La fibrillazione atriale (FA) rappresenta l’aritmia più frequente nei pazienti dializzati
La terapia anticoagulante orale nel paziente con fibrillazione atriale in dialisi o comunque affetto da insufficienza renale cronica severa, rappresenta una scelta difficile in considerazione dell’aumentato rischio di sanguinamento, ma anche della maggiore predisposizione allo sviluppo delle calcificazioni vascolari tipica di questi pazienti, dal momento che la TAO interferisce con i meccanismi di protezione e di prevenzione delle calcificazioni vascolari.
E’ stato eseguito uno studio retrospettivo di coorte di pazienti con nuova diagnosi di fibrillazione atriale ed insufficienza renale cronica (IRC) , valutado:
- la prescrizione di anticoagulante,
- l’intensità di monitoraggio INR,
- la durata di INR in range terapeutico (TTR).
In 123.188 pazienti con fibrillazione atriale di nuova diagnosi, l’uso del warfarin diminuiva con l’aumentare della gravità della malattia renale cronica (57,2% – 46,4%), anche se era più alta tra i pazienti in dialisi (62,3%).
Anche se la percentuale di monitoraggio dell’INR era simile, la percentuale con TTR ≥ 60% diminuiva con la severità di IRC, con solo il 21% dei pazienti in dialisi raggiungingeva TTR ≥ 60%.
Dopo aggiustamento per analisi multivariate, l’entità della riduzione del TTR aumentava con la gravità della malattia renale cronica.
I pazienti in dialisi avevano maggior tempo di INR < 1,5 o > 3,5 (30%).
Nel 12% dei casi l’ INR è > 3,5, mentre un basso TTR persistiteva fino a 3 anni.
CALABRESE Michele
Fonte:
www.giornaleitalianodinefrologia.it
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