La malattia di Parkinson rappresenta una causa importante di disabilità neurologica ed è la seconda malattia neurodegenerativa in ordine di prevalenza dopo la malattia di Alzheimer. I costi diretti e indiretti per la società sono molto elevati, mentre il malato e chi lo assiste vede comunque ridotta di molto la qualità di vita. Viene così motivata la ricerca di un servizio soddisfacente da offrire al paziente affetto da malattia di Parkinson, attraverso una buona formazione del personale infermieristico addetto all’assistenza che, coinvolto nel percorso dell’impianto di una PEG e del suo utilizzo, deve poter dimostrare competenza e affidabilità nella risoluzione dei piccoli o grandi inconvenienti che possono verificarsi.
La malattia di Parkinson è oggi classificata tra i cosiddetti “disordini del movimento”. Si riscontra più o meno nella stessa percentuale nei due sessi ed è presente in tutto il mondo. Nella maggioranza dei casi, la causa è sconosciuta (Parkinson Idiopatico); i primi sintomi si notano intorno ai 60 anni, ma possono comparire a qualsiasi età.
La malattia di Parkinson è una patologia cronica e degenerativa; i primi sintomi sono lievi, ma peggiorano con il tempo, arrivando alla fase avanzata dopo circa 10 anni dalla diagnosi.
I quattro sintomi cardinali sono:
- tremore,
- rigidità,
- bradicinesia,
- instabilità posturale.
L’esordio della malattia in genere è caratterizzato da sintomi aspecifici e monolaterali (emisoma destro o sinistro) quali: dolore a un arto, lievi tremolii, difficoltà ad alzarsi da una sedia, abbassamento del tono della voce, difficoltà a scrivere e micrografia (scrittura piccola), difficoltà a seguire una conversazione o a elaborare un pensiero, stanchezza, irritabilità, depressione senza un apparente motivo, perdita dell’olfatto. Con il progredire della malattia e con la progressiva perdita di neuroni dopaminergici, amici o familiari sono spesso i primi a notare un cambiamento: il viso perde espressione e vivacità, compare rigidità e un’insolita lentezza nel camminare, un piede viene trascinato, le braccia rimangono rigide. È sempre più complicato svolgere in autonomia le attività della vita quotidiana: gli utensili sono difficili da controllare e la lettura di un giornale diventa un’impresa quasi impossibile, fino a che l’andatura subisce un ulteriore peggioramento, il paziente si sporge in avanti, fa piccoli passi, ha una tendenza ad accellerare (festinazione) e a piegarsi su un lato (sindrome della torre di Pisa); incontra notevoli difficoltà a iniziare un movimento; ha blocchi improvvisi definiti “freezing” (il piede rimane incollato al pavimento) alternati a movimenti involontari incontrollabili (discinesie, effetto collaterale del trattamento farmacologico) che, assieme a un deficit dell’equilibrio, possono portare a frequenti cadute. La progressione della malattia è più o meno lenta, ma imprevedibile; i sintomi ormai interessano anche l’emisoma controlaterale in forma “leggermente meno evidente”.
Il trattamento di scelta è rappresentato dalla Levodopa (precursore della dopamina), in associazione con Carbidopa o Benserazide. La terapia con Levodopa tende, tuttavia, a perdere di efficacia con il passare del tempo e richiede l’introduzione di altri farmaci in associazione. L’aspettativa di vita media di un paziente è generalmente la stessa di una persona sana, tuttavia nel paziente parkinsoniano in fase avanzata si verificano con una frequenza più elevata cadute e complicanze di tipo respiratorio (per esempio, polmonite “ab ingestis”) che possono portare alla morte.
CALABRESE Michele
FIORELLA Ruggiero
Bibliografia:
Lopiano L. Trattamento della Malattia di Parkinson in fase avanzata.
Linee guida per il trattamento della Malattia di Parkinson. Neurological Science 2002, suppl. 23.
Ludin HP. Direttive per il trattamento della Malattia di Parkinson.
Meco G. L’impatto economico della Malattia di Parkinson.
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