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PsicoPoint – La prima impressione, la prima emozione: il pregiudizio degli Infermieri

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PsicoPoint - La prima impressione, la prima emozione: il pregiudizio degli Infermieri
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Vi spaventa questo disegno?
La prima impressione, la prima emozione: il pregiudizio.

Benvenuti ad un nuovo appuntamento con la rubrica settimanale di Nurse Times PsicoPoint, spazio dedicato all’analisi della psiche degli infermieri svolta dal dottor Giuseppe Marino, psicologo che nelle prossime settimane analizzerà da vicino il mondo dei professionisti sanitari.

Vi spaventa questo disegno? Qualcuno di voi starà sorridendo. «Ma come? – dirà – come può far paura un cappello?». Oppure una montagna. Come può far paura una montagna? Ed invece, qualcosa di terrificante in questo disegno, credetemi c’è.
Siamo in turno.

Oggi arriva il nostro collega, quello nuovo. Dal reparto da cui è stato trasferito hanno detto tutti che è un tipo sveglio ed in gamba, sorridente e solare: legherà subito con tutti e non avrete problemi. Dopo poco arriva, non è proprio come ce lo si immaginava: brillante e dinamico.

Nulla di tutto questo; è piuttosto cupo. Gli occhi sono spenti, la divisa non è stirata e si vede lontano un miglio che quella barba è davvero poco curata. Alla riunione del mattino si presenta, fa un cenno con la mano e chiede quale sia oggi la sua mansione. Esce e comincia il giro.

«Vuoi vedere che quelli dell’altro reparto ce lo hanno inviato per toglierselo dai piedi?»

«Lo stavo pensando anche io.. »
«Ve lo dico io ragazzi, quello ci darà delle belle grane..»
«Sono finiti i bei giorni ..»
«Sono mai cominciati?»
«Ah, puoi dirlo forte.. ma con questo sicuro non migliorano. Hai visto che barba?»
«Cosa diranno i pazienti?»
.. e noi invece cosa diciamo?

Mentre si consumano queste riflessioni, il nuovo infermiere stringe i denti. Gli deve essere successo qualcosa, qualcosa di tremendo, ma che non racconta: neppure noi che ora stiamo leggendo questo articolo sapremo di cosa si tratti, almeno fin quando non glielo chiederemo di persona.

Mentre passa di fianco alla saletta infermieri, sente un mormorio. Non capisce bene le parole, gli sembra che i colleghi stiano dicendo «Se questo qua è quello simpatico, pensa a tutti gli altri che ci sono di là!» ed una risata comune. Fa un sospiro e precipita sempre più a fondo nei suoi pensieri.
E mentre il nuovo arrivato prova a soffocare l’angoscia, gli infermieri di reparto vengono inghiottiti da quello che viene chiamato pregiudizio: la prima impressione, la prima emozione. Il pregiudizio non è di per se qualcosa di negativo: è una sentinella naturale che abbiamo; ci fa alzare le antenne e ci mette a disposizione alcune strade per continuare il nostro percorso.

Il nostro vero problema si verifica quando tramutiamo il pregiudizio in giudizio senza passare per una scrupolosa analisi di ciò che ci stia accanto.
Prendiamo l’esempio di prima, gli infermieri sulla base di alcuni riferimenti si erano tutti fatti una buona impressione del nuovo arrivato: l’altro reparto aveva rassicurato tutti. Questo è un pregiudizio. Quando vedono che il neo assunto non rispecchia i canoni dell’aspettativa, ne danno un’altra visione: anche questo è un pregiudizio.

Tutte le supposizioni del discorso nella sala infermieri sono pregiudizi.

Ma anche il nuovo infermiere, sentendo le risate formula dei pregiudizi e probabilmente penserà che sia più opportuno rinchiudersi in se stesso: ed anche questo è un pregiudizio.
Ed allora, come si fa a spezzare questa catena? Beh, di modi ce ne sono tanti.
Io vi propongo una piccola lettura finale, una riflessione che si conclude con una formula importante per spezzare alcuni pregiudizi.
Un tempo lontano, quando avevo sei anni, in un libro sulle foreste primordiali, intitolato “Storie vissute della natura”, vidi un magnifico disegno. Rappresentava un serpente boa nell’atto di inghiottire un animale. […]

C’era scritto: “I boa ingoiano la loro preda tutta intera, senza masticarla. Dopo di che non riescono più a muoversi e dormono durante i sei mesi che la digestione richiede“. Meditai a lungo sulle avventure della jungla. E a mia volta riuscii a tracciare il mio primo disegno.


Mostrai il mio capolavoro alle persone grandi, domandando se il disegno li spaventasse. Ma mi risposero: “Spaventare? Perché mai, uno dovrebbe essere spaventato da un cappello?” Il mio disegno non era il disegno di un cappello. Era il disegno di un boa che digeriva un elefante. Affinché vedessero chiaramente che cos’era, disegnai l’interno del boa. Bisogna sempre spiegargliele le cose, ai grandi.


Un altro episodio di PsicoPoint volge al termine. Il dottor Giuseppe Marino vi attende sempre più numerosi per il prossimo dedicato alla tematica dell’ascolto!

Perciò preparatevi, perchè non sarà un articolo solo da leggere, ma… a Mercoledì!

Simone Gussoni

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