La presidente della Federazione nazionale Collegi Ipasvi, Barbara Mangiacavalli, lancia la proposta dopo la presentazione dei dati della Fondazione “Gigi Ghirotti onlus”. “Gli infermieri devono essere coinvolti in prima persona oltre che nell’assistenza per le cure palliative anche nell’informazione e nell’educazione dei malati che soffrono”
ROMA – La legge c’è ma in pochi la conosco: anzi i numeri dicono che due italiani su tre ignorano l’esistenza della legge anti-dolore (la 38/2010). Il dato è emerso da una indagine realizzata dall’Osservatorio per il monitoraggio della terapia del dolore e cure palliative istituito dalla Fondazione nazionale Gigi Ghirotti onlus in collaborazione con la Fondazione Isal.
I risultati frutto di un questionario somministrato a 13.374 pazienti nel periodo maggio-giugno 2016, raccontano di quel vuoto di informazione sulla legge e i motivi vanno cercati in quella poca fluidità nel mettere al corrente i pazienti della possibilità di fare ricorso ai Centro di terapia. Perché, come è emerso dall’indagine, i medici di famiglia (ai quali si è rivolto il 64 per cento dei pazienti) spesso di fronte al dolore prescrivono farmaci e quasi mai consigliano il ricorso ai Centri di terapia.
“Quella lacuna di informazione potrebbe essere colmata dagli infermieri” propone la presidente della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi, Barbara Mangicavalli. “La cultura del sollievo è un dovere morale per gli infermieri. E fare sì che essa si propaghi e vanga compresa è un compito non solo meritorio dal punto di vista umano, ma professionalmente caratterizzante per chi, come gli infermieri, ha deciso di dedicare la sua vita al prendersi cura”. E dall’analisi dei risultati dell’indagine della Fondazione Gigi Ghirotti, presentata a Roma alla presenza tra gli altri del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin e di Livia Turco, madrina della legge 38/2010, emerge un aspetto preoccupante: chi è solo o povero non riceve il sollievo delle cure palliative e della terapia del dolore solo perché non sa di cosa si tratta o perché non gli sono accessibili.
“Serve l’aiuto di tutti, medici, infermieri, farmacisti e mondo del volontariato – ha auspicato la Turco – per costruire un’eguaglianza nel fine vita”. Un invito che, per certi aspetti, fa il paio con la proposta della Mangiacavalli: “E’ fondamentale che gli infermieri imparino a riconoscere oltre a quelli clinici, anche i bisogni assistenziali ed emotivi dei pazienti e delle loro famiglie, sappiano affrontare il dolore e gestire il prima, il durante e il dopo rispetto a problematiche diverse da quelle dell’assistenza in acuzie e post acuzie. E’ indispensabile – a giudizio della presidente della Federazione Ipasvi – che gli infermieri siano coinvolti in prima persona oltre che nell’assistenza anche nell’informazione e nell’educazione ai malati che soffrono”.
Ma c’è un altro aspetto da non sottovalutare in tema di cure palliative: “Rappresentano – sottolinea la Mangiacavalli – un modello di implementazione delle competenze infermieristiche. Dare appropriatezza al percorso assistenziale che l’infermiere compie di fronte a questi malati è non solo la manifestazione più evidente del suo dovere professionale, ma anche di quello morale che ha deciso di fare proprio nel momento in cui ha scelto la professionale. Noi infermieri – chiosa la presidente Ipasvi – sappiamo ascoltare i pazienti, li sappiamo capire e li aiutiamo oltre che dal punto di vista clinico anche da quello psicologico che, in momenti di grave criticità, rappresenta una componente essenziale dell’assistenza. Il nostro codice deontologico in vigore e quello in via di definizione parla chiaro: prescrive che l’infermiere si attivi per prevenire e contrastare il dolore e alleviare le sofferenze. E’ una regola per chi ogni giorno si coordina per aiutare i malati”.
Salvatore Petrarolo
Foto: web
Lascia un commento