La presidente della Federazione Ipasvi “bacchetta” l’Ordine dei medici di Bologna che aveva criticato la delibera della Giunta regionale. Nel provvedimento il responsabile organizzativo è individuato nel coordinatore infermieristico
BOLOGNA – Il cuore del problema è tutto a pagina 22 della delibera della Giunta regionale dell’Emilia Romagna, approvata il 5 dicembre scorso, a proposito delle Case della Salute: è al paragrafo 2.3 che si trova la definizione di ruoli e competenze relative al coordinamento delle Case della Salute che ha infiammato (per stare bassi) il dibattito, accedendo le posizioni barricadiere dell’Ordine dei medici di Bologna e del sindacato nazionale autonomo dei medici dell’Emilia Romagna (VEDI).
Cosa c’è scritto di così clamoroso in quel paragrafo?
Che “nella Casa della Salute è presente un responsabile organizzativo, preferibilmente un coordinatore infermieristico e tecnico con competenze gestionali-organizzative”.
Apriti cielo!
L’Ordine dei medici di Bologna, con una nota del 21 dicembre scorso (VEDI), ha bocciato senza appello l’ultima delibera della Giunta regionale emiliana e tra gli aspetti critici ha evidenziato il fatto che la responsabilità medica è trascurata, che la gli infermieri hanno gli strumenti per capire la gravità della condizione clinica di un paziente nella sua totalità, ma per la specificità del bisogno sanitario è necessaria una valutazione medica ed, infine, che le Case della Salute sono strutture sanitarie ma, nella delibera contestata, manca l’indicazione del Direttore Sanitario.
Il sindacato autonomo dei medici, invece, parla di assenza del rispetto del ruolo e non certo di un sentimento di paura da parte dei medici rispetto agli infermieri. Parole rilanciate da Elisabetta Simoncini, presidente regionale Snami Emilia Romagna, che si chiede “a chi pare normale che un professionista con laurea triennale ed un master (l’infermiere n.d.r.) possa tranquillamente dirigere una struttura come la Casa della Salute? I medici che hanno scelto gli stessi percorsi sono forse dei poveri deficienti?”.
Il rischio è che la questione Casa della Salute in Emilia Romagna venga ridotta ad un semplice muro contro muro tra medici e infermieri.
“Basta polemiche sterili che non producono fatti” ammonisce la presidente della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi, Barbara Mangiacavalli.
“E’ ora di dare uno stop a questo muro contro muro che non giova ai professionisti e soprattutto danneggia i pazienti: il valore degli uni e degli altri (medici e infermieri n.d.r.) si dimostra sul campo, non con le parole. I risultati dei nuovi modelli di assistenza sono sotto gli occhi di tutti”.
E tra i nuovi modelli vanno annoverate le Case della Salute, sostiene la Mangiacavalli, che cita l’ultimo rapporto Oasi del Cergas Bocconi per quanto riguarda le cure intermedie: “Nelle esperienze censite – si legge nel rapporto – risulta centrale la figura del case manager infermieristico come cabina di regi del percorso personalizzato e nella costruzione della continuità con gli altri professionisti della rete, tra cui il medico di medicina generale quale referente clinico”.
Parole chiare, per la presidente della Federazione Ipasvi: “Nel modello multiprofessionale di gestione sanitaria – commenta la Mangiacavalli – a livello clinico e manageriale, conta la multiprofessionalità e non si guarda alla posizione del professionista, ma al soddisfacimento appropriato dei bisogni del paziente, senza differenze di titolo per azioni che sono universalmente riconosciute anche agli infermieri”.
La Mangiacavalli non cita direttamente l’Ordine dei medici di Bologna ma non lesina la stoccata finale: “Prediamo atto della solita posizione di alcuni ordini locali che sono coerenti con la propria storia ancorata a vecchi stereotipi ormai obsoleti. Ci auguriamo, come Federazione Ipasvi, che certe posizioni siano circoscritte a loro e non siano espressione totalitaria e diffusa del mondo medico che, finora, ha dimostrato più volte disponibilità al dialogo. Dovrebbe essere ormai chiaro – conclude la Mangiacavalli – che la gestione e l’organizzazione non viene decisa per i professionisti ma per gli utenti e i loro bisogni”.
Salvatore Petrarolo
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