Gentile Redazione Nurse Times,
in seguito a molti interventi e thread sull’argomento, che la domanda principe, di moda in questi giorni, pare essere “qual è il giusto compenso per un Infermiere che…”
Credo che il discorso possa essere più ampio e meglio sviluppato, proprio partendo (anche) da una mia risposta ad un quesito inserito da una giovane collega che chiedeva consigli in merito.
Chi scrive ha, per fortuna (al giorno d’oggi si parla in questi termini), ma anche per qualche merito, un lavoro stabile in una AUSL da più di due decine d’anni, ma allo stesso tempo ha attraversato il primo periodo di blocco assunzioni (1995) istituendo uno dei primi studi associati Infermieristici in Italia (pur piccolissimo, 8 associati).
A quei tempi si era nei primi anni dell’abrogazione del famigerato “mansionario”. A quei tempi eravamo giovani, entusiasti, e con la voglia di rompere decisamente con tale “lista della spesa Infermieristica”.
L’esperimento non andò del tutto bene: troppa la giovane età; la voglia di essere; la voglia di fare… e l’inesperienza a lavorare come studio associato così dopo poco lo studio, non senza qualche soddisfazione e successo, si trovò a chiudere i battenti.
Scrivo quindi anche a ragion veduta.
Dal mio (privilegiato) punto di vista penso che sia assolutamente necessario cambiare punto di vista. In maniera Copernicana.
Ancora oggi troviamo scritto “cosa devo chiedere per assistenza diretta a domicilio”; ecco per me l’errore parte da qui.
Non siamo più (solo) care giver. Cambiamo ottica. Abbiamo la possibilità e le abilità per delegare l’assistenza di base ad altre figure; rendere il supporto al domicilio del Paziente più economico e soprattutto più valido; come? Imparando a DIRIGERE l’assistenza, che in sintesi è ciò che è successo dopo l’abolizione del mansionario e che non abbiamo per nulla colto.
Nell’assistenza domiciliare privata questa è l’arma vincente per Professionisti e Paziente.
In concreto quindi?
In concreto si tratta di prendersi cura della persona come INFERMIERI; fare DIAGNOSI INFERMIERISTICHE; analizzare quali risorse occorrano in termini di care giver ed altre figure necessarie al Paziente; redigere un PIANO DI ASSISTENZA valido; essere presenti nelle manovre tecniche avanzate; spiegare ed educare parenti e Pazienti. Vi pare poco?
Questo dovremmo offrire e per questo farci pagare; cambiare il punto di vista: da fornitori di assistenza di base a organizzatori di assistenza di alto livello.
Il nostro operato diverrà quindi una consulenza affidata ad un expertise forte e qualificato che coordina, reperisce risorse, consulta e fa consultare.
In che termini ciò risulta economicamente utile a tutti?
- Al Paziente: il quale non deve pagare 25 euro l’ora per l’assistenza che potrebbe (e dovrebbe fare) un care giver;
- All’Infermiere: che si fa pagare la visita, la consulenza e l’organizzazione dell’assistenza (oltre alle manovre avanzate), ma nulla di più;
- Ai familiari: che avranno una forte, utile e qualificata figura di riferimento che alla fine farà loro risparmiare in tutto (percorsi assistenziali, consulenze presidi, ricorsi a specialisti, educazione sanitaria etc…)
Che aspettiamo allora? Lo facciamo o no questo passo nel mondo della PROFESSIONALITA’?
Paolo Formentini
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