rianimare o meno l’uomo”, si legge nell’atto d’accusa della Procura, che ha chiesto per l’infermiere 24 mesi di reclusione con la condizionale e una multa di 1.500 franchi. Dato che l’imputato è un cittadino tedesco, è richiesto anche un divieto di espatrio di cinque anni. Il sanitario, che ha 65 anni, è stato esonerato dal processo. È ora in pensione e vive a Berlino per occuparsi dell’anziana madre.

Secondo il Codice penale svizzero, “chiunque omette di prestare soccorso a una persona (…) in imminente pericolo di morte, ancorché, secondo le circostanze, lo si potesse da lui ragionevolmente esigere (…) è punito”. Ora, è fuori discussione che il residente della casa di riposo fosse in imminente pericolo di vita. Sono le circostanze a essere valutate in modo diverso da accusa e difesa.

La tesi dell’accusa

Per l’accusa, una cosa è chiara: come professionista qualificato con oltre 30 anni di esperienza, l’infermiere era certamente in grado di iniziare a rianimare l’anziano prima dell’arrivo dei soccorritori. Inoltre non era a conoscenza del testamento biologico con cui l’uomo, nel 2019, aveva registrato la sua volontà di rinunciare alle misure di mantenimento in vita in caso di emergenza.

Secondo la Procura, inoltre, sarebbe irrilevante il fatto che l’uomo sarebbe probabilmente morto anche se l’imputato avesse provato a rianimarlo: “Lo ha abbandonato al suo destino”. E l’assistenza fornita dall’infermiere, che si è limitato alla chiamata di emergenza, “era chiaramente inadeguata”.

La tesi della difesa

La difesa sostiene una tesi diversa. Inanzitutto l’infermiere non aveva mai imparato a praticare le compressioni toraciche, né durante la sua formazione come infermiere in Germania né durante il suo lavoro in Svizzera, e in tutta la sua carriera non aveva mai eseguito manovre di rianimazione, nè vi aveva assistito.

Inoltre, nella casa di cura esistono linee guida secondo le quali i residenti non vengono generalmente rianimati. Il cosiddetto documento d’ingresso viene consegnato a tutti i residenti e ai loro parenti prima del ricovero. Secondo l’avvocato difensore, è quindi comprensibile che l’infermiere si sia limitato ad attendere l’arrivo dei soccorritori dopoa averli allertati.

E ancora, precisa la difesa, l’anziano era già gravemente malato quando si è trasferito nella casa di riposo: soffriva di diabete e aveva un cuore danneggiato. Ciononostante, mangiava dolci, con il benestare dei suoi parenti. E nonostante il consiglio di un medico, rifiutava di essere ricoverato in ospedale.

“L’obiettivo delle cure palliative in una casa anziani non è curare, ma migliorare la qualità della vita – ha detto l’avvocato difensore -. Con le sue azioni e il testamento biologico esistente, l’uomo aveva espressamente espresso la volontà di accettare la sua morte imminente”.

La sentenza di assoluzione

La sentenza emessa dal Tribunale distrettuale ha accolto integralmente le argomentazioni della difesa, assolvendo l’infermiere dall’accusa di non aver fornito assistenza di emergenza. Le spese del procedimento sono state sostenute dallo Stato. Entrambe le parti possono comunque impugnare la decisione, che dunque e non è ancora giuridicamente vincolante.

Redazione Nurse Times

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