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Rapporto Agenas: nei nostri ospedali mancano medici ed infermieri. Abbondano gli ‘amministrativi’

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Agenas: "In Italia il numero dei medici è superiore alla media europea, ma mancano gli infermieri"
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L’analisi sui bilanci degli ospedali italiani fatta dall’Agenas ha evidenziato un deficit di 915 milioni di euro, la maggior parte delle perdite è stata registrata nei nosocomi del Lazio, del Piemonte, della Toscana, della Sardegna e della Calabria

Spese per lavanderia, riscaldamento o mensa che raddoppiano o addirittura triplicano da un ospedale all’altro. Personale assunto a palate negli anni che gonfia a dismisura le piante organiche. Soprattutto di amministrativi, quando casomai mancano medici ed infermieri per i servizi di pronto soccorso  

I NUMERI IN ROSSO  

E’ una mappa degli sprechi da almeno un miliardo quella messa a punto, su mandato della Lorenzin dall’Agenas, l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, che ha fatto le pulci ai bilanci degli ospedali di 14 regioni. Tutte le più importanti, meno Veneto ed Emilia delle quali mancano i dati.

Ad essere tinti di rosso sono 29 grandi ospedali d’Italia, concentrati in Piemonte (4), Liguria (2), Toscana (4), Marche (1), Lazio (9), Calabria (4), Sardegna e Campania (uno ciascuna). Un buco da 915 milioni, destinati a sforare il miliardo quando saranno disponibili i dati di tutte le regioni.

In questa classifica gli ospedali delle regioni meridionali sono tra i più virtuosi, fanno eccezione la Calabria e la Sardegna che registrano rispettivamente una perdita di 40,537 milioni di euro e di 55,790 milioni di euro. Il deficit più alto si registra invece negli ospedali del Lazio, che da soli nel 2014 hanno generato una perdita di 707 milioni di euro.

Numeri che non fanno dormire i manager ospedalieri perché d’ora in avanti chi non turerà la falla in tre anni perderà il posto. La legge di stabilità appena approvata prevede infatti che i direttori generali degli ospedali in rosso presentino un piano di rientro triennale, che spetterà poi ai ministeri della Salute e dell’Economia oltre che alla Agenas monitorare. Se non lo faranno decadranno. Idem se dopo tre anni il bilancio non tornerà in pareggio. Una svolta voluta dalla Lorenzin, rispetto alla pacchia delle regioni Pantalone, che fino ad oggi hanno ripianato a piè di lista sforamenti e sprechi. Che a leggere le tabelle dell’Agenas sembrano abbondare. 

IL CASO ROMANO  

Per far capire dove abbiano origine quei buchi l’Agenzia ha messo a confronto quattro ospedali, due in deficit e due no, confrontabili tra loro per numero di posti letto, reparti e livello delle prestazioni offerte in base al piano esiti del ministero della salute. Prendiamo il “San Camillo” di Roma, che ha il disavanzo record d’Italia (-158 milioni) e confrontiamolo con gli Ospedali Riuniti di Ancona, che riesce a chiudere con un leggero attivo. Allora scopriamo che il nosocomio romano intorno a poco meno di mille letti fa affaccendare 4148 dipendenti. Anche se poi si scopre che l’11% sono amministrativi, quando la percentuale standard sarebbe del 7%.

Ad Ancona per un numero di letti più o meno analogo di addetti ne bastano invece 3461. Per non parlare di spese per beni e servizi non sanitari. Cose come mensa, lavanderia o riscaldamento. Che non puoi dire io costo di più perché trapianto cuori artificiali. Ebbene al San Camillo si spendono 80 milioni ad Ancona quasi metà: 45. Poi si scopre che a Roma in passato si è andati avanti senza gare d’appalto e si capisce meglio. 

IL SUD

Prendiamo ancora gli ospedali di Cosenza e Cannizzaro in Sicilia. Il primo in deficit per 8,5 milioni, il secondo in leggero attivo. Anche a Cosenza gli amministrativi abbondano e ci lavorano quasi 700 addetti in più che a Cannizzaro. Eppure a vedere i dati del Piano esiti non sembra che nell’ospedale calabrese si guarisca di più e meglio. E anche qui per i servizi non sanitari chi è in deficit spende 5 milioni in più. “Finalmente abbiamo un sistema che consente di intervenire preventivamente e non a scopo ispettivo”, dice il direttore dell’Agenas, Francesco Bevere. “Senza contare – aggiunge – che questo sistema può contribuire alla diffusione ed al trasferimento delle buone pratiche, mediante audit clinici, organizzativi e gestionali”.

Fonte: lastampa.it

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