Il Collegio Ipasvi di Firenze attraverso un comunicato stampa, invita a rivedere il concetto del cosiddetto “numero chiuso” per i Cdl in Infermieristica, quindi arrivare ad un diversa modalità per calcolare il fabbisogno infermieristico passando ad una programmazione che dovrebbe tener conto di diversi fattori. Proposta che partendo dalla Toscana potrebbe essere successivamente estesa nel resto delle regioni italiane
Dalla ricerca epidemiologica di Angelo Mastrillo, segretario della Conferenza Nazionale dei corsi di laurea delle professioni sanitarie, sui “Corsi di laurea delle professioni sanitarie. Dati sull’accesso ai corsi e programmazione posti nell’a.a. 2015-2016” emerge come in Italia non esistano sistemi di programmazione comuni. L’unico criterio condiviso è quello del 4 per cento calcolato sul totale della popolazione professionale e inteso come naturale turn over. Per il resto, invece, ogni Regione dà indicazioni diverse.
“La nostra proposta – spiega Gabriele Ballerini, consigliere del Collegio IPASVI di Firenze – è quella di rivedere il sistema di accesso ai corsi di laurea in Scienze Infermieristiche per creare un metodo condiviso in tutto il paese, con una prospettiva che guardi anche agli anni a venire”.
I numeri, in Toscana, parlano chiaro. La professione infermieristica, infatti, è cambiata e sta cambiando rapidamente. Basti pensare che i lavoratori autonomi sono passati dal 3 per cento del 2008 al 30 per cento del 2014. Contemporaneamente i contratti a tempo indeterminato sono scesi dal 57 al 13 per cento, mentre i part-time hanno subito una repentina impennata, dall’1 al 36 per cento. “Queste percentuali devono far riflettere – continua ancora Ballerini – ed è necessario prendere atto che è inutile mantenere alto il numero chiuso per entrare ai corsi di laurea se non ci sono sbocchi in uscita. Il numero dei laureati che lavorano si è, infatti, abbassato drasticamente dal 2008 al 2014, passando dal 95 al 68 per cento. Anche la retribuzione ha risentito di questo fenomeno. I guadagni sono diminuiti, soprattutto per le donne”.
In Toscana, per gli infermieri, ci sono circa 300 posti di lavoro ogni anno. Per questo il Collegio IPASVI chiede alla Regione di specificare qual è il metodo per calcolare il fabbisogno di questi professionisti sanitari. “Il sistema – conclude Ballerini – deve essere ripensato tenendo anche in considerazione il tasso di coloro che si iscrivono e poi abbandonano l’università, quello di occupazione e i dati di Almalaurea. Questo modello potrebbe essere esportabile e condiviso”.
La sfida, insomma, parte da qui.
Giuseppe Papagni
Fonte: Ipasvi – Ufficio Stampa
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