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Sindrome da apnee notturne (OSAS), il rischio ictus è doppio e anche l’esposizione a deficit cognitivi aumenta

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Il legame con patologie gravi come ictus e demenza rendono la diagnosi della sindrome da apnee ostruttive del sonno (OSAS) una priorità di sanità pubblica. L’allarme è particolarmente rilevante per l’Italia, dove l’OSAS è molto diffusa, ma notoriamente sotto-diagnosticata. Si stima che le persone affette da apnee notturne (con un indice sopra i cinque eventi ogni ora) siano circa 7 milioni di soggetti adulti, sebbene i casi più conclamati si attestino intorno a 2 milioni.

Nonostante i numeri importanti, su circa 12 milioni di casi medio-gravi stimati, solo il 4% riceve un accertamento diagnostico. Di conseguenza, si ritiene che oltre l’80% degli individui colpiti da OSAS non sia consapevole di soffrire di questa condizione e che la prevalenza nella popolazione tra i 30 e i 69 anni sia stimata intorno al 20,5%.

ICTUS CEREBRALE

L’urgenza di aumentare la conoscenza dei pericoli e la diagnosi di OSAS, che nel mondo si stima colpisca quasi 936 milioni di adulti di età compresa tra 30 e 69 anni, viene ribadita da uno studio, coordinato da ricercatori del Korea University Ansan Hospital, pubblicato sulla rivista Jama Network Open, che ha monitorato per otto anni 1.441 individui, scoprendo che le apnee del sonno aumentano di ben 2,14 volte il rischio di micro-emorragie cerebrali.

Queste lesioni, singolarmente asintomatiche, sono considerate un campanello d’allarme e un fattore che nel tempo può incrementare il rischio di ictus e demenza. In particolare, per le persone che avevano almeno 15 apnee all’ora, il rischio di micro-emorragie è risultato essere del 7,25% nell’arco di otto anni.

“Dato che l’OSAS è un fattore di rischio modificabile, la patologia da moderata a grave dovrebbe essere un obiettivo prioritario per la diagnosi precoce e la prevenzione dei futuri eventi cerebrovascolari e del conseguente declino cognitivo”, commenta il professor Stefano Di Girolamo, otorinolaringoiatra, ordinario all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, che sottolinea la necessità di una maggiore consapevolezza riguardo ai rischi.

DEFICIT COGNITIVO

Un altro studio, pubblicato su Brain and Behavior, si è concentrato sul ruolo della frazione di estrazione dell’ossigeno, quale potenziale biomarcatore per i deficit cognitivi associati alle OSAS. La frazione agisce come una sorta di “manometro metabolico” del cervello: nei pazienti affetti, questo manometro indica che l’efficienza con cui il cervello estrae l’ossigeno dal sangue è ridotta. Quando questa riduzione è particolarmente evidente in aree critiche come la corteccia frontale, ciò si manifesta direttamente tramite difficoltà nelle funzioni cognitive che dipendono da quelle aree, come la memoria di lavoro.

Lo studio ha confrontato 15 pazienti affetti con 16 controlli sani, utilizzando la risonanza magnetica e la mappatura quantitativa della suscettibilità per misurare la frazione di estrazione dell’ossigeno e valutare le performance cognitive. I risultati principali indicano che i pazienti con OSAS presentano valori della frazione di estrazione dell’ossigeno significativamente inferiori in diverse regioni della corteccia cerebrale rispetto ai controlli, suggerendo un’alterazione del metabolismo cerebrale dell’ossigeno.

“I risultati di questi studi aggiungono dei tasselli fondamentali al quadro clinico dell’OSAS, legando direttamente le apnee notturne al rischio neurologico cronico, come la demenza. L’ipossia intermittente, cioè la carenza di ossigeno durante la notte, danneggia il cervello in modo silenzioso. È essenziale che il forte russamento e la sonnolenza diurna vengano riconosciuti come sintomi primari, non come semplici fastidi, e che si proceda rapidamente alla polisonnografia, l’esame diagnostico fondamentale. Curare le apnee del sonno non significa solo migliorare la qualità della vita, ma è una vera e propria strategia di neuroprotezione”.

SINTOMI E FATTORI DI RISCHIO

I sintomi delle OSAS sono il russamento, i micro risvegli durante il sonno, una eccessiva sonnolenza diurna, la facile irritabilità, la perdita di energia e la difficoltà di concentrazione. Fra i fattori di rischio vanno annoverati: l’obesità, il fumo, i farmaci tranquillanti, l’abuso di bevande alcoliche, la familiarità, l’età e le ostruzioni presenti nelle vie aeree.

DIAGNOSI

Dopo l’esame obiettivo, lo specialista otorinolaringoiatra esegue la fibrolaringoscopia per visualizzare le ostruzioni a livello delle vie respiratorie e prescrive la polisonnografia, un esame in grado di offrire il corretto inquadramento e che consiste nella registrazione di numerosi parametri fisiologici durante il sonno.

TRATTAMENTI

Il primo approccio terapeutico è la perdita di peso per i pazienti obesi o gravemente in sovrappeso. Clinicamente, si consiglia anche l’uso della CPAP, un dispositivo meccanico (una maschera) che supporta la respirazione notturna del paziente. Non tutti i pazienti, però, tollerano la CPAP o riescono a dimagrire. Per questa porzione di pazienti (circa il 30% del totale), la soluzione è la chirurgia. Gli interventi chirurgici sono personalizzati e variano a seconda del punto in cui si trova l’ostruzione delle vie aeree, che può insistere a livello del naso, del cavo orale o dell’ipofaringe.

OSAS NEL MONDO

Secondo una recente revisione a livello globale i dati sulla prevalenza dimostrano notevoli disparità regionali, con alcuni dei tassi più elevati osservati in Nord e Sud America e in regioni specifiche dell’Asia. Ad esempio, uno studio completo condotto negli Stati Uniti ha rilevato che il 26% degli individui di età compresa tra 30 e 70 anni aveva almeno una OSA lieve, mentre il 10% aveva una OSA da moderata a grave. Al contrario, le stime della prevalenza di OSAS nelle nazioni europee sono in genere inferiori, variando dal 6% al 17%.

La prevalenza delle OSAS è significativamente influenzata da alcuni fattori demografici. L’età è un fattore critico nell’insorgenza dell’apnea. Alcuni studi suggeriscono che fino al 90% degli uomini e il 78% delle donne di età superiore ai 70 anni possono presentare almeno una forma lieve di OSA. La maggior parte degli studi indica un rapporto maschi-femmine da 2:1 a 3:1 nella popolazione generale. Tuttavia questa differenza si riduce nelle fasce di età più avanzate e può essere influenzata dalla sottodiagnosi nelle donne.

Redazione Nurse Times

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