Le cinque protagoniste di questa storia raccontano i momenti di terrore di quel 24 agosto, in un video realizzato dal Collegio Ipasvi di Fermo. Nella cittadina marchigiana la presidente Barbara Mangiacavalli consegna il fondo di solidarietà della Federazione nazionale ai Collegi delle province colpite dal sisma.
FERMO – Quando nella sala scorre il video con le testimonianze di cinque infermiere che, nella notte del terremoto del 24 agosto scorso, affrontarono l’emergenza facendo vincere il senso di responsabilità alla paura di scappare via, l’emozione che sino a quel momento era solo accennata ha avvolto tutti i presenti. Sono passati poco meno di cinque mesi dal sisma che ha colpito il cuore dell’Italia, le regioni del centro (Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria), portandosi dietro morte e distruzione. Ma anche storie di ordinaria professionalità (più che di eroismo) come quella di Mara, Marisa, Michela, Rosina e Sara.
Cinque infermiere dell’ospedale di Amandola (piccolo centro della provincia fermana), “il loro posto di lavoro” come raccontano nel video realizzato dal loro collega Marco Baioni, oggi chiuso perché inagibile a causa delle profonde lesioni provocate dal sisma. Una delle ferite ancora aperte in questa terra dove la Federazione nazionale Collegi Ipasvi ha voluto si svolgesse la consegna, seppure simbolica, del fondo di solidarietà destinato ai collegi delle province colpite dal terremoto (Fermo, Macerata, Ascoli Piceno, Perugia, Terni, L’Aquila, Rieti e Ancona). 120.000 euro che saranno divisi, in maniera proporzionale, agli infermieri residenti in quei territori (il Collegio di Ancona ha deciso di destinare la cifra alle popolazioni più colpite): tutti in prima linea quando si è trattato di partecipare ai soccorsi.
“Durante i tristi giorni d’ottobre – racconta Roberto Toscanelli, vice presidente dell’Ipasvi di Fermo – tutti gli infermieri si sono resi disponibili e sono rientrati in servizio anche se non richiamati”. Nei giorni post terremoto hanno lavorato senza sosta, al fianco di tutti i soccorritori, in silenzio e senza conquistare le luci della ribalta: “C’è stato un lavoro di squadra – sottolinea Cristian Pediconi, presidente di Teramo -. Noi ci siamo stati e ci siamo ancora”. Perché a distanza di cinque mesi si lavora in emergenza o in strutture di fortuna: nella provincia di Macerata, come ricorda il presidente dell’Ipasvi, Sandro Scipioni, il 70 per cento delle strutture sanitarie è chiuso, perché danneggiato.
I racconti e le testimonianze si intrecciano con quella delle cinque infermiere dell’ospedale di Amandola: la loro serenità, anche se attraverso un’intervista video, è più forte della paura o degli attimi di terrore che hanno vissuto quella notte. Ma quell’ospedale sfregiato è il simbolo di qualcosa che non va e dovrà cambiare, come grida con forza Roberto Toscanelli: “Dobbiamo chiedere con forza – dice rivolgendosi alla presidente Mangiacavalli e ai componenti del Comitato centrale della Federazione presenti in sala – che gli ospedali siano sicuri. Devono essere sicuri per affrontare queste emergenze”.
Ospedali e scuole, rilancia Cristian Pediconi, perché anche gli edifici scolastici in quelle zone portano i segni del sisma. “Il lavoro meritorio fatto dalle colleghe di Amandola – commenta la presidente Barbara Mangiacavalli – non è passato inosservato. Sono rimaste lì, dopo la terribile scossa di terremoto, perché il nostro imperativo morale, quello di tutti gli infermieri, è anteporre al proprio interesse personale quello generale”. Un gesto di normalità che, ammette Roberto Toscanelli quando il video termine e si riaccendono le luci in sala, “mi fa ancora emozionare”.
Salvatore Petrarolo
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