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Lettera di un infermiere: “Mi viene negato di poter lavorare in sicurezza e adempiere ai miei doveri”

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Fuga degli infermieri dalla professione: sottopagati, precari. Turni massacranti per chi resta
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Riportiamo di seguito una lettera ricevuta da un collega infermiere che analizza l’attuale situazione presente in molti reparti ospedalieri italiani.

Cara redazione,

Ho letto da poco una lettera da un utente che ha elogiato il personale medico e infermieristico del Pronto Soccorso di Busto Arsizio.
Durante la lettura, e leggendo i commenti di altre persone in merito ad esperienze personali, non ho potuto che sorridere e, in parte, provare un senso di disagio. Sono un infermiere e mi sono sentito toccato da vicino. Mi permetta di spiegarle le motivazioni di tale disagio.

Si leggono mille argomentazioni, esperienze personali, aneddoti che riguardano il personale ospedaliero; la cronaca puntualmente addita una struttura piuttosto che un’altra per casi di “malpractice”. Sono da sempre un grande sostenitore della giustizia in senso lato, quindi sono il primo a dichiarare che è giusto, anzi, doveroso, da parte dei media, informare il popolo italiano circa le vicissitudini disastrose, dannose e raccapriccianti che succedono negli ospedali o nelle strutture private nel nostro Paese.
Ma, ed esistono tanti “ma”, la malpractice è sempre esistita. Solo da qualche anno, forse emulando gli altri stari “l’affare sanitario” è diventato di dominio pubblico. Da qualche anno il SSN è cambiato. Da qualche anno la formazione universitaria è cambiata e consequentemente il modo di “fare sanità“… almeno per quanto riguarda gli infermieri.

Forse non tutti sanno che…
  • gli infermieri sono laureati, ora.
  • gli infermieri posso accedere a Master di I e II livello od accedere ad una Laurea Magistrale.
  • gli infermieri sono pochi, su tutto il territorio nazionale, in relazione al fabbisogno reale nelle strutture pubbliche.
  • gli infermieri statali sono sottopagati.
  • gli infermieri statali lavorano in strutture che non consentono loro di eseguire il proprio lavoro in sicurezza, in autonomia, per il benessere delle persone che assistono.
  • gli infermieri fanno turni su turni su turni, talvolta sono reperibili, saltano le ferie se un collega si ammala, rientrano dai riposi che spettano loro di diritto dopo le notti se il bimbo della collega ha la febbre e lei non può venire a fare il turno del mattino.
  • gli infermieri fanno il loro lavoro, quello degli ausiliari, degli Operatori Socio Sanitari (perchè non tutte le strutture hanno, appunto, gli OSS), dei fisioterapisti, dei nutrizionisti, dei medici, ….
  • gli infermieri compilano carte su carte, al pc o su centinaia di fogli che vanno a completare la cartella integrata, per ogni singolo paziente che passa nel reparto.
  • gli infermieri non hanno più il cosiddetto Mansionario, documento che indicava per filo e per segno le mansioni che potevano o non potevano eseguire. Ora sono “allo sbaraglio”, aggrappati a quella cosa che si chiama COMPETENZA e che molto spesso è in conflitto con il loro dovere e quello del medico, con l’ignoranza collettiva e l’organizzazione interna di un reparto o di una struttura.
  • gli infermieri in alcuni reparti sono da soli di notte, con 15-20 pazienti, di cui alcuni operati il giorno stesso. Il medico di reparto non c’è. È a casa e viene solo se chiamato per un’urgenza. C’è solo il medico di guardia presente in ospedale, che sta in Pronto Soccorso e cura tutti pazienti afferenti ad un Dipartimento (es. tutti i reparti chirurgici). L’infermiere di turno prega che il signore al letto 1, operato alla lingua, non abbia complicanze di notte, perché c’è l’Urologo di guardia giù in Pronto Soccorso….
  • gli infermieri, la mattina, distribuiscono i farmaci, medicano ferite e lesioni, lavano i pazienti, li aiutano a mobilizzarsi, corrono avanti e indietro perchè mentre la signora Giusy, operata il giorno prima, si alza e sviene, il signore alla camera di fianco ha finito la trasfusione; è salito contemporaneamente il giovane Luca al letto 8 operato da poco ed è da mettere a letto, i medici sono spariti, la collega è chiusa in una camera a fare prelievi di sangue, l’altra sta cercando da sola di rimettere a letto un paziente sovrappeso senza l’aiuto di nessuno, i parenti ti chiamano perchè le flebo sono finite, “La nonna vuole l’acqua”, “Il riscaldamento è troppo alto”, “MA QUANDO PASSANO I MEDICI?”; suona il telefono… la radiologia vuole il paziente che deve controllare che lo stent sia ben posizionato, la pediatria gradirebbe in 8 secondi uno specialista per controllare il piccolo bimbo in lacrime che ha mal di pancia. Arriva un medico. Il silenzio…. I pazienti sgattaiolano nelle loro stanze, caricati di nuovi e inspiegabili superpoteri, non più doloranti e petulanti, si mettono a letto e attendono pazienti (appunto) il loro turno per essere visitati.

E gli infermieri, che in tutto questo sono ancora in giro con sacche di sangue, cateteri, siringhe, guanti, fogli, telefoni che suonano… corrono dietro ai medici e pensano quanto sia irritante che non appena arriva il medico, i pazienti non abbiano niente da dire, nessun commento… mentre fino a 5 minuti prima avrebbero raso al suolo il reparto, avrebbero pagato per un antidolorifico che non è prescritto e che non gli puoi dare (al momento).

Non ci si spiega perchè facciano agli infermieri mille domande di competenza medica e poi al medico non chiedano nulla (ah, giusto… per non disturbare il Signor Dottore, certo!) Ma l’infermiere corre dietro al medico.

“Dottore, lì deve mettere l’etichetta del paziente. Dovrebbe portare avanti la terapia della signora Rossi, l’antibiotico del Signor Verdi e le gocce per dormire del signor Bianchi. Dottore si ricordi che domani la signora Maria farà la TAC… le ha fatto firmare il consenso? No? Eccolo….”

E intanto suona il telefono… arriva un ricovero improvviso. Perchè nel tal reparto sono finiti i posti letto disponibili, e quindi il signore deve essere mandato in appoggio in un altro reparto. E viene messo a letto, fatto il prelievo, contattato il medico del SUO reparto…. DRIIIIIIIIIIIIIIIN. “Infermiere, la mamma può bere il caffè?”. “Signora un attimo, sono al telefono!”. Arriva un altro paziente dalla sala operatoria. Il Dottore ti chiama per proseguire il giro. Tu hai 2 braccia, 2 gambe, 1 cervello intorpidito… Scaraventi il paziente operato dalla barella al letto, corri nella stanza a fianco a sentire cosa dice il medico al paziente che deve essere dimesso, prendi al volo le flebo, lo sfigmomanometro e il fonendo, due guanti e corri a sistemare il paziente appena operato. “Allora, infermiere, il caffè lo posso dare alla mamma?”. “Sarebbe meglio di no signora. E’ stata operata ieri e ha una sonda nel naso che entra nello stomaco. Non è il caso che beva, tantomeno il caffè” “Va bene, lo chiederò al Medico” (e tu, a quel punto, fai di tutto per non innervosirti perché ti ha fatto perdere tempo e alla fine la risposta non era di suo gradimento… tanto l’infermiere cosa ne sa?). Questo per 7, interminabili, estenuanti ore!

  • gli infermieri non sono bionici, ma tanti pazienti pensano il contrario.
  • gli infermieri, a volte, sono Docenti Universitari, Ricercatori.
Mai nessuno si pone tante domande sugli infermieri. Gli infermieri sono un dato di fatto.

L’opinione comune è che “abbiano una vocazione”, la realtà è che questa “vocazione” viene sfruttata fino alla fine dalle Amministrazioni e ad un certo punto perde valore, significato. Sono belle le parole di stima, di affetto talvolta lasciate dai pazienti soddisfatti. Ci riempiono il cuore. È bello leggere lettere di ringraziamenti, ricevere torte o pasticcini dai pazienti che vengono dimessi e che ti vogliono esprimere gratitudine.

Ma io, infermiere 30enne, con un master, una Laurea in Infermieristica e una in un’altra disciplina scientifica, mi sento privato della possibilità di esercitare la mia professione in quanto infermiere. Mi viene negato di poter lavorare in sicurezza, di poter adempiere ai miei doveri di infermiere, lasciando a personale adeguato e preparato, quello che riguarda l’assistenza di base e di trasporto. I ringraziamenti e le belle parole non sono più sufficienti, purtroppo.

Con stima.

Un Infermiere

Un ulteriore testimonianza della realtà italiana nella quale molti infermiere sono costretti a sopravvivere nella speranza che non accada alcun imprevisto che potrebbe mettere a repentaglio il posto di lavoro del professionista ma soprattutto la salute di molti pazienti assistiti. É davvero questo il modello sanitario che ogni cittadino, infermiere o paziente che sia, merita?

Simone Gussoni

Foti: Varesenews

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