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Diabete, create isole pancreatiche umane con stampa 3D: possono sopravvivere e funzionare fino a tre settimane

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Un team di lavoro guidato dal professor Giuseppe Orlando, chirurgo dei trapianti e professore ordinario di Chirurgia e medicina rigenerativa alla Wake Forest University di Winston Salem (Usa) ha firmato un grande successo per la medicina rigenerativa, creando in laboratorio isole pancreatiche umane con stampa 3D in grado di sopravvivere e funzionare fino a tre settimane.

Il risultato è stato presentato durante l’ultimo congresso della Società europea per il trapianto d’organo e potrebbe rappresentare una svolta nel trattamento del diabete di tipo 1. La chiave di volta è un bioinchiostro innovativo a base di alginato e matrice extracellulare pancreatica decellularizzata, in grado di ricreare l’ambiente naturale in cui vivono le isole pancreatiche.

“Il nostro obiettivo era ricreare l’ambiente naturale del pancreas affinché le cellule trapiantate potessero sopravvivere e funzionare meglio – ha spiegato il dottor Quentin Perrier, membro del gruppo di ricerca -. Abbiamo usato un bioink speciale che imita la struttura di supporto del pancreas, fornendo ossigeno e nutrienti essenziali”.

Oltre a rimanere vitali, le isole stampate in 3D hanno dimostrato una funzionalità superiore anche ai trapianti tradizionali, con oltre il 90% di vitalità cellulare e una risposta insulinica efficace e prolungata al glucosio. Le isole hanno mantenuto la loro struttura senza aggregarsi o rompersi, andando oltre il principale limite legato agli approcci precedenti.

“Abbiamo regolato con precisione le impostazioni chiave per ridurre lo stress fisico e mantenere la forma naturale delle isole”, ha aggiunto Perrier. Giuseppe Orlando non ha dubbi sul valore di questa innovazione: “La stampa 3D permette per la prima volta di standardizzare il trapianto: possiamo produrre foglietti di isole pancreatiche uniformi, impiantarli in sedi facilmente accessibili, e perfino rimuoverli o farne una biopsia se necessario”.

Sempre Orlando: “L’attuale trapianto intraepatico è efficace solo in parte: circa la metà delle isole muore subito dopo l’infusione, a causa dell’ambiente povero di ossigeno. Noi, invece, stiamo ricreando una vera e propria nicchia biologica in vitro. Il futuro sarà delle cellule staminali e delle isole xenogeniche, derivate da maiali geneticamente modificati. Stiamo già sperimentando impianti con progenitori cellulari e stiamo crioconservando i costrutti per creare biobanche accessibili. L’obiettivo? Un prodotto off-the-shelf, cioè pronto all’uso”.

“Questo è uno dei primi studi a utilizzare vere isole umane, e i risultati sono incredibilmente promettenti – ha sottolineato Perrier -. Ci stiamo avvicinando a una terapia pronta all’uso per il diabete che potrebbe eliminare, un giorno, la necessità di iniezioni di insulina”.

Oltre al grado di innovazione, la caratteristica di questa tecnica è la semplicità chirurgica. Non c’è bisogno di chirurgia maggiore: l’intervento può essere eseguito a livello ambulatoriale e per molti pazienti potrebbe rappresentare l’eliminazione della necessità di iniezioni di insulina quotidiane.

“Anche se c’è ancora molto lavoro da fare – ha concluso Perrier –, questo nuovo metodo rappresenta un passo fondamentale verso terapie personalizzate e impiantabili. Se confermato dagli studi clinici, potrebbe rivoluzionare la qualità di vita di milioni di persone”.

Redazione Nurse Times

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